Francesco De Gregori: frammenti e souvenir

30 Ottobre 2013

Adius, Piero Ciampi e altre storie (2008) è un film di Ezio Alovisi che tenta di fondere la storia del cantautore livornese - a lungo dimenticato e negli ultimi anni felicemente recuperato in più occasioni -, con la Storia d'Italia, quella degli anni '60 e '70, del Movimento Studentesco, della nascita di quel gruppo di autori più o meno inseribili nell'etichetta che risponde al nome di cantautorato italiano.

 

Un'idea interessante purtroppo distrutta nella realizzazione da una serie di animazioni e ricostruzioni in forma di fiction che tendono a oscurare la missione originaria, quella di assegnare finalmente e platealmente a Ciampi una giusta posizione chiave nella nostra storia musicale.

 

Guardando questo film ci si imbatte in registrazioni di repertorio, alcune rarissime, altre più note, che appartengono in larga parte agli anni della Contestazione che da noi, come altrove, coincisero strettamente con quelli della nascita della canzone d'autore. In questo senso, in Italia, fu centrale l'esperienza del circolo culturale Folkstudio di via Garibaldi, a Roma, dove nel 1962, davanti a circa quindici persone, si esibì, per la prima volta in Italia, un giovanissimo Bob Dylan.

 

Il locale, a partire dal 1968, sotto la protezione e l'inventiva del suo nuovo gestore Giancarlo Cesaroni, si trasformò nella più importante fucina italiana di nuovi artisti, di grandi talenti ancora alle prime armi. Gli esordienti salivano sul palco del locale pronti a esibirsi di fronte a un pubblico di avventori molto vario, suonando e cantando prima uno, poi due, infine tre pezzi a testa. Proprio Alovisi, nel suo film, ci mostra alcuni brevi momenti di vita musicale nel locale trasteverino, aprendoci le porte di un mondo pressoché sconosciuto, data la difficoltà di reperire oggi qualsiasi tipo di documento audiovisivo di quelle serate.

 

 

Compare nel film, in particolare, un video brevissimo che vede protagonista quello che sarà il fiore all'occhiello del Folkstudio: un giovanissimo Francesco De Gregori, efebico, con i capelli ricci e lunghi, un po' disordinati, una barba molto rada. Con la chitarra a tracolla e la voce schiarita, l'autore romano presenta il suo pezzo dal titolo provvisorio: "si chiama Frammento" dice, "ma solo perché è molto breve". De Gregori è molto sicuro di sé, lo è così tanto da richiamare quasi l'attenzione con un "vado?" che è un invito al silenzio, all'ascolto ed è per chi guarda oggi la registrazione, il sintomatico gesto carismatico ed elegante di uno che poi verrà chiamato "il Principe" per tutta la sua vita.

 

La canzone è un piccolo racconto surrealista che narra di un uomo che ripensando solitario alla sua donna si conta i denti con la lingua e si accorge di averne distrattamente lasciato uno a casa di lei, perso nell'atto di morderle il cuore. Un dente come souvenir, insomma, e infatti sarà Souvenir il titolo definitivo di questo piccolo gioiello perduto nei meandri di una discografia sterminata e ricchissima di pezzi chiave di un intero genere musicale com'è diventato, nel frattempo, il cantautorato classico italiano. Souvenir sarà l'ultimo brano del lato B dell'LP Francesco De Gregori del 1974, più diffusamente conosciuto come "il disco della Pecora", primo lavoro di questo autore sotto etichetta RCA.

 

Di tanti Souvenir, tasselli perduti, come quel dente giovane di innamorato, si parlerà dunque in questo blog: dischi, canzoni, autori dimenticati nell'enormità della Storia e nella vastità delle storie. Italia sparita dietro l'angolo troppo in fretta.

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