Direzione Vatnajökull

24 Novembre 2011

Direzione Vatnajökull. Questa parola impronunciabile è il nome del più grande ghiacciaio d’Europa. La rinascita dell’Islanda, dopo il default del 2008, parte (anche) da qui, da uno dei luoghi naturali più belli di quest’isola. E da qui comincia anche il nostro viaggio alla scoperta di una terra unica.

 

I suoni elettrici invadono l’abitacolo dell’auto come una nenia meditativa, mentre fuori sfila un paesaggio lunare di steppe e di lava. Sono le note dei Sigur Ròs, la traduzione musicale dell’essenza islandese. Rumori, piano, flauto, tromba e ritmi lenti cullano il silenzio delle nostre voci. Ancora pochi chilometri ci separano dal gigante di ghiaccio. Non c’è traffico sulla Ring Road, la strada principale dell’Islanda, l’unica interamente asfaltata, che percorre ad anello l’intera isola. Lo sguardo si perde lontano, cosa che succede spesso, perché qui il metro di misura è l’infinito. Non c’è nemmeno un albero, solo linee essenziali con geometrie senza angoli che salgono e scendono dolcemente. Qua e là in mezzo al niente gruppi di case a formare piccoli villaggi. Per Thomas Mann la patria ideale del sentimento era “nordica”, ritrosa interiorità sensibile capace di raccogliersi nel minimo e nel vicino, nell’intimità della casa sperduta in un paesaggio solitario. E l’Islanda è proprio questo: un luogo che insegna a svuotare la vita di ogni superfluo, a toglierle ogni oncia di grasso sentimentale.

 

 

Superata qualche vecchia fattoria, poco distante dalla cittadina di Höfn, a sud dell’isola, eccoci quasi d’improvviso davanti alla distesa di ghiaccio. Siamo a Jökulsárlón, il più noto dei laghi glaciali islandesi, dove gli iceberg si staccano ripetutamente dal fronte del Vatnajökull, schiantandosi in acqua e spostandosi inesorabilmente verso il mare. La vista lascia senza fiato: una specie di laguna fredda, scura, senza vegetazione. È come se un pezzo di polo Nord si fosse staccato e avesse deciso di stabilirsi qui. Architetture poliformi abitano questo luogo, ghiaccio che si colora di azzurro quando la luce lo attraversa con una certa angolazione e si annerisce quando la lava entra negli interstizi. Gli iceberg, sospinti dal vento fortissimo, si muovono in continuazione. Si ammassano insieme, collidendo e assestandosi, oppure si sparpagliano all’interno dello Jökulsárlón (che letteralmente significa lago glaciale).

 

Uno spettacolo che rivela tutta la forza misteriosa della natura: un’immensità che sembra volerci risucchiare dentro le sue fauci. Non a caso Leopardi, nel suo famoso “Dialogo”, fa incontrare la Natura proprio a un islandese, raffigurandola come una figura femminile di enormi proporzioni “di volto mezzo tra bello e terribile”, indifferente all’inerme viaggiatore.

 

 

Ai piedi del Vatnajökull la temperatura è polare. Decidiamo comunque di visitare questo luogo unico con un mezzo altrettanto particolare: una specie di anfibio, ovvero un grosso camion che, a contatto con l’acqua, non usa più le ruote ma pinne retrattili. Siamo all’addiaccio. L’anfibio è tutto aperto, ci si può sedere lungo le fiancate o stare in piedi nel mezzo. L’aria è tersa, colori incredibili. L’acqua vira al turchese, dà un’impressione di trasparenza. Il camion diventato barca sfiora gli iceberg, alcuni raccolti uno accanto all’altro come per proteggersi. Questi massi di ghiaccio, visti da vicino, assumono i colori e le forme più diversi: un bianco folgorante, con profili che ricordano le montagne himalaiane, frastagliati, tozzi, appuntiti e grandiosi. Dall’acqua ogni tanto fanno capolino testoline scure di foche che riposano sulla costa vicina.

 

Benché possa sembrare un prodotto dell’ultima glaciazione, la laguna si è formata soltanto 75 anni fa - ci spiega, in perfetto inglese, la ragazza che fa da guida in questo tour – e cresce a ritmi consistenti a causa del repentino ritirarsi del ghiacciaio. Lo Jökulsárlón ha fatto da set per molti film - continua la guida -, tra cui uno della serie di 007, nel 2002. La laguna è piena di turisti. E questo è un segno della ripresa economica dell’Islanda, dopo la grande crisi del 2008, che come un effetto domino ha travolto tutta l’Europa e l’Occidente. I prezzi più accessibili stanno attirando sull’isola molti turisti e questo fa sì che l’economia stia lentamente ripartendo anche attraverso questo settore. Gli islandesi è come se avessero deciso di risollevarsi ripartendo dal bene più prezioso di cui dispongono, ovvero la natura, che da queste parti è anche un luogo dell’anima e che forse negli anni scorsi questo popolo ha saputo incredibilmente perdere.

 

 

Così l’Islanda oggi sta diventando un esempio per tutto l’Occidente: si sta riprendendo in modo del tutto opposto a quello che viene generalmente propagandato come inevitabile. Niente salvataggi da parte di Bce o Fmi, niente cessione della propria sovranità a nazioni straniere, ma piuttosto un percorso di riappropriazione dei diritti e della partecipazione. A cominciare dalla natura. E questi iceberg che lentamente si staccano dalla calotta glaciale e si muovono verso il mare sembrano la metafora del mutamento epocale che sta vivendo questa terra, dove una millenaria geometria naturale ogni cosa stratifica.

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