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19 Novembre 2018

Nell’ultima riunione abbiamo scorso – con il silenzio sospeso che si riserva a quel che genera stupore – la lista delle donazioni arrivate a doppiozero nel corso degli ultimi dieci mesi. Ci siamo domandati, vista la cifra raggiunta, 13.000 euro, se ci fosse stato qualche generoso mecenate che avesse permesso il superamento di soglie che non credevamo possibili. Ottocento nomi: firme, nomi di fantasia e anonimi donatori; contributi singoli e doni periodici e regolari; silenziosi benefattori, molti, e altri con parole di stima e di affetto ad accompagnare il versamento. Uno a uno. Tanti, tantissimi, in una logica di nome proprio che ci pare la nostra vittoria più bella, capace di rimette al centro l’idea del collettivo nella sua dimensione più forte.

 

La cifra ricevuta non è certo sufficiente a sostenerci in una normale economia di costi e ricavi, ma certamente ci consente quel che ci sta più a cuore: rilanciare.

 

Scommettere nuovamente, ostinarci ancora.

 

“Un euro, sperando possa servire”. Sì. Serve tantissimo; serve l’euro e quel simbolo, serve la birra in meno, come ci hanno scritto, che diventa gesto di appartenenza, ognuno con il suo pezzo, quello possibile per lui.

 

Esiste una non-economia parallela, ed è proprio perché la poesia non serve a niente che la mettiamo al centro del nostro operare. Il mondo è usato fino alla nausea, hanno scritto Marco Martinelli ed Ermanna Montanari del Teatro Albe. Ne nasce un sentimento furente che chiede giustizia, quello che spingeva Rodari a dire del suo stare dalla parte della cicala, che il suo bel canto non vende: regala.

 

 

L'immagine qui sotto riprodotta, tratta da Alighiero Boetti 1965-1994 (a cura di Jean-Christophe Ammann, Maria Teresa Roberto, Anne-Marie Sauzeau, 1996, Edizione Mazzotta/GAM Torino), testimonia che doppiozero esisteva - nei pensieri, nelle intenzioni e nei bisogni degli uomini di d'ingegno - già da prima di noi.

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