Il caffè dell’architetto / La caffettiera Conica di Aldo Rossi

22 Luglio 2018

Tea&Coffee Piazza” è il nome del progetto varato nel 1979 da Alessandro Mendini che, appena nominato direttore artistico della neonata collezione di Officina Alessi, ha voluto coinvolgere architetti di fama internazionale nell’ideazione di pezzi di un set da tè e da caffè. L’intento era quello di far sì che architetti “puri” si impegnassero in una ricerca personale intorno ad oggetti di uso quotidiano, così come era avvenuto nella mitica stagione del Bauhaus o in quella dorata del design italiano del secondo dopoguerra.

Tra i prescelti figurava anche Aldo Rossi (1931-1997), uno dei maggiori architetti del novecento, primo vincitore italiano del Premio Pritzker, il Nobel per l’architettura. E Aldo Rossi accettò la sfida di eseguire interventi creativi su micro-scala affrontandoli con il rigore metodologico e lo slancio poetico-evocativo che caratterizzavano tutti i suoi interventi architettonici, non meno di quelli sulla macro-scala metropolitana. 

 

Così, dopo un servizio da tè e caffè piuttosto particolare, racchiuso in un vassoio coperto che ha la foggia di un tempietto di vetro, se non addirittura quella di un tabernacolo laico (simile a quelli che ospitavano gli antichi Lari domestici nelle domus romane) per officiare il rito ospitale del caffè, nel giro di pochi anni, hanno visto la luce ben quattro caffettiere da lui progettate: la Conica, nel 1984; la Ottagonale, nello stesso anno (oggi rarissima da trovare perché andata fuori produzione); la Cupola, nel 1988 e la caffettiera-infusiera 9094, nel 1990.

Nella sua lunga carriera, Aldo Rossi ha poi affrontato parecchi altri temi di design, come ad esempio quello di armadi, di sedie, di poltrone, di divani, di orologi, di penne (progettati per Alessi, Artemide, Longoni, Molteni, Unifor etc.), ma è stato senz'altro quello della caffettiera ad affascinarlo maggiormente. Il motivo va rintracciato nel fatto che la sua forma svettante e la sua “pianta centrale" sono assimilabili a edifici turriti in miniatura, o a campanili, oppure a silos, o ai fari dei porti, o ancora ai tralicci urbani per antenne e altro, insomma a tutte quelle emergenze architettoniche che si innalzano verticalmente sul paesaggio urbano. Ma riecheggia anche le forme archetipiche del costruito tradizionale italiano, non meno che di quello storico, così ricorrenti nella poetica progettuale di Aldo Rossi, al punto che non vi è un suo solo intervento (o suo mirabile disegno) in cui non compaiano, in una tipologia oppure nell'altra, vigili custodi, quasi sentinelle di una intrinseca classicità. A volte, a caratterizzarle sono coperture a cupola –  emisferiche, ribassate, archiacute, paraboliche – con o senza lanterne, oppure tetti variamente cuspidati. 

In proposito, così ha scritto lui stesso: 

 

“La caffettiera, tra gli altri recipienti, o apparecchi domestici, si presta particolarmente a diverse trasposizioni, ed analogie con gli edifici e le forme dell’architettura. Particolarmente con cupole, campanili, minareti e non è quasi mai separata da una certa aria o stile orientale o più particolarmente turchesca nel senso settecentesco. È indubbio ma la sua presenza nelle composizioni di interni o nature morte conferisce una solidità dell’immagine che avvicina la composizione al paesaggio e particolarmente al paesaggio urbano dove predominano torri, cupole ed edifici diversi.”

 

Aldo Rossi, la caffettiera Conica, Alessi, 1984; a destra: disegno acquerellato di caffettiera con emergenze architettoniche urbane, da cui si evince il profondo interesse dell’architetto per la pittura Metafisica, soprattutto per quella di De Chirico con le sue Piazze d’Italia.
 

Aldo Rossi, disegni di caffettiere. A sinistra le parti componenti della Conica; china su carta. I disegni rappresentano una parte importante dell’opera di Aldo Rossi


Quando, quattro anni fa, nella casa-museo Testori a Novate Milanese (Milano) è stata allestita la mostra Aldo Rossi. L’idea di abitare, è stato come aver realizzato un rendez-vous immaginario fra l'architetto e lo scrittore, così in sintonia fra loro, sebbene quand’erano in vita non si fossero mai incontrati, si sa però che si stimavano reciprocamente a distanza, sia sotto il profilo intellettuale che artistico. Vi erano esposti disegni e modelli di Rossi, con fotografie di Gabriele Basilico, Luigi Ghirri, Luca Andreoni, Marco Introini, Antonio Ottomanelli. A latere della rassegna, la cucina della casa era stata trasformata per l'occasione nella stanza delle caffettiere, dedicata all’esposizione di quelle progettate dal maestro milanese per Alessi. E questo è stato davvero un bel coup de théâtre, come se proprio Giovanni Testori in persona avesse deciso di invitare il noto architetto a prendere un caffè a casa propria. E ci sta, perché di teatro si sono sempre occupati entrambi da veri protagonisti, se pure in ambiti differenti, ma con la medesima idea di ‘realismo e poesia'.

 

Novate Milanese, Casa Testori, fotografie dell’allestimento della stanza delle caffettiere, parte della mostra Aldo Rossi. L’idea di abitare, 2013/2014; insieme alle altre caffettiere è visibile il “tempietto”, il suo primo progetto per “Tea&Coffee Piazza” di Alessi. Dal sito di Casa Testori.


Delle caffettiere rossiane, è senza dubbio la Conica la più famosa e anche quella di maggior successo: una vera icona del design degli anni ottanta. Si tratta di una macchina da caffè in acciaio inossidabile 18/10 lucido con il fondo in rame, composta da un cilindro, diviso in due parti, che ne costituisce il corpo, e da un cono ad esso sovrapposto come coperchio – da cui le deriva il nome – culminante in una minuscola sfera. Questo oggetto di design, inoltre, evoca nella sua forma rigorosa e al contempo lirica quella del Teatro del Mondo, che Rossi aveva realizzato per la Biennale di Venezia soltanto qualche anno prima e nel quale si era già inverata quella dialettica tra il contemporaneo e l’antico, tra la realtà fisica e la metafisica, tra il concreto e l’astratto, tra ciò che è cosale e ciò che è poetico, tra ragione e passione da lui sempre auspicata e che ne ha caratterizzato la ricerca personale e progettuale per tutta la sua vita.

 

Aldo Rossi, la Conica, 1984, disegni.


A proposito del nome Conica attribuito alla caffettiera, così ne ha scritto il suo autore:

È inoltre ovvio che non ci sfuggono, come non sfuggiranno al lettore, le analogie tra la forma e la sua denominazione. Si potranno così costruire diverse combinazioni di cui la più facile, ma non la più ovvia, è quella tra ‘la conica’ e ‘laconica’. Notoriamente il termine laconico deriva da Laconia, o dagli spartani da cui nacque il parlare stretto, serrato, conciso, diretto, detto appunto “stile laconico” e che i latini tradussero in “paucis verbis” o “brevitas”. Resta comunque al lettore di ampliare questa ricerca, per esempio all'ipocausto laconico, che era stanza caldissima (non dissimile dalla caldaia di una caffettiera) o meglio di dimenticare tutte queste osservazioni e variazioni usando e maneggiando l'oggetto molto semplice della caffettiera.”

 

Si corre il rischio di essere costretti anche a pensare, a riflettere, se si vuol prendere un caffè con uno degli architetti più colti della storia recente, uno che aveva Palladio e Louis Étienne Boullé nella testa, la poesia nel cuore e l'occhio civilmente puntato sulla realtà, anche quando progettava una semplice caffettiera.

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