L'indispensabile nel libro

5 Giugno 2013

Per una volta non parliamo di libro come oggetto, almeno non oggi. La retorica del fronte-retro, l'insostenibile leggerezza del suo peso, l'odore e la rugosità delle pagine, l'involucro copertina che svela ma non troppo, non subito, ecc.
Potremmo parlare piuttosto di come ciascuno di noi si immagina un libro che coniughi la tecnologia più avanzata e la perfezione di un oggetto pronto all'uso.



Forse un giorno invece che le pagine su un unico schermo di un unico tablet, avremo uno schermo su tutte le pagine di un unico libro. Perché no?
Studi e test nell'ambito delle tecnologie dei materiali hanno reso possibile la trasmissione di alcune informazioni digitali attraverso le fibre cartacee.



Ieri sono stata a rimuginare ore e ore – mentre passavo da treno ad aereo e ancora a treno – a questa malsana idea di un libro del futuro: bianco (o dal colore mutante), di dimensione media, portatile / sfogliabile / navigabile, con delle pagine-schermo fatte di una carta speciale che si accende e si spegne. Tutto il buono del digitale insieme a tutto il meglio dell'analogico.



Preferisco però parlare di libro come racconto.



Se parliamo dunque di storie, credo che prima di tutto non si possa rinunciare al piacere del creare immagini nella mente, una dopo l'altra, senza controllo. Abbandonarsi completamente al racconto di un altro (o di altri) e lasciarsi guidare, non dover prendere alcuna decisione, ma solo immaginare, per sé e per nessun altro.



Se dovessimo scegliere un punto di partenza, un nucleo centrale del libro come racconto io credo che sarebbe proprio la storia, o addirittura il plot.



Potremmo allora disegnare il percorso che da oggi ci potrebbe portare a una crossmedialità totale, al libro espanso, all'autore multiplo, ecc., distinguendo le fasi o le varie possibilità a seconda di un grado di coinvolgimento del lettore, in un duplice senso: quanto è chiamato ad agire in una storia, dunque da quanto mette di suo nello sviluppo e nella costruzione, o quanto invece completa attraverso il “fare immagini”.



Se leggendo un racconto di un libro, su carta o su schermo, il coinvolgimento è attivo a livello di creazione di immagini, è invece completamente guidato nel dispiegarsi della narrazione.



In un film la situazione è diversa: la storia è sempre una, ha un inizio e una fine; la differenza è che le immagini sono già in essere, fuori da me e indipendentemente da me.



In un videogioco è ancora diverso, le immagini ci sono ma in potenza, su linee narrative parallele, la storia va completamente costruita. Il potere interattivo del lettore è massimo, ma a ogni sua azione corrisponde un'immagine pronta.



Di solito si procede per gradini e l'iter è questo: leggo il libro, guardo il film, compro il videogioco. Preferiamo sempre il libro.



La situazione certo è molto più complessa, i due piani, narrativo e visuale, sono interconnessi fra di loro e l'immaginazione è necessaria in tutti i casi: per scegliere le strade da intraprendere in un videogioco si proiettano le diverse possibilità; per seguire la narrazione di un film si deve disporre una dopo l'altra le immagini, ricordare quelle precedenti, selezionare alcuni particolari, dedurre significati da simboli, legandoli ad altri già presenti nella nostra mente e così via.



Il tablet fa sì che tutte queste possibilità siano presenti nello stesso momento, in un'unica storia e su un unico dispositivo. Fa sì inoltre che io possa avere tante storie tutte insieme e portarle con me, passare velocemente da una a un'altra.



Personalmente io sono pigra. Quando mi metto a letto non mi va a genio il dover costruire la storia, non voglio pensare, non voglio scegliere. Voglio solo fare ciò che mi viene naturale, creare immagini. Continuerò a farlo anche dopo, mentre dormo, sognando.
A volte sono così pigra che preferisco affidarmi alle immagini di un altro, ma deve essere un qualcuno molto speciale, qualcuno che ha fatto delle sue visioni un'opera d'arte. Guardo allora un film.



Narrazioni crossmediali, localizzazioni geografiche, realtà aumentata navigabile, il chiacchierare con l'amico, i consigli per gli acquisti… tutto ciò è potenzialmente fantastico, ma forse mi entusiasma più come idea.



La vita a volte mi stanca. Quello che mi serve è sapere che c'è una dimensione, oltre a quella dei sogni, in cui tutto ciò che devo fare è pensare per immagini. 



Questo per me è il libro.



Poco mi importa poi se un bambino cerca il tasto di accensione sulla copertina di un vecchio volume dei Viaggi di Gulliver o se le vendite dell'e-book superano ogni anno di più quelle dei libri di carta. È naturale e non mi stupisce.



Dal libro digitale non voglio né soluzioni comode né complicate. Non voglio la pappa pronta o la caccia al tesoro, mi aspetto molto di più: che questo pensare per immagini, il modo più semplice e nello stesso tempo il più complesso di conoscere il mondo, si realizzi al massimo delle sue potenzialità.



Ringrazio Gianluigi Ricuperati, la Fondazione CRT, Olimpia Zagnoli, Alberto Rollo, Fausto Vitaliano e tutti i partecipanti del Creative Camp “Il libro del futuro” che si è svolto il 14 e 15 Maggio presso le Officine Grandi Riparazioni di Torino e al quale ho avuto il piacere di prendere parte.

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