Antisemitismo / La Comédie inhumaine

4 Febbraio 2018

Sembra proprio che sia in atto un risveglio dell’antisemitismo. Lo leggiamo sui giornali, ci deprimono alcune vignette, l’odio islamico contro gli ebrei, e gli israeliani in particolare, non accenna a diminuire. Persistono manifestazioni misteriose, come per esempio il vandalismo nei cimiteri, delle quali non si riesce a trovare spiegazione. 

Le popolazioni dell’Occidente dovrebbero essere interessate all’antisemitismo perché anch’esse sono diventate bersaglio, con il terrorismo, di una sorta di antisemitismo esteso.

 

Opera di Hiroyuki Masuyama.


Durante un viaggio in Israele di molti anni fa, una mia amica carissima, non ebrea, che oggi purtroppo non c’è più, si stupì per un piccolo e vecchio cimitero musulmano preservato in piena città. La strada nella Gerusalemme ebraica si era divisa in due, aggirandolo rispettosamente. L’unico esempio di una prassi affine è a Roma nel Raccordo Anulare, dove l’autostrada si divide in due e nel mezzo si trova una serie di negozi abusivi di illuminazione. Si chiama “La variante dei lampadari”.

Voleva esser certa dei suoi occhi, la mia amica, e perciò mi chiese se quello era un cimitero ebraico o musulmano. I cippi eretti e le scritte in arabo mi fecero rispondere senza esitazione: “Musulmano”. Ma quella, con uno sguardo di sospetto che non le era solito, mi intimò: “Vai a chiedere a quel signore che passa”. Mi offesi e al mio ritorno mi offesi peggio ancora. Aveva creduto più a un passante sconosciuto che non a un amico ebreo.

 

Trascorsi molti anni di riflessione, sono oggi convinto che ho fatto male a offendermi. Infatti lei pensava che gli ebrei demolissero all’impazzata Moschee e cimiteri arabi, e gli arabi Sinagoghe e cimiteri ebraici. Avrei dovuto accompagnarla nella Valle del Kedron, nell’immenso cimitero dove “convivono”, nell’attesa del Giorno del Giudizio, morti ebrei e musulmani. Non ridete: il convivere dei morti è una contraddizione, ma esiste.

È molto raro che un antisemita si metta a discutere serenamente con un ebreo e perciò manca la conoscenza reciproca. D’altra parte sappiamo per induzione che l’antisemitismo sembra cavalcare i millenni e ci segue come la nuvola dell’impiegato. Sappiamo anche che esiste una categoria non ben definita di amici degli ebrei. Giulio Cesare era uno di questi, e io pensavo che lo fosse perché infantilmente lo credevo di sinistra. Invece ho poi trovato nella sua “Guerra civile” il motivo probabile per cui considerava gli ebrei come suoi simili: “Di tutti i popoli ne sopravvivranno tre: i Greci, i Latini e gli Ebrei, perché sono popoli ubiqui”. Dunque Cesare, di destra o di sinistra che fosse, era un profeta, un profeta laico. Adriano non si comportò niente bene anche perché condannava la pratica “barbarica” della circoncisione. Che a molti appare barbarica anche oggi. Un’altra mia amica, presenti due iraniani, ebbe a dirmi con una certa malevolenza: “Voi ebrei vi circoncidete perché volete sempre esser diversi dagli altri”, e i due giovanotti persiani per il gran ridere appoggiarono la fronte al braccio sui tavolini del caffè. Da qui nascono due ipotesi, se si tiene conto che uno dei due era il suo fidanzato: o il loro rapporto era platonico, o lei non aveva conosciuto altr’uomo all’infuori di lui…

 

Mi sono infilato in un bel pasticcio. Ma non è così complesso come sembra: si tratta di capire se una persona non ebrea legge Il mercante di Venezia di Shakespeare come commedia antisemita o invece come tragedia della condizione ebraica… e anche di capire perché di tutte le opere di Shakespeare Il mercante di Venezia è fra le più interpretate.

 

Roma, 15 settembre 2017 

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