Una conversazione / Gillo Dorfles. I paesaggi e i personaggi della sua vita

21 Agosto 2017

Conoscere Gillo Dorfles di persona e avere la possibilità di dialogare con lui nella sua abitazione milanese è un’esperienza impossibile da dimenticare. Innanzitutto perché si ha la sensazione di essere a colloquio con la Storia: nato a Trieste il 12 aprile del 1910, ha visto susseguirsi almeno quattro generazioni; ha assistito a entrambe le guerre mondiali; ha visto il passaggio della sua città natale dall’essere austroungarica all’essere italiana; ha partecipato alla ricostruzione del nostro Paese avvenuta dopo il 1945 ed è stato testimone e promotore di molti dei più importanti snodi culturali e artistici del ventesimo secolo.

 

Laureato in medicina, con specializzazione in psichiatria, fin dai primi anni Trenta si dedica a una pittura influenzata dall’antroposofia di Rudolf Steiner. Nel 1948 è tra i fondatori del MAC-Movimento per l’Arte Concreta, nato a Milano quale contrapposizione al realismo politicamente impegnato e agli influssi irrazionali dell’informale. Dal 1956 decide di passare dalla pratica pittorica alla critica d’arte per poi riprendere a esporre i suoi dipinti solo nel 1986, in occasione della personale tenuta allo Studio Marconi di Milano. Professore di estetica, fin dagli anni Cinquanta è autore di testi divenuti fondamentali per lo studio di quella materia, tra cui: Discorso tecnico delle arti (1952), Il divenire delle arti (1959) e Nuovi riti, nuovi miti (1965). Pubblica al contempo importanti monografie dedicate ad artisti quali Wols e Toti Scialoja, e nel 1966 ha il merito di definire con il termine di “pittura-oggetto” le ricerche milanesi sviluppatesi nella prima metà degli anni Sessanta tese al superamento della bidimensionalità e verticalità della tela per avvicinarsi alla tridimensionalità e orizzontalità propria degli oggetti d’uso quotidiano.

 

Il parallelo interesse per l’architettura lo porta a pubblicare importanti testi critici tra cui Barocco nell’architettura moderna nel 1951, e Il disegno industriale e la sua estetica nel 1963. È anche giornalista: scrive infatti per il “Corriere della Sera” e per le più importanti testate italiane. Le sue recensioni e i suoi testi critici sono sempre caratterizzati da un taglio anticonformista ma puntuale, impudico ma oggettivo, a volte ironico ma sempre professionale. Negli ultimi anni si è inoltre dedicato a volumi capaci di restituire non solo il suo pensiero relativo all’arte e alla cultura, ma anche il suo percorso di vita. È del 2010 99+1 risposte, edito da Comunicarte Edizioni, dove Dorfles si racconta attraverso lo strumento dell’intervista, ed è del maggio 2017 il libro curato da Enrico Rotelli, pubblicato da Bompiani e intitolato Gillo Dorfles. Paesaggi e personaggi, che raccoglie una selezione di testi editi a partire dal dopoguerra su quotidiani quali “L’Illustrazione Italiana”, “Domus”, “Corriere della Sera”, nonché alcuni scritti e colloqui inediti.

 

La mia conversazione con Dorfles nasce dal desiderio di approfondire la narrazione di vita che emerge dalla lettura di questo recente libro. Nel raccontarlo, trascriverò in corsivo e tra virgolette le dichiarazioni dell’autore in merito alle questioni da me di volta in volta sottoposte.

Gillo Dorfles. Paesaggi e personaggi ruota attorno a un unico tema: il viaggio.

 

Il viaggio mi ha sempre attirato fin da quando ero bambino, da quando con i miei genitori mi spostavo spesso in varie città in Italia e all’estero (mio padre era di Gorizia e mia madre di Genova)”.

 

Viaggiare non è per lui un dovere né un sacrificio, ma un piacere dettato da pura curiosità e soprattutto da un genuino desiderio di conoscenza. Dorfles viaggia per cercare il non ancora conosciuto e l’inaspettato, convinto che solo così si possa vedere la realtà da un’altra prospettiva, con occhi diversi. È sempre molto attento e lungimirante nella scelta delle mete da visitare: agli inizi degli anni Cinquanta, intuendo che il paese più vivace e pulsante è l’America, è uno tra i primi a recarvisi. Nel 1953 rimane negli USA ben quattro mesi grazie a un travel grant ottenuto grazie all’USIS.

 

Ci vorrebbe un altro libro per descrivere le mie prime impressione dell’America e in particolare di New York! Ogni mio viaggio, e in particolare quello americano, era dettato da un’esigenza che aveva a che fare con la storia dell’arte. Recandomi in un paese che non conoscevo, potevo e cercavo di scoprire le opere d’arte realizzate in quel luogo”.

 

Da qui l’incontro con Mark Rothko nel suo studio newyorkese, la visione delle sue prime tele astratte, nonché il dialogo per convincerlo a portare a ulteriore sviluppo la sua più recente ricerca:

 

“Quando Rothko ha tenuto la sua personale da Leo Castelli, io l’ho appoggiato moltissimo. Leo Castelli era un amico d’infanzia in quanto era di origine triestina come me. Dopo molti anni l’ho incontrato di nuovo a New York dove nel frattempo si era trasferito: è grazie a lui che ho conosciuto tutti gli esponenti del gruppo di artisti da lui promosso nonché le loro singole ricerche”.

 

La sete di conoscenza porta Dorfles a cercare di incontrare gli intellettuali, gli artisti, gli architetti più importanti del paese di volta in volta visitato. Negli States riesce addirittura a essere ospitato dall’architetto Frank Lloyd Wright: “Wright era una delle personalità intellettuali più importanti degli Stati Uniti, che ho desiderato fortemente incontrare dopo averlo conosciuto attraverso lo studio del suo lavoro e la lettura dei suoi scritti”.

 

Tuttavia, seppur dedito all’arte, all’architettura e alla cultura, Dorfles non viaggia soltanto per approfondire il suo sapere in materia, ma anche per il piacere di visitare luoghi dove la natura è ancora incontaminata o poco toccata dall’uomo, come nel volterrano e nel Cilento. In alcune città o regioni si reca solo una volta, ma nella maggior parte torna ripetutamente al fine di scoprire qualcosa di nuovo. È per questo motivo che il curatore di Paesaggi e personaggi ha scelto di raccontare i viaggi di Dorfles adottando un criterio non cronologico, ma geografico.

 

 

Il primo luogo descritto attraverso la narrazione dei suoi viaggi è l’Italia; nello specifico le città di Gorizia, Trieste, Genova, Milano, Roma, Torino, Pavia, Paestum e Buccino.

 

“Trieste è per me il luogo del cuore, dove sono nato. Gorizia è invece la città di mio padre: un ricordo della mia infanzia è anche un grande pianoforte che il musicista Franz Liszt lasciò a mio nonno, che era suo amico e che io ho così avuto la possibilità di suonare. Infine, Genova corrisponde sia a un luogo intimo, essendo la città di mia madre, sia a un luogo di passaggio per arrivare a Milano che è poi diventata anche la mia residenza”.

 

Ma il viaggio di Dorfles in Italia tocca anche le regioni della Toscana, della Sardegna e dell’Umbria per finire con Minitalia, ovvero il luogo più esemplare del concetto a cui Dorfles ha dedicato molte sue riflessioni: il kitsch.

 

“Il kitsch è l’opposto del buon gusto. Di esso mi sono occupato da sempre, adottando tale parola tedesca appena mi sono accorto che il cattivo gusto stava diventando una diffusa pratica sociale e una comune maniera di interpretare la vita”.

 

Dall’Italia all’Europa il passo è breve. Dorfles va alla scoperta di Slovenia, Croazia, Austria, Germania, Polonia, Gran Bretagna, Grecia, spingendosi anche oltre i Pirenei. Parallelamente soggiorna ripetutamente nell’America del Sud (in Messico, Argentina e Brasile) e del Nord (a New York, Chicago, Taliesin West, South Carolina, California).

 

Gillo Dorfles. Paesaggi e personaggi è dunque una sorta di enciclopedia del viaggio che, dopo aver narrato le esperienze di Dorfles in Oriente (in Russia, in Giappone e a Hong Kong) si conclude con un utilissimo indice dei nomi dei più importanti personaggi che egli ha incontrato nel corso della sua vita.

“Ricordo tutti i posti dove sono stato: in alcuni ho trascorso degli anni, in alcuni solo pochi mesi, ma li ricordo tutti perfettamente e con molto piacere”. Nonostante tale apertura per il nuovo e la scoperta, in nessuno di quei posti ha però voluto trascorrere la vita: viaggiare per lui ha un senso ma solo se alla fine si torna a casa, al punto di partenza, ovvero a Milano.

 

“Milano è la mia città, anche se sono nato a Trieste. Ho cominciato a frequentare Milano fin dall’infanzia perché vi abitava la mia bisnonna e anche degli zii e alcuni miei cugini. Ho viaggiato molto, ma non ho mai voluto lasciare il mio paese linguistico”.

 

È strano sentir parlare di “paese linguistico” un intellettuale come Dorfles che parla ben sette lingue: italiano, francese, inglese, spagnolo, portoghese, tedesco e russo. La conoscenza delle lingue straniere costituisce però per lui solo lo strumento necessario per comprendere le diverse persone, culture e modalità di vivere ancor più di quanto possa fare l’occhio osservando retinicamente la realtà circostante. Il motto di Dorfles sembra quindi corrispondere ad amare fortemente la città dove si vive ma in una logica di grande apertura nei confronti del mondo.

 

“Il titolo del libro Paesaggi e personaggi sottolinea il mio voler raccontare non solo i luoghi conosciuti durante i miei viaggi, ma soprattutto le persone incontrate nelle diverse situazioni, tra cui, ad esempio, ci sono anche poeti come Umberto Saba: poeta triestino come me che ho conosciuto quando ero un ragazzo al suo negozio di antiquario dove andavo con mia mamma”.

 

Dalla lettura del libro a emergere è la concezione dell’esistenza come un viaggio, o meglio come un itinerario culturale attraverso città, paesaggi, persone ma soprattutto attraverso gli occhi di un intellettuale imprevedibile e inaspettato che ha fatto della poliedricità la caratteristica precipua della propria esistenza. “Tutti gli ambiti culturali mi appartengono e non ho alcuna preferenza in merito. Tutto ciò che ha a che fare con l’arte e con la cultura è per me fondamentale”.

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