Italia e Israele al DLD Festival / Il paese stesso è una startup

17 Settembre 2017

“Qui il paese stesso è una startup: l’innovazione è parte del DNA di Israele”. Così Edoardo Montenegro descrive Israele nel corso della sua prima visita a “Startup Nation”, durante il DLD (Digital Life Design): il Festival internazionale dell’innovazione che ormai dal 2011 si tiene ogni settembre a Tel Aviv.

In particolare, continua Montenegro, il DLD, è un vero e proprio “ecosistema all’interno di un ecosistema” dove, aldilà dei possibili investitori, si ha la possibilità, davvero unica, di accedere a un networking dalla portata internazionale ma con un’accoglienza “mediterranea”.

Infatti le giornate del DLD (3-7 Settembre 2018) non si sono limitate agli spazi istituzionali della Tachana, ex stazione dei treni di Tel Aviv e, in quanto tale, “hub” per definizione, bensì hanno abbracciato la città e i suoi cittadini varcando i confini del Museo di Arte Moderna di Tel Aviv, dove è stato possibile assistere alle sessioni plenarie attraversando i padiglioni e le diverse mostre offerte dal museo, fino a raggiungere Boulevard Rothschild, dove geek e innovatori di ogni sorta hanno allestito installazioni lungo il viale alberato e costellato di bar che, in occasione del Festival, hanno aperto le porte a una serie di meetup spaziando dalla circular economy ai “10 segreti per sviluppare la creatività” di Mel Rosenberg, innovatore e creativo dalla portata quasi “rinascimentale”: microbiologo di professione, musicista per passione e attualmente vicedirettore del Shenkar College of Engineering and Design.

Come osserva Rosenberg, nella lista degli skills del World Economic Forum la creatività, dal decimo posto, dove era collocata nel 2015, è salita ormai al terzo. 

 

Innovation festival principal photo, credit Kfir Sivan.


Talma Vardi ha definito la creatività come “l’unica cosa che ancora ci distingue dalle macchine e dai robot che noi stessi abbiamo creato”.

Per la stessa ragione, Edoardo Montenegro, co-founder assieme a Pierluigi Vaccaneo di Betwyll, crede fortemente che il social reading sia una piattaforma fondamentale da estendere non solo nelle scuole e nelle università, principali partner della loro startup neofita, ma anche nelle imprese, perché “chi oggi non legge, in un futuro che è già presente verrà ‘tagliato fuori’ dai computer”.

Betwyll, con un piccolo team di 4 persone in Italia e altre 5 sparse tra i diversi emisferi, è nata nel 2015 come “Twitteratura”, offrendo, come twitter, la possibilità di commentare con 140 caratteri il libro letto dalla stessa community. Dal 2017 Betwyll collabora con cinque università internazionali tra cui Harvard, uno dei maggiori investitori nel progetto.

 

Questa, assieme ad altre 7 startup italiane, ha partecipato per la prima volta al DLD come Padiglione Italiano, grazie al finanziamento del Ministero dello Sviluppo Economico e al lavoro svolto dall’ICE (Italian Trade Agency) di Tel Aviv il cui direttore, Massimiliano Guido, ha definito questa prima esperienza come un vero successo: “È stata un’opportunità unica poter offrire a 8 startup, di settori e fasi di crescita completamente diversi, di partecipare, in quanto Italia, a una vetrina internazionale di primo rilievo come questa: un’occasione di orientamento sia per chi è già in fase di sviluppo avanzata e alla ricerca di finanziamenti, sia per chi è ancora all’inizio di un percorso di innovazione”.

Innovazione, creatività e rischio sono state le parole chiavi di questa edizione del DLD.

Anche perché, proprio come raccontava Rosenberg tra una birra e l’altra allo storico pub Levontin 7, “l’unico modo per essere innovativi è, come fanno i bambini, provare, fare tentativi, a volte anche ricadere ma rialzarsi senza mai perdere la fiducia, come ci ha insegnato lo stesso Steve Jobs, dopo essere stato licenziato dall’azienda da lui stesso creata”. 

 

Mel Rosenberg al levontin.


In questo senso Israele si differenzia molto rispetto ad altri paesi nel suo modo davvero unico di “accettare” i fallimenti come parte integrante di un percorso verso il successo.

“Ognuno di noi da giovane ha aperto e chiuso almeno un bar o un ristorante, solo per dimostrare di (non) esserne capace. Sbagliare è importante, perché è l’unico modo per imparare a non ripetere lo stesso errore” afferma Udi Shamai, CEO di Pizza Hut Israel e founder di Tabasco, incubatore di diverse startup per l’innovazione del sistema alimentare.

“I creativi non soltanto imparano dai propri sbagli, ma trasformano gli errori in invenzioni, come nel caso di Fleming e della scoperta della penicillina.” Continua Rosenberg: “I creativi non pensano out of the box: pensano between boxes, creando connessioni inaspettate tra campi e realtà apparentemente diverse o scollegate tra di loro”.

 

È questo il caso di Sailsquare, una delle altre 8 startup presenti al padiglione italiano del DLD: una piattaforma di sharing economy che mette in contatto skipper, proprietari di barca e amanti del mare alle prime armi con il timone. Come direbbe il CEO Simone Marini “una sorta di via di mezzo tra un Airbnb e un BlaBlaCar della vela”.

A spingere Marini quattro anni fa in questa impresa, tra le altre cose, la passione per la navigazione e l’idea di poter finalmente rendere il mercato della vela accessibile anche a chi altrimenti non ne avrebbe i mezzi: “nel 2017 oltre 6.000 persone hanno esplorato il mare grazie a noi, dall’Italia ai Caraibi, ma il nostro scopo è quello di connettere amanti del mare con skypper di tutto il mondo, dalla Polinesia alla Nuova Zelanda”.

 

Mel Rosenberg al tlv festival.


A proposito di globalizzazione, anche Marini, dell’esperienza del DLD è rimasto colpito, soprattutto, dall’affluenza di pubblico da ogni angolo del pianeta: “non mi aspettavo davvero così tanta gente arrivare da tutto il mondo”.

Questo è ciò che sempre più colpisce, non solo il visitatore del DLD, ma chi arriva a Tel Aviv per la prima volta: “multiculturale, veloce e pragmatica”. Ecco come definisce Tel Aviv Simone Di Somma, CEO di Innaas, assistente digitale che filtra le informazioni dalle analisi statistiche in base alle esigenze dell’essere umano a seconda delle informazioni di cui ha bisogno e in modo proattivo: “qui a Tel Aviv mi sono sentito subito a casa per via della facilità con cui interagiscono gli israeliani: sempre diretti e pragmatici. Qui non c’è tempo per perdere tempo.”

E infatti tra un meetup e l’altro, una birra lungo Rothschild e l’inaugurazione di Louise Bourgeois al Museo di Arte di Tel Aviv lo spazio per l’ispirazione e l’innovazione non manca mai.  

Perché, per concludere con le parole di Rosenberg, “per essere creativi c’è sempre anche bisogno di avere una musa: il caffè giusto, nel bar giusto, con la musica giusta, circondati dalle persone giuste”.

Riassumendo, il posto giusto al momento giusto: benvenuti a Tel Aviv.

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