Arturo Mazzarella e le pulsioni umane / Relazioni pericolose

25 Febbraio 2018

La ripresa del titolo del celebre romanzo di Laclos induce per un istante a credere che l’argomento sia il sentimento amoroso ma fin dalle prime pagine di questo originale esperimento saggistico di Arturo Mazzarella (Le relazioni pericolose. Sensazioni e sentimenti del nostro tempo, Bollati Boringhieri) si capisce che così non è. Allora di che relazioni si tratta? E dove sta il pericolo? Appare subito altrettanto evidente che l’autore compie un percorso assai più esteso e complesso in cui la trama sentimentale che egli esplora costituisce una sorta di correlativo soggettivo del mondo delle relazioni economiche globali che contraddistingue la nostra epoca.

Pur nella sua brevità, il saggio fornisce una mappatura accurata delle diverse articolazioni di quelle che Cartesio aveva chiamato les passions de l’ame, e che oggi, dopo Freud e la psicoanalisi e soprattutto dopo Lacan chiamiamo più spesso le pulsioni umane.

 

Queste molle dell’agire sono, come già sapeva bene l’antropologia del Settecento, intimamente connesse con la nostra sfera mentale: il commercium mentis et corporis è il fondamento del nostro esistere come individui senzienti e capaci di elaborare razionalmente gli stimoli sensibili. Nel grande laboratorio di analisi psicofisiche che fu il Settecento Adam Smith studiò,   ma non fu il solo, la relazione tra pulsioni e agire economico dell’uomo: l’homo oeconomicus è costantemente esposto al rischio, ma anche alle opportunità che ne possono derivare, di una contaminazione delle sue scelte razionali ad opera delle pulsioni e dei sentimenti – Keynes li chiamerà gli animal spirits – che ne condizionano il risultato. 

 

Opera di David Hockney.


Questo fondamento aporetico dell’economia liberale si è conservato ed esteso ben oltre la sua originaria sfera d’azione economica. Nel mondo del capitalismo finanziario l’interazione tra sentimenti e costruzione del mondo, tra pulsioni e produzione di ricchezza si è fatalmente alterato: l’homo economicus ha fagocitato lo zoon politikon lasciando trionfare i sentimenti negativi: risentimento, invidia, gelosia, frustrazione, noia. Se l’ottimismo della ragione settecentesco pensava ad una domesticazione produttiva dei sentimenti, l’economia psichica del mondo globalizzato è caratterizzata dalla distruzione dei legami sociali, dall’atomizzazione delle vite individuali, dal venir meno dei vincoli di solidarietà.

Ma la qualità diagnostica del libro di Mazzarella non dipende dalla pur acuta analisi politica e psicologica bensì dall’efficace visualizzazione letteraria (e cinematografica) di questa condizione del tardo capitalismo.

 

Gliene forniscono gli esempi alcuni capolavori narrativi degli ultimi vent’anni, in particolare Cecità di Saramago e Cosmopolis di DeLillo. Romanzi in cui sono rappresentate vicende emblematiche di come la distruttività del desiderio ossessivo produca la catastrofe materiale e morale dei protagonisti. Ferocemente significativa è la pulsione di morte che divora Eric, il protagonista di Cosmopolis che grazie a Wall Street ha accumulato un’enorme ricchezza e che osserva l’umanità dal finestrino oscurato della sua limousine, come rinchiuso in una fluttuante bolla esistenziale. “Le sue uniche leggi – ci spiega Mazzarella – dipendono dall’estensione di un’energia pulsionale che ha smarrito il senso delle proprie azioni, per dare luogo ad una pulsione talmente spasmodica da divorare tutto quello che le capita a portata di mano”. La pulsione onnivora di cui è vittima Eric è l’espressione di un potere che mai come oggi è in grado “di penetrare nei minimi ingranaggi del nostro apparato psichico”.

 

Alla fine di questa minuta cartografia della vita emotiva viene da chiedersi se vi sia scampo alla sistematica colonizzazione del nostro immaginario o se ci si debba rassegnare al suo potere egemonico. Mazzarella non ci offre risposte, né probabilmente potrebbe, ma ci restituisce un quadro insolitamente efficace di questo incredibile naufragio indicandocene la causa prima: la progressiva erosione del sistema simbolico su cui si è retta la nostra cultura. Egli ci descrive un mondo in cui l’intersoggettività si è trasformata in “assoggettamento reciproco” e ci mostra come il confronto con l’alterità non possa più produrre identità dal momento che l’altro è un’entità mobile che assume le nostre fattezze mentre noi già inseguiamo quelle di altri. In un mondo di continue fluttuazioni è vano cercare certezze epistemiche o morali; la solidità si è fatta chimera e il naufragio inghiotte anche lo spettatore.

 

Questa recensione è apparsa su «Alias», domenica 4 febbraio.

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