Daltonismo

27 Dicembre 2015

Daltonismo o acromatopsia è la cecità ai colori descritta per la prima volta dal fisico e chimico inglese Dalton che ne era affetto (Extraordinary facts relating to the vision of colours, 1794). Si presenta come cecità totale o parziale: per tutti i colori oppure per la coppia rosso-verde, in qualche caso più accentuata per il rosso, in altri per il verde. Non si tratta di una malattia; forse lo possiamo definire un disturbo, in certi casi invero molto grave, tale da impedire la normale vita di studio e di lavoro. Rarissima come cecità completa – un caso su trenta o quarantamila –, nella forma parziale colpisce circa il due per cento degli uomini, mentre è molto meno frequente nelle donne.

 

Gli studiosi di ottica fisiologica ritengono che il daltonismo sia dovuto a un’incompleta differenziazione tra coni – che reagiscono alle vibrazioni più lunghe, corrispondenti al rosso e all’arancione – e bastoncelli – che sono colpiti dalle vibrazioni più corte corrispondenti al verde e al blu – oppure a una loro diversa connessione con il nervo ottico. In genere il daltonismo è quindi congenito o ereditario, ma in rari casi può essere acquisito e derivare da un danneggiamento della retina, del nervo ottico o di determinate aree della corteccia cerebrale.

 

L'universo plumbeo del pittore cieco ai colori

 

In Un antropologo su Marte. Sette racconti paradossali (trad. it. di Isabella Blum, Adelphi, Milano 1995) Oliver Sacks, lo scrittore-neurologo scomparso di recente, racconta il caso del pittore divenuto cieco ai colori in seguito a un incidente. Non si trattava quindi di un’acromatopsia congenita, ma di un improvviso cambiamento della visione, per cui il signor I. – come lo chiama Sacks – non riuscì più a vedere i colori delle cose. Il risultato non fu però semplicemente un mondo in bianco e nero: gli uomini gli sembravano statue grigie in movimento, lui stesso allo specchio si trovava color grigio topo, la pelle della moglie gli appariva colore del piombo, ripugnante. Anche il cibo era repellente, grigio-marrone, sapeva di morto; doveva chiudere gli occhi per poter mangiare, ma anche a occhi chiusi, l’immaginazione rimaneva deprivata del colore e l’immagine mentale dei cibi tendeva al nero, allo sporco. Il pittore finì così col mangiare solo cibi bianchi o neri: olive e riso, caffè e yogurt, e dovette organizzare tutta la sua vita attorno al questo nuovo polo bianco-nero, dislocando i cibi, i vestiti, gli oggetti in modo da non confonderli.

 

Un anno dopo – continua il racconto – il pittore si era dimenticato del colore, se ne era come “allontanato”, modificando le abitudini e le strategie cromatiche della sua vita precedente. Aveva scoperto di vedere meglio in condizioni di illuminazione crepuscolare, e non in piena luce. La luce molto brillante lo abbagliava, lo accecava, mentre la notte e la vita notturna gli erano particolarmente congeniali, perché sembravano «ideate in bianco e nero». In queste condizioni la nuova visione risultava per certi versi più precisa: le più minute caratteristiche delle superfici gli apparivano più definite una volta private del colore. I suoi nuovi quadri ne sono un'interessante testimonianza.

 

L'analisi di Oliver Sacks prosegue nel libro L'isola dei senza colore (trad. it. sempre di Isabella Blum, Adelphi, Milano 1997). Vi narra di un viaggio nella Micronesia nell'Oceano Pacifico, in particolare in due isolette, l’atollo Pingelap e la vulcanica Pohnpei, dove tra la popolazione vi è un'altissima percentuale di acromatopsici. Essi vedono molto male alla luce del sole e riescono a leggere solo con il braille. Il confronto con il compagno di spedizione, un fisiologo norvegese, anche lui interessato al problema del daltonismo e affetto dallo stesso disturbo, e i test effettuati nelle due isole, confermano la diversa organizzazione della visione da parte dei daltonici, la loro capacità di cogliere la luminescenza e le scale dei grigi in modo decisamente superiore a coloro che possiedono una "normale" visione dei colori. Accanto alle tavole di Ishihara che servono a individuare la cecità cromatica, costituite da punti colorati distinguibili solo in base al colore, l'amico scandinavo aveva portato con sé alcune tavole nelle quali i punti non sono distinguibili in base al colore, variano solo leggermente in luminanza e possono essere visti solo dai daltonici. Questa maggiore capacità di distinzione in base alla luminanza viene raccontata da Sacks anche a proposito di una tessitrice che intreccia fili che alla luce del giorno noi non riusciamo a distinguere e di una fantastica pesca notturna di pesci argentati che i bambini daltonici riuscivano a pigliare in abbondanza e senza difficoltà.

 

Lo stesso Oliver Sacks cita per analogia il racconto di Herbert George Wells, Il paese dei ciechi, nel quale un viaggiatore giunge in un villaggio isolato delle Ande, abitato solo da ciechi che hanno dipinto le case con colori stravaganti e irregolari, e che ben presto deve rinunciare al suo senso di superiorità di fronte alla più precisa percezione del mondo da parte dei ciechi. Possiamo concludere a questo punto che forse non pare del tutto giustificata la sensazione di maggiore capacità che possiamo provare nei confronti del nostro amico daltonico che si presenta al lavoro con una strana combinazione di colori della cravatta e della camicia.

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