NowHere: residenze attive a Macao

3 Dicembre 2014

A poco meno di un anno dal progetto ApparecchioPer, elaborato da Macao, S.a.L.E. Docks e Ex-Asilo Filangieri per il bando cheFare, a Macao prende vita NowHere, residenze attive che ibridano coabitazione, politica, ricerca e produzione dal basso. ApparecchioPer – volto alla composizione di una piattaforma condivisa di “mezzi” di produzione, ossia spazi, strumentazioni, conoscenze, risorse diverse – non si è certo esaurito con la chiusura del bando la scorsa primavera, tutt’altro; proprio per il suo essere strettamente legato a bisogni concreti che chiedono luoghi e situazioni adeguate alla messa in atto di ricerche indipendenti, si è sviluppato in diversi progetti, tra cui NowHere costituisce una delle più recenti sperimentazioni.

Per farci raccontare meglio questo percorso Alberto Cossu ha intervistato Cristina Fiordimela e Tommaso Urselli, tra i responsabili del progetto #NowHere e della campagna di crowdfunding ad esso collegata.

 

 

Come siete arrivati al progetto di Nowhere? Quali sono i passaggi che vi hanno portato alla sua elaborazione?

 

NowHere residenze attive prende corpo dalla sperimentazione di produzioni artistiche dal basso su cui Macao, già con la liberazione della Torre Galfa nel maggio 2012, ha concentrato il discorso e l’azione politica, intersecando i temi del lavoro a quelli delle politiche di gestione delle risorse territoriali: l’occupazione apre spazi in disuso sottratti alla cittadinanza e li rende disponibili per la ricerca artistica, senza distinzione di ambiti disciplinari. C’è quindi un piccolo bagaglio di esperienze che per oltre due anni svela, attraverso le pratiche, le fessure entro cui si può agire destabilizzando il regime liberale del lavoro, per dare vita a nuove forme di produzione che privilegiano la ricerca sperimentale e il valore dello spazio come valore d’uso e non come valore di scambio. Nello stesso tempo, attraverso seminari, autoinchieste e campagne politiche, si attivano percorsi teorici che si diramano e si intrecciano a quelli coltivati da altri centri di cultura indipendenti disseminati in Italia e in Europa e che lo scorso anno sono sfociate in parte in ApparecchioPer.

 

Lo scopo è quello di favorire la messa in atto di economie alternative e forme di autoreddito che privilegino la libertà di autoorganizzazione del lavoro, abbattendo i costi di produzione. ApparecchioPer è dunque uno “strumento” di condivisione che contiene anche NowHere, a sua volta insieme in divenire di residenze che integrano attraverso la contaminazione reciproca molteplici percorsi, quelli che abitano in modo più continuo le attività di Macao e quelli che lo attraversano in modo più estemporaneo. La residenza attiva è pratica politica che attraverso l’arte sottrae la produzione alla compartimentazione di stampo fordista tra vita-lavoro. Con NowHere la produzione artistica è parte attiva e inscindibile dal quotidiano, per cui si abita lo spazio dove si produce, condividendolo con altre persone che lavorano nello stesso momento ad altri progetti artistici.

 

 

Volendoli isolare, quali sono i principi che animano questa ampia progettualità?

 

Alla base tanto di ApparecchioPer, quanto di NowHere, c’è l’integrazione tra produzione dal basso e autoreddito che si intersecano a loro volta ai temi del mutualismo e delle nuove economie, argomenti di dibattito e pratiche che occupano buona parte delle attività a Macao, come i progetti CommonCoin (moneta complementare), CineMacello (produzioni e diffusioni cinematografiche indipendenti), CTRL (musica in Creative Commons), Inedito (editoria indipendente), Prima Persona Plurale (piattaforma di condivisione per il teatro).

 

NowHere parte con la collaborazione con il Workcenter, come è avvenuto questo incontro? Ci sono delle affinità che legano le due esperienze?

 

Nello specifico NowHere apre con una coproduzione ideata con Open Program, il gruppo guidato da Mario Biagini del Workcenter di Jerzy Grotowski e Thomas Richards. Quello con Workcenter è un itinerario articolato, che si sfrangia nel corso del tempo a partire da Folle. Agire Urbano, festival di arte indipendente nelle strade di Milano dal 1 al 5 maggio, dalla Mayday alla ricorrenza dell’occupazione di Torre Galfa. In quei giorni Open Program porta a Macao, e per la prima volta a Milano. Electric Party Songs, intrecciando la performance all’azione politica di The NED, durante l’occupazione No Expo Day in piazza Carbonari. Come a Macao, anche a Workcenter la produzione dell’arte è legata al tempo delle relazioni che possono avere luogo in uno spazio che si autoalimenta di risorse economiche essenziali, per fare spazio alla libertà di relazione. Il “dove ha luogo” l’esperienza condivisa è dunque importante come elemento attivo nella ricerca.

 

Luogo inteso come una situazione dove le relazioni possano avvenire determinando a loro volta un con-testo favorevole all’autorganizzazzione del lavoro, che rifiuta le dinamiche del mercato neoliberista. Non è un caso dunque che NowHere apra con Workcenter, da un lato per questa comune predilezione a praticare la ricerca esaltando il valore sperimentale della ricerca stessa, dall’altro per la scelta di basare la coproduzione sulla condivisione mutualistica delle risorse. Ci sono quindi delle affinità che entrano in contatto, per cui da una parte è un unicum che “non si sarebbe potuto fare con una compagnia qualsiasi” poiché è quella compagnia che mette in atto anche quotidianamente dei modi di fare ricerca; ma, anche se in questo caso ciò avviene nel teatro, è un’esperienza scalare che può abbracciare tanti altri ambiti di studio e di produzione.

 

 

Come valutate questa prima tappa di NowHere in termini di partecipazione del pubblico?

 

La performance secondo Grotowski non è mai qualcosa di uguale a sé stessa e di concluso; ma incorpora al suo interno la scelta radicale di una vita dedicata a una ricerca volta a miscelare conoscenze, partendo dalla persona e dalle relazioni tra persone, e proprio per questo agire sulle relazioni il pubblico non è mai spettatore. Il senso di “inconcluso” che pervade la performance è una “ingresso” per il pubblico, e riprende la ricerca avviata da Grotowski, come ricorda Renata Molinari – drammaturga e docente alla Paolo Grassi – quando a proposito di questa prima residenza Macao-Workcenter, durante il seminario Workcenter e Macao, Ricerca teatrale e politica: i luoghi dell’incontro, fa riferimento ai gradi di libertà lasciati insoluti dai limiti della trasmissibilità di una ricerca che coinvolge in modo totalizzante l’esistenza. Certo è un argomento, quello del pubblico/teatro, che attraversa la ricerca performativa dagli albori, e che Grotowski ha contribuito a innovare. A Macao insieme a Open Program abbiamo provato a scardinare l’idea di pubblico/spettatore allargando la coproduzione dei diversi momenti che ritmano la residenza: dalla coabitazione, alla congiunzione workshop/residenza dove i partecipanti hanno condiviso l’interezza dell’esperienza vita-produzione, fino alla campagna di autofinanziamento delle cosiddette coproduzioni, un notebook e un audiovisivo. Tutto è ideato insieme a Open Program.

 

Quali processi di coinvolgimento della città, dell’esterno, dell’altrove ha in mente NowHere?

 

Nello sconfinamento del pubblico/spettatore lo spazio non è inerte: le mura dell’ex-macello conservate con il loro lascito di storia, trasmettono sensazioni, in alcune persone evocano anche i ricordi di un comparto urbano che un tempo accoglieva il lavoro di molti abitanti del quartiere, e nello stesso tempo, osserva Freddy Paul Grunert – curatore a ZKM, il centro di arte e media a Karlsruhe, tra i sostenitori del progetto –queste superfici in disuso sembrano richiedere una nuova lingua, che sia in grado di attraversare i cambiamenti che questo quartiere sta apportando anche al concetto stesso di città, mettendone a nudo le criticità certo, ma anche aprendosi a nuove forme di coabitazione intraculturale di provenienze diverse. E l’azione, il tipo di movimento e ciò che lo alimenta, cambia il pubblico, cambia il suo modo di essere nella città ma anche il modo con cui il pubblico produce città. Lo abbiamo esplorato in modo approfondito con Fare Pubblici. Forme di rappresentazione e nuove cartografie della città-esposizioni, che nei giorni precedenti al festival Folle, aveva riunito in forma seminariale a Macao studiosi e attivisti.

 

 

Dalla storia di Macao emerge come, almeno in alcune sue fasi, ci sia stata una preminenza della cura della relazione sugli obbiettivi di produzione. Con questi ultimi progetti, mi sembra invece che l’asse si stia spostando verso una inclusione di obbiettivi di produzione culturale con un accento sulla concretezza, la sostenibilità e forse anche tempi più “di mercato”.

 

La circuitazione dei progetti è il nodo dei rapporti “malati” con il mercato. È un argomento ricorrente nelle assemblee di rete nazionale il cercare altre ragioni che non siano quelle a circuito chiuso del mercato dell’arte, che si tratti di gallerie, musei e iniziative istituzionali piuttosto che di teatri. Un tema che attraversa incontri seminariali che nascono anche da circostanze localizzate, come per esempio è stato nel confronto allargato organizzato da F.A.C.K. al museo di Novi-Sad, o alla chiamata del Museo Reina Sofia, per citare solo alcuni appuntamenti internazionali in cui ci si interrogava su nuove forme di istituzione culturale. NowHere si nutre di queste riflessioni collettive e, pur aprendo con un’esperienza performativa di origine teatrale, può contenere diversi progetti, anche più di uno nello stesso tempo, non legati a una specificità dell’arte. La circuitazione anche di uno stesso progetto nell’ambito della rete dei centri di cultura indipendente avviene senza un disegno predefinito, ma si dirama per voce delle persone che per esempio partecipano ai workshop e che ne diffondono l’esperienza da un luogo all’altro.

 

Al workshop di Open Program a Macao hanno partecipato persone provenienti per lo più dall’estero e da altre città italiane. Questa eterogeneità è già stata di per sé il veicolo principale di diffusione di altre residenze artistiche della stessa compagnia in luoghi analoghi. Esperienze che proprio per il loro alimentarsi della situazione, non sono mai le stesse.

 

A Macao abbiamo scelto di non seguire la logica della programmazione stagionale, che impone alle sale teatrali tempi predefiniti dall’economia dello spettacolo. Con Open Program il progetto inizia diversi mesi prima della residenza; è un tempo speciale, sussultorio, si dipana anche in lunghi periodi di avvicinamento e di scambio di comune: un esempio ne sono i nostri viaggi a Pontedera dove viviamo il lavoro dell’arte nel quotidiano, abitando con artiste e artisti del Workcenter; e poi diventa più sincopato nella sintesi dei 10 giorni a Macao in cui in un certo senso si prova a “comprendere” un lasso esperienziale molto più lungo.

 

Anche i tempi della post-produzione del notebook e degli audiovisivi sono slegati da ciò che il mercato dell’arte impone, ed è anche per questo che un progetto come questo non potrebbe mai trovare dei mezzi di finanziamento che appartengono a quel tipo di circuito economico. In attesa di economie alternative che possano contare anche su sistemi monetari diversi da quelli correnti, il crowdfunding è uno strumento possibile – e come tale ha rivelato anche le sue contraddizioni – e non è certo il solo, per attivare una produzione dal basso.

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