Saul Steinberg a Colonia

2 Maggio 2013

Il grande manifesto campeggia fuori dal museo Ludwig di Colonia e invita a entrare alla bella mostra recentemente inaugurata su Saul Steinberg. È posizionato, consapevolmente o meno, all'interno di un paesaggio urbano che avrebbe potuto essere realizzato dallo stesso disegnatore.

 

 

Lo circondano infatti un affastellamento di grandiose quanto diverse architetture: la cattedrale gotica, la stazione dei treni ottocentesca, il museo modernista, le piazze articolate su più livelli da una delle quali si intravede, all'orizzonte, una pimpante statua equestre. Forse sono un po' troppo condizionata da quello che sto per vedere, tuttavia mi sembra di entrare nel museo con lo spirito giusto.

 

 

La mostra è intitolata "The Americans" e collocata al piano interrato del museo. Sono esposti assieme, per la prima volta dalla loro realizzazione, gli otto enormi pannelli (per uno sviluppo complessivo pari a settanta metri per tre di altezza) realizzati da Saul Steinberg per il Padiglione Americano all'Esposizione Universale di Bruxelles del 1958. 

 

 

Si tratta di una, la più prestigiosa, tra le rare commissioni in grande scala realizzate da Steinberg nel corso degli anni '40 e '50. I pannelli, recentemente restaurati dal museo Ludwig, fanno parte della collezione dei Musées Royaux des Beaux-Arts di Bruxelles, dove, all'indomani della chiusura dell'Expo, vennero tagliati in 84 strisce verticali per facilitarne il trasporto e l'archiviazione nei depositi nel museo stesso. I pannelli furono raramente esibiti in pubblico (due di essi furono esposti per un certo periodo nella caffetteria del museo di Bruxelles) ma, fino ad ora, mai integralmente.

 

 

Scendendo le scale per arrivare al piano della mostra i pannelli non si presentano mai frontalmente: è possibile quindi, ancora prima di vedere il soggetto rappresentato, farsi un'idea dei volumi e della loro disposizione, simile a quella realizzata per il foyer del padiglione americano. Tre di loro sono accoppiati ad altri tre al centro della sala, i restanti due, di dimensioni maggiori, appoggiati ad una delle pareti laterali. Oltre a questi, 73 disegni e una selezione delle note maschere realizzate con buste di carta e un sostanzioso apparato documentario, contestualizzano i pannelli all'interno dell'opera di Steinberg.

 

 

Si tratta di otto pannelli per otto sezioni tematiche: The Road; South and West; Main StreetSmall Town; DowntownBig City; DrugstoreSmall Town; FarmersMiddle East; Cocktail Party; Baseball; California, Florida and Texas. Sei degli otto pannelli presentano, ingrandite e incollate al supporto ligneo, delle riproduzioni  di disegni a linea di paesaggi americani, dai grattacieli al suburbio, ai ponti, ai motel, tutti precedentemente eseguiti da Steinberg. Luoghi che fanno da sfondo ai collages direttamente eseguiti da Steinberg e realizzati con carta da pacchi, frammenti di carta da parati, carta catramata, ritagli di fumetti, a formare una monumentale processione di tipi americani "how they really are": «Non mostro la gente al lavoro poiché essa è uguale ovunque. Ciò che disegno, è l'americano che mangia, dorme, legge, gioca, si diverte».

 

 

Non è un caso che sia Bernard Rudofsky a volere Steinberg tra gli artisti chiamati a rappresentare gli Stati Uniti nel 1958: non solo la grande amicizia – "un uomo sacro (a holy man) […] mi ha dichiarato l'amore e ammirazione che ha sempre avuto per me e il rimprovero per la mia indifferenza" scriverà ad Aldo Buzzi in una lettera datata 18 marzo 1988 all'indomani della morte di Rudofsky –, non solo la stima reciproca (disegni di Steinberg sono contenuti in quasi tutti i libri pubblicati da Rudofsky) ma lo stesso discorso sembra accomunare il disegnatore e l'architetto autore del celebre volume Architecture Without Architects. A Rudofsky che gli chiede  "un montaggio di parafernalia usati dagli americani nella vita di tutti i giorni", Steinberg risponde utilizzando una tecnica che sembra calzare perfettamente con il simply American, rappresentando giocatori di baseball, majorettes, parate cittadine e diners, turisti con il cappello con la visiera e cowboys.

 

 

I murales sintetizzano tutta la riflessione di Steinberg sulla specificità del vernacolo americano, declinato in tutte le sue varianti. Gli stessi temi presenti nei pannelli si possono trovare nel paragrafi dedicati all'America del libro-intervista scritto a due mani con Aldo Buzzi: in quegli spazi, l'occhio di Steinberg, tanto attento quanto non ancora abituato a quel paesaggio, coglie da subito la specifica bellezza, profondamente diversa rispetto a quanto egli avesse fino a quel momento potuto vedere in Europa o in Sud America o altrove; tra i primi ne intuisce le potenzialità, fino a quel momento trascurate dalla stessa cultura artistica americana: «L'American dream (il sogno americano) è l'ideale che ci viene offerto dalla costituzione, quello di cercare, per tutta la vita, la felicità».
 

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