Al via Bologna Children's Book Fair: cosa leggeranno i bambini? / La vita sconosciuta dei bambini e dei loro libri

1 Aprile 2016

Il 4 aprile apre i battenti la Bologna Children's Book Fair, ovvero la più importante fiera del mondo dedicata all'editoria per ragazzi (se non sapete cos'è e vi interessa, potete scoprirlo in sintesi in un articolo che ho scritto per l'Indice dei libri del mese, numero di aprile). Varcando i suoi affollatissimi cancelli, potrete avere accesso in una giornata a tutto quello che esiste sul pianeta in termini di letteratura e libri per bambini e ragazzi: narrativa, divulgazione, albi illustrati, app, libri digitali, libri gioco, pop up, fumetti, animazioni e quant'altro.

 

 

   

 

A ben vedere, la fiera di Bologna è l'unico evento del mondo editoriale italiano realmente internazionale. Se infatti anche al Salone del Libro di Torino e a Più libri più liberi, a Roma, si contano presenze straniere, il loro ruolo e peso sono marginali in un contesto che rimane prevalentemente italiano.

In 53 anni, la Bologna Children's Book Fair è riuscita a ottenere un rilievo e un grado di internazionalizzazione pari a quelli di Francoforte, che pure ha 500 anni di vita. Come ha fatto? Si tratta di un lavoro lungo e complesso, che ha dato vita a una di quelle eccellenze italiane di cui gli italiani per primi non si capacitano.

 

  

 

Cosa significhi partecipare alla Fiera di Bologna per lo sviluppo della propria casa editrice posso raccontarlo in prima persona. Dal 2001, infatti, con in mente un progetto editoriale che stava prendendo forma, l'ho frequentata con Paolo Canton, fondatore con me di Topipittori, dapprima per creare contatti e proporre progetti, e dal 2004, fondata la casa editrice, come editori.
In quell'anno, occupavamo la metà di un modulo di uno stand collettivo di nove editori italiani, Meno piccoli di quel che sembra. Su un unico scaffale avevamo due titoli appena stampati e in borsa otto maquette di libri che sarebbero usciti nei 18 mesi successivi. Solo per il fatto di essere in quel luogo, di occupare un minuscolo spazio fisico, acquisimmo una credibilità sulla quale nei tre anni precedenti, senza uno stand e la presenza nel catalogo degli espositori, non potevamo contare.

 

La Bologna Children's Book Fair non seleziona gli espositori: democraticamente, chiunque voglia prendervi parte può acquistare uno spazio. Quello che la Fiera offre, a tutti, che siano gruppi planetari o piccoli editori appena nati, è una solidissima credibilità di luogo di scambi economici e culturali maturati nel corso di cinque decenni di storia e di un format in continua evoluzione.
Quando partecipi alla Fiera come editore, gli editori di tutto il mondo ti riconoscono come potenziale interlocutore. Sta a te, poi, essere alla altezza di questa occasione: dimostrare la tua credibilità e affidabilità, che tu voglia realizzare prodotti popolarissimi o libri della più raffinata e colta fattura. Per le case editrici italiane, che dispongono di un mercato librario molto limitato paragonato a quello di altri Paesi non solo occidentali, questo canale privilegiato al mercato estero rappresenta una straordinaria opportunità.

 

 

 

La Bologna Children's Book Fair, infatti, è stata un imprescindibile trampolino internazionale per quelle giovani e dinamiche case editrici italiane nate nei primi anni 2000 che hanno rivoluzionato il panorama librario italiano di settore, soprattutto per quanto riguarda la produzione di albi illustrati. Ma non solo: anche piccole realtà straniere, oggi riconosciute ai vertici dell'eccellenza, come la portoghese Planeta Tangerina, vincitrice del Best of Publishing 2013 (uno dei tanti prestigiosi premi internazionali patrocinati dalla Fiera e consegnati durante i suoi giorni:  la spagnola a Buen paso, la neozelandese Geko Press, l'americana Enchanted Lion, la francese Memo, la svizzera Joie de lire, debbono molta della propria notorietà al prestigio di questa Fiera, che oltre che di affari si occupa di cultura con un programma ricchissimo di appuntamenti, mostre e incontri, pianificato da Roberta Chinni, project manager della Fiera, e dal suo staff in un anno di lavoro.
Non solo. Se a Francoforte il post fiera è quasi interamente dedicato alla cura strategica di relazioni a livello più o meno elevato, a Bologna la città ha la straordinaria prerogativa di diventare per quattro giorni un luogo vitale di cultura diffusa, coinvolgendo istituzioni, musei, biblioteche, librerie, circoli, associazioni, ma anche alberghi, ristoranti, bed & breakfast, negozi, che diventano sede di eventi, lezioni, workshop, esposizioni, happening.

 

 

 

Ci si chiede allora, come sia possibile che, a fronte di tutto ciò, questa fiera non riesca a intercettare come dovrebbe l'interesse delle pagine culturali dei media tradizionali e non. Non per articoli d'occasione che si limitino, come per lo più fanno, a raccontare la cronaca spicciola o le notizie meno interessanti come i successi planetari di tre o quattro libri o cartoni animati che poco hanno a che vedere con quanto complessivamente accade in Fiera. Un atteggiamento che finisce per marginalizzare la Bologna Children's Book Fair a puro evento di settore, un po' come fosse il salone dell'odontoiatria o quello dei camper. Fatto che ha dello straordinario, se si pensa che ogni anno qui si decide davvero cosa leggeranno i bambini e i ragazzi di tutto il mondo nei 12 mesi successivi. E per capire di che livello siano le proposte internazionali di cui stiamo parlando, sarà sufficiente osservare le immagini di questo post, relative ai libri che hanno vinto, o sono stati menzionati, al Bologna Ragazzi Award di quest'anno, sezioni Fiction, Non fiction, New Horizons, Opera Prima, Disability.

 

 

 

Ci si chiede allora quale sia il problema che genera questo stato di cecità. Una risposta potrebbe essere che, nel nostro Paese, alla Fiera di Bologna tocca la medesima sorte di quella del libro per bambini e ragazzi, relegato, da Benedetto Croce in avanti, nello scantinato della cultura. Una situazione imbarazzante, anche se va detto che da qualche anno la situazione sta registrando un mutamento, sia grazie all'avvento di media e canali culturali del web che si dimostrano più sensibili e curiosi ai temi della cultura rivolta ai ragazzi, sia per l'indefesso lavoro e le energie spese da parte del settore per rivendicare il posto che gli compete nel dibattito culturale, togliendolo dalle secche della specialistica (fenomeno per cui nell'opinione comune un libro per bambini è più simile a un libretto di istruzioni per l'igiene orale con personaggi buffi che a un romanzo, poniamo, di Woolf o Calvino).
E tuttavia resta vistosamente inadeguato (e dispari rispetto alla letteratura per adulti) il trattamento che i media riservano sia ai libri per ragazzi e alla loro Fiera, dei quali si accorgono o nei pressi del Natale o a fronte di qualche boom di vendite o di share, e quasi sempre discorrendone con il tono condiscendente che si riserva a una strampalata collezione di strafalari.

 

 

Il che ha qualcosa di paradossale se si pensa che alcuni dei libri e dei fenomeni più significativi della storia della letteratura sono legati a libri per ragazzi, a cominciare da Pinocchio. Storia di un burattino di Carlo Collodi, passando attraverso l'amatissimo/odiatissimo Le Petit Prince di Antoine de Saint-Exupéry, per finire alla saga di Harry Potter di J.K. Rowling, per non parlare dell'importanza delle fiabe nella costruzione del canone occidentale.
Il problema è che, come rilevava alcuni anni fa Marino Sinibaldi a Visibile/Invisibile. Letteratura per ragazzi e parole quotidiane, convegno su media e letteratura per ragazzi tenutosi nella primavera del 2008 a Pitigliano, parlare in modo adeguato di questi libri è difficile. L'acquisizione di competenze in questo ambito richiede tempo e risorse, e non si improvvisa dall'oggi al domani. Esistono, naturalmente, persone competenti in questo ambito, ma non hanno a che vedere né con le terze pagine dei quotidiani né con i palinsesti radiofonici e televisivi che, quand'anche vi fosse tutta la buona volontà, non dispongono di strumenti specifici per trattare questi argomenti.

 

 

 

Insieme alla lentezza con cui il mondo della cultura acquisisce consapevolezza di tali lacune e si prepara a colmarle in modo adeguato, un secondo problema è costituito dal modo in cui il settore della letteratura per ragazzi si rappresenta, si percepisce ed è percepito. Per rendersene conto è sufficiente constatare le differenze di trattamento con cui grandi festival della cultura e della letteratura italiani allestiscono i programmi di incontri per adulti e per bambini, in termini di peso e risorse. Spesso l'impressione è che gli eventi riservati ai piccoli siano pensati come 'angolo nursery': attività laboratoriali per intrattenere i figli di chi, mamme e papà, nel frattempo sta seguendo altri incontri. In sostanza, autori, illustratori, atelieristi, promotori della letteratura sono invitati a svolgere una funzione di baby sitter (che sarebbe un po' come proporre a Camilleri o a Recalcati di intrattenere gli anziani mentre i figli adulti vanno al ristorante). Se molte sono le occasioni qualificate dedicate ai bambini, troppe rimangono quelle in cui l'approssimazione trova spazio, come non accade mai negli eventi dedicati alla cultura in generale: un fenomeno che danneggia tutti, autori illustratori, case editrici e non ultimi tutti quegli organizzatori di eventi e manifestazioni, festival che riescono a proporre un programma di qualità. In numerosi casi, differenze cospicue di trattamento economico e di rimborsi agli autori sottolineano che la loro presenza è percepita come marginale, confinata a un intrattenimento generico, che nulla ha a che vedere con la qualità dell'offerta letteraria e artistica delle proposte. Stando in questo modo le cose, a incontri per piccoli contrassegnati da ottima qualità di libri, storie e attività, si mescolano proposte dilettantistiche, approssimative, realizzate da professionisti improvvisati, senza competenze ed esperienza.

 

 

 

In questo senso, l'intero settore della letteratura e dei libri per ragazzi dovrebbe essere più rigoroso, riconoscere e scoraggiare i professionisti mediocri, porsi come interlocutore rigoroso agli organizzatori di eventi culturali senza soggiacere a richieste non qualificate, monitorare gli intenti degli incontri e dei programmi proposti, escludere proposte generiche e non accompagnate da sufficienti risorse, promuovere esclusivamente autori ed eventi all'altezza del pubblico dei bambini. Quando il nostro settore contrasterà senza incertezze e ambiguità un'immagine scadente di letteratura per ragazzi coincidente con un amabile dilettantismo animato da buone intenzioni, non è escluso che anche il modo in cui è considerata cambi, e con esso anche il ruolo e il peso che rivendica nella vita culturale.
Va detto che questa scarsa considerazione, non è solo un fenomeno italiano. Colleghi francesi, per esempio, lamentano uno scarso riscontro presso i loro media, e questo è clamoroso, perché rispetto a noi la Francia, in questo ambito, è decisamente più evoluta. Ricordo poi che, qualche anno, fa sulla rivista di settore americana The Horn Book, uscì un articolo di una nota autrice statunitense che spiegava come mai avesse smesso di partecipare agli incontri a cui la invitavano in scuole, librerie, biblioteche, festival, dopo l'ennesimo episodio di scarso rispetto verso il suo lavoro, il suo tempo, la sua persona, in cui era incorsa.

 

 

 

Infine, la letteratura per ragazzi sconta il pregiudizio con cui il mondo adulto guarda a bambini e ragazzi, ancora oggi percepiti come soggetti portatori di fragilità, imperfezione, debolezza, incapacità, incertezza, immaturità, deficit o, per contrasto, genialità, ribellione, salvezza. Visioni spesso strumentali al ruolo e ai vissuti degli adulti, che hanno come conseguenza la costruzione di immagini alterate, oleografiche, stereotipate. In questo senso la funzione mediatrice che necessariamente svolge il mondo adulto nella scelta di libri e letture, condiziona pesantemente la domanda e l'offerta del settore, finendo per privilegiare un certo tipo di libri costruito come oggetto poco definito e qualificato, funzionale a puro intrattenimento, ricalcato su produzioni di massa come animazioni e film tv, impedendo la conoscenza della produzione editoriale migliore e l'accesso a scelte più mature, ragionate, curiose, attente. Sono molti, in sostanza, gli adulti che a tutt'oggi si accontentano delle proprie buone intenzioni nei confronti dei bambini, nutrite di una visione semplicistica che ha più a che vedere con le proprie attese e lacune che con la realtà del mondo infantile. Da questo punto di vista servirebbe uno sforzo sociale, e soprattutto istituzionale, che spingesse a una assunzione collettiva di impegno e responsabilità educativa da parte di tutto il mondo adulto tout court.

 

 

 

Ma cosa c'entra tutto questo con la Bologna Children's Book Fair? Moltissimo. Un buon motivo per andarla a visitare è che, passeggiando fra i suoi padiglioni potrete farvi un'idea più precisa di cosa significhi, oggi, fare, scrivere, illustrare e disegnare libri e letteratura per bambini e ragazzi. Quale siano la qualità e professionalità che li contraddistingue in tutto il mondo, quale livello di competenze e risorse sia necessario per realizzarli, spesso deficitarie in altri settori dell'editoria.
Dunque il mio consiglio è: andate sul sito della Fiera di Bologna, accreditatevi e fornite una qualifica che vi inquadri come figura di settore: per esempio insegnante, bibliotecario, educatore, illustratore, autore, programmatore, giornalista, studioso, ricercatore, pediatra ecc., altrimenti non entrate. Quindi dedicate una giornata a girare la Fiera: tutta. E finito l'orario di visita, andate in centro, scegliete gli eventi che vi incuriosiscono di più e divertitevi. E se volete cenare in un ristorante, premuratevi di prenotarlo prima, perché questi giorni sono affollatissimi e trovare un tavolo può diventare molto complicato.

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