La fotografia come domanda / Luigi Ghirri: chiedi alla nebbia

10 Giugno 2016

A Milano, attorno al 1991, Luigi Ghirri confida a Mario Cresci che, dopo aver esplorato per tanti anni il paesaggio e le cose dell’esistenza con innumerevoli scatti, sta pensando ad altro, e in quel momento non gli resta che fotografare la sola nebbia della sua terra, come segno estremo di cancellazione del mondo, per dirigersi verso l'imponderabile o l’ignoto. Roncocesi, una delle ultime fotografie, scattata nel gennaio del 1992, coglie la luce che avvampa come un cielo di bruma, facendosi orizzonte tra due campi separati da una roggia. L’acqua nel fossatello pare latte di brina, specchio del biancore nebbioso. Lo stato di sospensione, sia della luce sia della bruma, viene colto in una visione estatica, così come avrebbe potuto viverla un mistico medievale. In questa immagine il fotografo si lascia condurre nella non delimitazione del reale, in una frazione del tempo in cui è in atto una rarefazione dello spazio.

 

Luigi Ghirri, Formigine 1985. Eredi di Luigi Ghirri. 

 

Invita a vedervi qualcos’altro, il resto del visibile, evocando l’assenza dei limiti, un altro aspetto della realtà, ovvero ciò che non può essere delimitato: “La cancellazione dello spazio che circonda la parte inquadrata è per me importante quanto il rappresentarlo, ed è grazie a questa cancellazione che l’immagine assume senso diventando misurabile. Contemporaneamente l’immagine continua nel visibile della cancellazione, e ci invita a vedere il resto del reale non rappresentato. Questo duplice aspetto di rappresentare e cancellare non tende soltanto a evocare l’assenza dei limiti, escludendo ogni idea di completezza o di finito, ma ci indica qualcosa che non può essere delimitato, e cioè il reale” (Luigi Ghirri, Kodachrome, 1978, p. 12). 

 

Luigi Ghirri, Roncocesi gennaio 1992. Eredi di Luigi Ghirri. 

 

L’altro aspetto della realtà non è invisibile, semmai è presenza temporanea, che può essere colta prima dallo sguardo e poi dall’impressione su pellicola, prima che muti e si dissolva. 

In Formigine (1985), Ghirri rivela la seducente sospensione brumosa che essuda dal pensiero-paesaggio, proiezione di una geografia emozionale. Due piloni in primo piano non sorreggono alcun cancello. Nessuna barriera si prolunga prima e dopo il loro silenzio. Cosa c’è là in fondo? Si potrebbe sparire in un’esperienza di spaesamento. L’immagine evoca un luogo dove è possibile andare oltre un confine o una delimitazione incompleta. Il passaggio avviene dal visibile in primo piano alla sua momentanea negazione, attraverso la nebbia che si sta approssimando. In questo limbo, osservazione e contemplazione possono coincidere. Nel vapore acqueo Ghirri mostra che la vita quotidiana è un’illusione dentro la quale si nasconde un’altra realtà, che è della stessa materia ma differente in qualche aspetto. Entrare nella grande bruma di luce significa allontanarsi dal continuo e progressivo attentare alla inviolabilità della natura. Si esce da se stessi per entrare in un vuoto celato, per cercare di sentire il brivido o il bagliore del sublime, nella placida semplicità di un giorno feriale. 

 

In un altro scatto dell’ultima serie si vede una persona, di spalle, che si allontana percorrendo una strada di campagna, mentre la sua immagine viene assorbita nella nebbia, nell’atmosfera straniante, che invita a riflettere sul destino ultimo dell’essere umano e sull’universo, tra tempo, memoria e morte. Roncolo (1992) e altre fotografie di Roncocesi testimoniano ulteriormente la modalità abituale di Ghirri messa in atto in tutta la sua ricerca, ovvero il suo rapporto con l’esistente, cercando il punto di equilibrio tra la sua interiorità e ciò che vive all’esterno, nel mondo, che continua ad esistere anche dopo lo scatto:  "Guardare alla fotografia come a un modo di relazionarsi col mondo, nel quale il segno di chi fa fotografia, quindi la sua storia personale, il suo rapporto con l’esistente, è sì molto forte, ma deve orientarsi, attraverso un lavoro sottile, quasi alchemico, all’individuazione di un punto d’equilibrio tra la nostra interiorità – il mio intento di fotografo-persona  – e ciò che sta all’esterno, che vive al di fuori di noi, che continua a esistere senza di noi e continuerà a esistere anche quando avremo finito di fare fotografia. È quello che ho sempre cercato, alla ricerca di quello strano e misterioso equilibrio tra il nostro interno e il mondo esterno" (L. Ghirri, Lezioni di fotografia, Macerata 2010, p. 21).

 

Luigi Ghirri, Roncocesi 1992. Eredi di Luigi Ghirri. 

 

In questo sottile confine permangono tutti i rapporti enigmatici e gli elementi misteriosi che si annidano nell’immagine fotografica, che è sia una testimonianza di quello che Ghirri ha visto sia una reinvenzione, rappresentando le percezioni e le proiezioni che una persona ha del mondo.  Le ultime sue fotografie sono emblematiche, ambivalenti. Testimoniano l’estremo tentativo di ritornare a un grado zero dello sguardo, per proiettare la percezione nella densità luminosa di una nuova e avvolgente visione metafisica, o per accedere in un’altra dimensione, attraverso la cancellazione dello spazio che circonda la parte inquadrata, per comprendere il resto del reale non visto, dimenticando l’abitudine:

“In fondo, in ogni visitazione dei luoghi, portiamo con noi questo carico di già vissuto e già visto, ma lo sforzo che quotidianamente siamo portati a compiere, è quello di ritrovare uno sguardo che cancella e dimentica l’abitudine; non tanto per rivedere con occhi diversi, quanto per la necessità di orientarsi di nuovo nello spazio e nel tempo” (L. Ghirri, Paesaggio Italiano, Milano 1989, p. 14).

 

Al contempo lo sguardo acuto di Ghirri è profetico, coglie in germe i pericoli e i segni dei tempi futuri, la fine del luogo come termine dell’esperienza del luogo stesso, la fine dell’appartenenza a un determinato paesaggio, della capacità di vedere. Tutto verrà avvolto dalla nebbia della non conoscenza? E le identità si disperderanno in una moltitudine di non appartenenze? A giudicare dalla sua opera, Ghirri non è pessimista, e ha sempre lavorato per mostrare che anche i luoghi periferici, i posti umili e dimessi, detengono e rilasciano verità interstiziali, o possono divenire accessi per intuire una realtà “altra”. In questi spazi si può cogliere la sfera del sacro, intesa come lo spirito di un luogo caricato di memoria e in cui sono transitate innumerevoli vite. O, al contrario, per qualcuno possono solo sembrare siti banali. Dipende da ogni singola persona. Ed è per questo che ogni individuo ha una grande responsabilità per la sorte del paesaggio, sia interiore sia esteriore.

 

Luigi Ghirri, Roncolo 1992, Eredi di Luigi Ghirri. 

 

Ghirri ha reso visibile la preziosità della geografia sentimentale. Sul destino dell’appartenenza a un luogo e a una sua memoria condivisa da molte generazioni incombe la cancellazione del mondo. Ma l’opera intera dell’artista emiliano suggerisce che al di là di quello che può accadere attraverso l’oblio, ogni luogo del mondo condurrà sempre una nuova prospettiva del guardare e dell’abitare. La sua ricerca concettuale ha dato vita a innumerevoli “immagini impossibili” (ovvero a sintesi tra la staticità della pittura e il movimento del cinema), che hanno preso corpo nello svolgersi del tempo feriale, da soggetti umili e periferici, da piccole cose e vicende marginali, trasmutati in forme liriche e tradotti in lucide riflessioni da una sensibilità che ha cercato di comprendere il senso dell’esistenza ponendo continuamente domande con il suo sguardo: “Credo che la fotografia possa metterci in relazione con il mondo in maniera profondamente diversa.

 

 

 

La fotografia rappresenta sempre meno un processo di tipo conoscitivo, nel senso tradizionale del termine, o affermativo che offre delle risposte, ma rimane un linguaggio per porre delle domande sul mondo. Io, con la mia storia, ho percorso esattamente questo itinerario, relazionandomi continuamente con il mondo esterno, con la convinzione di non trovare mai una soluzione alle domande, ma con l’intenzione di continuare a porne. Perché questa mi sembra già una forma di risposta" (L. Ghirri, Lezioni di fotografia, 2010).

 

Articolo scritto in occasione della mostra:

Luigi Ghirri. Pensiero Paesaggio

Complesso Monumentale di Astino, Bergamo

Dal 10 giugno al 25 luglio 2016

A cura di Corrado Benigni e Mauro Zanchi

Catalogo Silvana Editoriale

 

Le immagini sono gentilmente concesse dagli Eredi Luigi Ghirri.

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