In paese si chiacchiera / Inverno in Val di Chiana

14 Aprile 2017

Il barbiere di Lucignano mi dice che è rimasto l’unico del paese. La gente preferisce andare a tagliarsi i capelli nei centri commerciali dove, in aggiunta, beneficia di massaggi e trattamenti. Quello che perdono è la conversazione quotidiana tra i clienti, ispirata soprattutto dai giornali sportivi e dalle chiacchere di paese. In realtà in paese si chiacchera dappertutto: la merciaia novantenne rimpiange il fascismo. Provo a correggerla: “Rimpiange la sua giovinezza”. Niente, lei insiste col fascismo. Si chiacchera dei fatti del giorno dalla giornalaia, si chiacchiera in coda dal panettiere o dal famoso macellaio che vanta la chianina (siamo in Val di Chiana) più buona del circondario. Abbas Kiarostami aveva girato un film da queste parti e chiedo ai clienti del parrucchiere se ne hanno ricordo. Nonostante l’avvenenza di Juliette Binoche, il nome del film, Copia conforme, viene fuori solo dopo un po’. Nel bellissimo centro storico ancora circondato dalle mura il ricordo dell’attrice francese, anche se recente, pare riassorbito nel fluire della storia.

 

Copia Conforme


Da queste parti ci ero venuto un paio di volte all’inizio degli anni Ottanta per festeggiamenti famigliari e ora cerco di misurarne le differenze. Trentacinque anni sono molti e poi i ricordi di allora si confondono e si sovrappongono con la scoperta dell’Italia centrale che, per chi veniva dal nord, era un mondo remoto dove il Medio Evo ancora sembrava entrare nella vita quotidiana. Il centro di Lucignano, con le sue chiese, con il museo che contiene l’Albero della vita, un imponente e stupendo reliquario del XIV secolo, con i palazzi e la casette medievali, mi sembra cambiato poco, paragonabile ad altri centri della Toscana che ho visitato nelle scorse settimane (Anghiari, Colle Val d’Elsa) La struttura medievale sopravvive ancora, c’è una vita cittadina animata da persone anziane ma non solo, pochi immigrati (la maggior parte lavora nelle campagne), gli esercizi commerciali diminuiti ma non ancora falcidiati come in altre parti del Paese. Certo per andare al cinema tocca raggiungere il multisala di Sinalunga, al teatro Rosini mescolano prosa, canzone e grandi chef per mettere insieme la stagione (però andrà in scena un Pinocchio che è il contribuito più cospicuo della Toscana all’identità nazionale). Contano di più le tradizioni popolari: i cori, la Maggiolata con i carri pieni di fiori che segnano l’inizio della primavera. Di apertura più recente c’è qualche B&B, ristoranti che immagino vivano di turismo stagionale, la valorizzazione dei prodotti tipici (olio, carne, insaccati) in botteghe specializzate come più o meno avviene in tante altre zone d’Italia. L’impressione generale è buona. Saranno anche i ritmi dell’inverno che lasciano intatto il profilo austero del paese.


C’è negli abitanti un’antica fierezza che non è quella contradaiola, un po’ stolta, di altre parti della Regione, è legata semmai al passaggio delle tradizioni, a un uso ricco del nostro vocabolario, al rapporto con la campagna che non sembra ancora spezzato. Forse mi sono fatto imbambolare dalla bellezza dei dintorni (una della campagne più belle d’Italia) ancora intatti, dalle strade bianche e da una vegetazione (cipressi, ulivi, querce, lecci) che anche d’inverno è fronzuta (a differenza del gelo che entra nel cuore quando si vive nella Pianura padana). Chissà? Sabato e domenica echeggiano gli spari della caccia al cinghiale. La sera prima nell’autofficina sulla piana si facevano grandi progetti per l’indomani. Dicono che ora bisognerebbe dar la caccia anche ai caprioli, che danneggiano gli orti. Non mi pronuncio.
Trascorro qualche giorno in campagna tra visite e passeggiate, sicché della vita di paese riesco a trattenere solo impressioni fuggevoli, ma l’ultima sera si va a Lucignano per cenare (non pranzare come dicono alcuni). È sabato e nel ristorante più elegante del paese il nostro tavolo è l’unico che spezza lo schema fisso delle coppiette. Sono reduce da un pic-nic in un cascinale dove, riscaldati dalla fiamma del camino, abbiamo messo sul fuoco salsicce, costine e una fiorentina che secondo i palati più fini non era di qualità superiore. Così a tavola la fame non era pantagruelica e ricordo soprattutto una faraona cotta a puntino con verdure di stagione, un cuore di cioccolato e un’ottima bottiglia di Morellino che ci si è fatti bastare in quattro. Insomma non sono andato via ubriaco.


Ristorante Il Goccino, via Matteotti 90, Lucignano (AR), tel. 0575 836707. Per una cena si spendono sui 40 euro. Propone una cucina toscana rivisitata con gusto. D’estate c’è una bella terrazza che apre sulla valle.

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