Napolitano e lo stallo repubblicano

1 Aprile 2013

DOMANDA


Per il paese non sta diventando un accanimento terapeutico?

Non è forse meglio mirare a elezioni a ottobre?

 

PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA GIORGIO NAPOLITANO


Questa questione non mi interessa.

Io sono Presidente della Repubblica in pieno semestre bianco

che è ritornato operante dopo la elezione del nuovo Parlamento.

Quindi, non mi occupo di problemi che non posso risolvere oggi nelle mie funzioni.

 

 

 

Accanimento terapeutico. Avviene quando l'intervento su un paziente, anziché migliorarne la condizione, la peggiora. Si presenta come il principale fattore di rischio sanitario, come si sostiene nel titolo di un libro di Marco Bianciardi e Umberta Telfener Ammalarsi di psicoterapia. Spesso accade quando ci si trova di fronte a uno stallo.In terapia familiare lo stallo di coppia è un gioco a due avversari. Il paragone è la partita a scacchi. I due sono costretti a fronteggiarsi in eterno, senza via d'uscita. Secondo Mara Selvini Palazzoli (1916-1999) la situazione può protrarsi all'infinito senza crisi o rotture: “Uno dei due a volte esibisce una serie appariscente di mosse d'attacco, di provocazioni, di apparenti trionfi: sembra sempre che stia per avere la meglio, ma l'altro, quietamente, invariabilmente sfodera una mossa che ne azzera il punteggio” (I giochi psicotici nella famiglia).

 

Paolo Bertrando ritiene, a ragione, che lo stallo si possa manifestare anche di fronte a un conflitto palese, non necessariamente coperto e nascosto (Nodi familiari). Ormai siamo fuori dalla guerra fredda e si sono realizzati scenari isterico/narcisistici in politica; prima nel mondo ex-comunista, ora anche qui nel cuore dell'Europa occidentale.

 

Seguendo l'ipotesi di Bertrando, allargandola dalla famigliola intima alla governabilità di un paese, questo sembra essere lo stallo italiano. Aggiungendo però che di contendenti qui ce n'è almeno tre. L'antagonismo a tre o più soggetti è stato analizzato in campo clinico sopratutto da Bion, che usa il termine gruppo psicotico. La metafora degli scacchi non regge più. Forse andrebbe meglio il poker o, come segnala Edgar Allan Poe negli Assassinii della Rue Morgue, il whist.In voga a cavallo tra i secoli diciannove e venti,il whistè una variante semplificata del bridge, come mi fu spiegato anni fa da un'esperta giocatrice.

 

Questi giochi sembrano contare, più che sulle abilità strategiche, su una sorta d'intelligenza comunicativa. Una specie di capacità di leggere i sentimenti dell'altro fin quasi a riuscire a capirne il pensiero, le intenzioni, i ragionamenti. In letteratura accade a Monsieur Dupin, personaggio chiave di Poe, che non usa mai la logica lineare (quella del Capo della polizia, per intenderci), ma sempre un pensiero per paradossi. La politica, in particolare quella italiana, viene pensata attraverso paradossi.

 

L'empatia del narcisista sta nella sua capacità di entrare in relazione pensando per paradossi, così ti conquista e ti liquida quando capisci il gioco. Empatia fredda, infallibile perché manipolativa. Empatia da narcisista. La politica italiana da anni è abitata da questo tipo di relazioni, tanto che sono diventate normali. Semmai l'anomalia è il pensiero democratico, l'idea della certezza del diritto, dell'alternanza politica, del rispetto dell'avversario e della possibilità di coalizioni su programmi condivisi.

 

Invece no, oggi la normalità è la guerra di tutti contro tutti. Anche minoranze anomale, nostalgiche della democrazia, non possono fare a meno di venire travolte. Il paese è in stallo tra narcisisti, è un legame disperante. In questo delirio il capo è il popolo. Dalla Lega che non è un partito, ma la Padania, fino a Grillo che non è il capo di un movimento politico, ma gli italiani che sono stufi. In psicologia clinica si chiama delirio di onnipotenza. Quando ha successo produce disastri.

 

Napolitano invita tutti alla riflessione: lo stallo può proseguire all'infinito e dentro lo stallo assistiamo a qualcosa d'impensabile, Berlusconi che ci starebbe a fare un governo con Bersani presidente, Grillo che pretende che si nomini uno dei suoi assoggettati (sempre più difficile definirli soggetti), Bersani che non vuole fare una governo con Berlusconi, gli pare bizzarro, come dargli torto? Tutto sembra, per un attimo, tornare calmo, arrivano i dieci esperti, dura un giorno. Poi si riprende con l'isteria forsennata.

 

Il paradosso dell'ingovernabilità relativa, che ha sempre reso nevrotico il nostro sistema, si è trasformato nel paradosso dell'ingovernabilità assoluta. La patologia che ne risulta dipende dal punto di vista che si assume. Se c'è, come accade al sottoscritto, un forte attaccamento alle regole democratiche, una nostalgia, la situazione è depressiva. Se si pensa a nuove forme di governo, la situazione è isterica, si possono aprire scenari carnevaleschi in cui vecchie formule, dal carisma alla democrazia diretta – che poi è la stessa cosa - possono venire mischiate a nuove tecnologie streaming. Se si decide di andare avanti comunque, ci si trova di fronte a una scissione: il governo un giorno prenderebbe provvedimenti sull'occupazione giovanile e il giorno dopo ridurrebbe ulteriormente le tasse al dieci per cento dei ricchi, poi farebbe la riforma elettorale giusta, per escluderla il giorno dopo, ecc. Il che più o meno è quello che accade, con sempre maggiore rapidità, in Italia, dove, a furia di fare riforme, non c'è più da tempo la certezza del diritto.

 

Insomma un governo in cui un giorno governa Bersani, un giorno Grillo e uno Berlusconi. Tanto più o meno sono arrivati pari. Invece l'invito di Napolitano a riflettere, ci fa entrare in una dimensione dissociativa in cui, mentre le cose vanno per conto loro, i politici si chiudono a immaginare la città giusta, come Platone, Agostino, Campanella e Moro. Ma davvero, coi tempi che corrono, c'è qualcuno in Italia che seriamente pensa di valere anche solo un'unghia, come spesso si dice, di uno di questi quattro?

 

Qui si convien lasciare ogne sospetto,

ogne viltà convien che qui sia morta.

Noi siam venuti al loco ov'i' t'ho detto

che tu vedrai le genti dolorose

c'hanno perduto il ben de l'intelletto.

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