A sangue freddo

12 Aprile 2013

Nel 1965 Truman Capote pubblicò un romanzo che sconvolse il mondo e gli sconvolse la vita. A sangue freddo è più l'analisi clinica di un vero episodio di assassinio che un romanzo. Il libro, pubblicato prima a puntate sul New Yorker, ebbe uno strepitoso successo e cambiò il modo di vedere la psicologia dell'assassino. Si tratta di una delle migliori analisi del discorso del criminale, che si distingue in modo radicale dal discorso sul criminale.

 

 

La maggioranza di noi non può superare la soglia dell'assassinio. Questa soglia è una soglia sacra, inviolabile, indipendente da una particolare credo religioso o dall'essere ateo. Sappiamo, come avessimo un'idea innata, che l'assassinio è il più terribile dei crimini. Nonostante ciò non esiste un tabù dell'assassinio, così come esiste un tabù dell'incesto. Al contrario si possono creare, nelle società umane, contesti in cui l'omicidio è legittimo, come per esempio la guerra. In quelle circostanze un uomo è legittimato a esercitare la professione del serial killer. La guerra è una delle condizioni in cui la soglia dell'assassinio cade sul piano istituzionale. Per continuare il paragone con l'incesto, è come se in talune circostanze cadesse il divieto di contrarre matrimonio tra madri e figli.

 

Eppure stiamo parlando della stessa cosa, della caduta dei codici affettivi materni. Della scomparsa dei rapporti di fiducia, del pesante attacco che sta subendo la relazione umana. L'otto aprile un bambino di diciassette anni colpisce al cuore con un coltello un bambino di quindici, a sangue freddo, lo stesso giorno due bambine di quindici anni confessano di avere strangolato un amico di famiglia di sessanta che aveva intenzione di violentarle, Quentin Tarantino potrebbe fare due film. Il primo tratterebbe di un diciassettenne che, per qualche motivo vendicativo, uccide un figlio di mafia, il secondo l'ha già fatto, s'intitola Grindhouse-A prova di morte.

 

In questi gesti si mostra il matricidio, estremo risultato di una società anti-materna, che distrugge i codici che garantiscono l'affetto e la fiducia, che reggono il legame con l'altro. Potremmo dire che ogni assassinio è un matricidio. Truman Capote aveva mostrato ciò che regge questa psicologia dell'assassinio: la relazione perversa tra la società borghese perbenista e l'impoverimento dei legami familiari nascosti dietro le rispettabili apparenze.

 

Molti sostengono che Capote si fosse innamorato di Perry Smith, altri che semplicemente speculò su terribili fatti accaduti in quel 1959 nel Kansas. Persino questi due tipi di lettura, l'una positiva, l'altra maligna, sono cartine tornasole di dove si vuole andare a parare. Persino questa distinzione mostra, da un lato, il romanticismo ingenuo di chi sceglie la vita e si fida della persona (intesa come persona in carne e ossa, con un nome, in questo caso Truman Capote), rispetto a chi cinicamente pensa il mondo in termini di poteri, imbrogli, sofisticazioni. Dobbiamo imparare a diventare più ingenui, credere fermamente che l'altro sia un soggetto degno di fiducia.

 

 

Bisogna anche imparare a distinguere tra l'assassino e chi cerca di comprenderne l'esperienza interiore, rimanendone sconvolto. Ci potrebbero essere due tipi di discorsi nell'interiorità assassina: l'avventizio e il professionale. L'avventizio si mostra come distorsione e  capovolgimento maschile del coraggio. Il coraggio, la cui parola contiene cuore, è la capacità di resistere al degrado senza fare passi indietro nel denunciarlo, come le madri e le nonne di Piazza di Maggio, una virtù femminile. In una distorsione del termine, nel campo maschile il coraggio diventa esattamente l'opposto: l'esperienza di oltrepassare soglia del rispetto della vita altrui. Questa sembra essere la matrice di molti omicidi avventizi nel  mondo occidentale e dei due menzionati sopra, accaduti l'otto aprile scorso. Qui l'analisi del contesto sociale e delle matrici familiari mostrano il degrado culturale, sociale, economico.

 

Ci sono poi gli assassini professionali, in cui uccidere una persona equivale a schiacciare una formica. In questi casi, come sostiene Girolamo Lo Verso nei suoi libri sulla mafia (per esempio La mafia dentro, il cui titolo è già assai significativo), è necessaria la costituzione, l'allevamento, per così dire, di un antropo-psichismo, come appunto l'antropo-psichismo mafioso. Qui l'assassinio è un tratto della vita quotidiana, un mestiere, una mansione, una funzione comunitaria riconosciuta. Qui la dignità umana è infamia e si assiste a un capovolgimento radicale e distruttivo della quotidianità. Eros, amore, è il male. Thanatos, morte, è il bene.

 

È chiaro che il contesto iperdistruttivo dell'antropo-psichismo influenza notevolmente i disturbi e le distorsioni temporanee dell'assassino avventizio. La condizione professionale richiede un allevamento studiato e consapevole fin dalla nascita, mentre la condizione avventizia si inscrive in uno scimmiottamento grottesco dell'altra, coperto dal perbenismo piccolo borghese.

 

 

In un paese dove il linguaggio si riduce a un lessico che esalta il disprezzo cinico, le barzellette stolide, l'arroganza; dove ciò che è moralmente sconveniente viene esaltato in quanto comunque non vietato, oppure in un paese dove si legifera tutto, perché non esistono consuetudini, dove la consuetudine è imbroglio e sopraffazione quotidiana; in un paese simile i bambini imparano a uccidere precocemente.

 

Il Perry Smith di Truman Capote vive tra noi, nessuno lo ama, o ha un legame affettivo con lui/lei, non conosce l'eros, inteso come desiderio di vivere e di venire riconosciuto. In un paese dove nessuno lo guarda e si accorge di lui, essere menzionato sul giornale, benché in conseguenza di un efferato assassinio, può addirittura essere una soddisfazione. Insomma, dopo anni di delirio scientifico sulla personalità o sui tratti del serial killer, da Lombroso a oggi, è ora di occuparsi dei tratti di contesto relazionale e sociale che favoriscono la possibilità della sua diffusione planetaria. In Sicilia Crocetta si sta attrezzando seriamente, lo imiteranno i tre signori del Nord? Non credo.

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