Paesi / Brevi note sull'Appennino

25 Ottobre 2017

L’Appenino attraversa tutta l’Italia, ne è la colonna dorsale, ma è come se non esistesse. Nessuno si dice appenninico, anche chi vive sui monti si dice lucano, irpino, abruzzese, calabrese, ma non appenninico. Insomma ci sono le montagne, ma non c’è una questione Appennino, come una volta c’è stata una questione meridionale: per la verità ci sarebbe ancora, ma si è deciso che è scaduta, che è durata troppo tempo e dunque nessuno ha più voglia di occuparsene. 

 

Chi rappresenta politicamente l’Appennino? La risposta è semplice: nessuno. I politici che vengono eletti sui monti hanno impostato tutta la loro vita per andare a Roma e dunque per allontanarsi dall’Appennino. Si allontanano anche quelli che arrivano nel capoluogo di Regione, comunque distanti dai piccoli paesi e dalle montagne. 

L’Appennino è una somma di luoghi, si va da luoghi sacri a luoghi immiseriti dalla modernità incivile, e oggi negli ambienti internazionali più avveduti si torna a parlare di luoghi. Se n’è accorto anche l’Economist nei giorni scorsi: nel loro articolo bandiera hanno messo che nelle politiche economiche degli ultimi anni sono state sottovalutate le politiche per i luoghi, si è pensato esclusivamente alle merci e a come distribuire il reddito delle persone. Ecco che allora il pessimismo muta segno: l’Appenino è un luogo d’avvenire. Non è chiaro se è un avvenire imminente o lontano, ma è certo che il futuro arriverà su questi monti tremanti. E arriveranno anche nuovi residenti, pochi italiani e molti stranieri, forse.

 

Illustrazione di Cristiano Iurisci.


PAESI

 

Castelnuovo di Conza, Santomenna 
Gallo Matese, Duronia, Rosello,
Limina, Paludi, Salle,
Gildone, Faeto, Castelgrande,
Tripi, Lupara, Villarosa,
Roseto in Val Fortore, Volturara Appula,
Conza della Campania.
Ricordatevi questi nomi, 
sono alcuni dei paesi più feriti
dall’emigrazione.
E si vergogni chi si deve vergognare:
i galantuomini che se ne andarono
senza necessità
ma per disprezzo della vita paesana;
i governanti di un intero secolo,
i cantori del progresso.
Questi paesi sono relitti ad alta quota, 

monasteri dello sconforto,

nascosti nella nebbia e nell’argilla, 

nella neve degli inverni. 

Questi paesi sono reliquie,

ossari, barche sfondate. 

Affondano 

e portano a galla il sacro.

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