(quando il teatro vince con la morte – o perde) / Castelli accesi – castelli spenti

16 Febbraio 2021

Il giorno 2 di febbraio 2021 Fabio Masi, condirettore del Festival Inequilibrio di Castiglioncello (Armunia), mi ha telefonando e piangendo mi ha detto: “Ti devo dare una brutta notizia. Paolo è morto, l’abbiamo trovato stamattina”. 

 

Paolo Bruni.

Scenotecnico e scenografo, collaboratore di tante compagnie, è stato trovato morto, impiccato, nel suo laboratorio accanto all’anfiteatro – là – al Castello Pasquini. Aveva fatto le scene per La fine del mondo, la commedia dei dinosauri del Lato oscuro di Nane Oca che ha debuttato in prima assoluta al Festival il 25 giugno 2019.

 

Il Castello Pasquini, neogotico, falso ma non lugubre, costruito a partire dal 1889 per volontà del barone Lazzaro Patrone sui terreni venduti da Martelli, il patrono dei macchiaioli, acquistato negli anni venti del novecento dalla famiglia Pasquini, poi abbandonato e decaduto, acquistato dal comune e restaurato – è divenuto sede degli spettacoli di danza, teatro e delle mostre. È stato la casa, negli ultimi decenni, del teatro emergente e più vivo, che l’ha illuminato. Ma da ottobre era molto buio, spento – solitario.

Facendo filò, veglie, azioni, camminate, spettacoli ogni tanto dico che accendiamo per un momento castelli (come nei poemi di Boiardo e Ariosto quando i cavalieri si incontrano e stanno a chiacchiera o a battaglia e là si forma il colloquio – anche il duello è un colloquio) – e che senza il teatro i castelli si spengono – anzi che è lo stare insieme a parlarsi il castello acceso.

Quante volte ho fatto filò, veglia, castello acceso al Castello Pasquini e nel paesaggio intorno, con Massimo Paganelli, Fabio Masi, Daria Balducelli, Marco Menini, Angela Fumarola e tanti e tanti amici poeti che abbiamo convocato là a filò con l’aiuto delle matrioske: Franco Loi, Milo de Angelis, Gianni D’Elia, Maurizio Cucchi, Valentino Zeichen, Antonella Anedda, Mario Benedetti, Azzurra D’Agostino, Francesca Genti… anche la morte, stavolta, è venuta a fare filò.

 

 

Ricevendo la notizia della morte di Paolo Bruni, scenografo

 

Oggi abbiamo perso. Nel castello

che il teatro ha tenuto acceso (illuminato) 

hanno trovato Paolo Bruni impiccato (appeso)

nel suo laboratorio. Era solo, disperato.

 

Nel castello vuoto, cupo, Paolo era solo

e disperato: solo nella notte immensa

(troppo immensa) davanti al mare smisurato. È

dal suo laboratorio che Paolo ha scelto di partire.

 

Chi sia il partire ancora, noi vivi, non 

sappiamo. Com’è lunga l’attesa, com’è

intensa, talvolta impaurita, smemorata.

Dove sei, morte, ad aspettare? 

 

Come sia l’arte di morire ancora – forse

giustamente – non vogliamo imparare.

Eppure quell’attore del Gruppo dei Fioretti

chiamandola sorella ce la provò insegnare.

 

Sorella cara, dura, necessaria, ascolta:

ti racconto di quando Paolo scenografo

nel castello inventò con me le scene

della commedia della fine del mondo

 

preparando quando il meteorite spiaccicatore

su noi stava per arrivare. Chi sia, la morte, 

ancora non sappiamo. Cari amici

teatranti, amorosi di sogni e di avventure,

 

due soglie necessarie attraversiamo, il nascere

e il morire. Partire (morire) è l’ultimo dono

della vita. Paolo Bruni là nel suo laboratorio 

dal cuore del castello verso il mondo accanto vola.

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