Da Picasso a Modigliani e oltre / Berthe Weill, la gallerista-talent scout

23 Settembre 2019

	

	

	

	

Sulle bancarelle dei bouquinistes, che si snodano lungo i quais della Senna, a volte si riesce a fare ancora qualche scoperta interessante. E non parlo delle edizioni rare che appassionano i bibliofili e neppure di rinvenimenti letterari di portata epocale, quanto, piuttosto, della piacevole sorpresa di incappare in un libro che narra una storia speciale, perché poco nota e che invece merita di essere letta e diffusa.

È così che ho potuto apprezzare (e ora diffondere) quella di Berthe Weill, di cui sapevo a mala pena essere stata la prima gallerista ad aver venduto un quadro di Picasso e colei che aveva esposto per prima le opere di Modigliani.

Il libro che ho trovato e che me ne ha svelato i meriti si intitola: Berthe Weill:1886-1951. La Petite Galeriste des Grands Artistes. Pubblicato da L'Écarlate, a Orléans, nel 2011 (€ 55.00). Ne è autrice Marianne Le Morvan, a cui si deve la totale riscoperta di questa mercante che ha contribuito alla diffusione dell'arte moderna al pari dei più noti galleristi suoi contemporanei, come l’ormai mitico Ambroise Vollard (come dimenticare il suo Memorie di un mercante di quadri, Feltrinelli, 2012, € 25.00?).

 

Magari mi fosse capitato di incappare anche nell’edizione originale dell’autobiografia di B. Weill, intitolata “Pan! Dans l'oeil! Ou trente ans dans les coulisses de la peinture contemporaine 1900-1930”, Lipschutz, Paris, 1933 (ripubblicata nel 2009 dalle edizioni L'Échelle de Jacob, ma ugualmente introvabile), da lei scritta in occasione della mostra che celebrava i trent’anni di vita della sua galleria, con disegni di Dufy, Pascin e Picasso. Ma temo che, a differenza dell’altro, questo libro non sarebbe stato alla portata delle mie tasche.

 

Berthe Weill con l’amica Lucy Bollag (1882-1943), della Galleria Bollag di Zurigo, la prima galleria svizzera a trattare arte moderna (© Archives Berthe Weill - Archives Bollag Galleries, Zurich); Berthe Weill in un ritratto di Picasso, 1920 circa. Berthe Weill in un ritratto di Emilie Charmy


Chi era Berthe Weill?

Weill è stata in assoluto la prima gallerista donna di arte moderna al mondo, in un settore di esclusivo dominio maschile, al punto che, quando aprì la sua galleria, nel 1901, fu addirittura costretta a siglarne l'insegna, così come la carta intestata, i biglietti da visita e gli inviti, con l’acronimo puntato del suo nome proprio, seguito dal cognome, per celare la sua identità femminile.

Esther Berthe Weill nacque a Parigi il 20 novembre 1865 in una famiglia ebrea, molto numerosa ma di reddito modesto, per questo ancora giovanissima dovette andare a lavorare nella bottega di un lontano cugino, Salvator Mayer, mercante-artista, antiquario, appassionato e grande conoscitore di stampe del XVIII secolo, con negozio in rue Laffitte numero 5. Era questa strada allora deputata ad accogliere tutte le attività che avevano a che fare con l'arte. Fu lì che Berthe apprese il mestiere di mercante d’arte e lì si formò il suo gusto; al contempo fece pure conoscenza di collezionisti e di critici che le sarebbero serviti poi nella sua futura attività di gallerista. Nel 1897, alla morte del suo datore di lavoro e mentore, si mise in proprio, aprendo con uno dei suoi fratelli un piccolo negozio di antiquariato e di stampe d'arte al 25 di rue Victor Massé. In disaccordo sulla gestione degli affari, nel 1901 liquidò il fratello e trasformò il negozio in galleria d'arte dedicata ai giovani artisti esordienti. Sarà per merito di Pedro Mañach, un giovane industriale catalano che si occupava di promuovere la colonia di artisti spagnoli residenti a Montmartre che Berthe entrerà in contatto con Picasso, di cui venderà il primo quadro, diventando la sua gallerista di fiducia. Tenacia, impegno, intuito, sensibilità artistica e grande talento faranno di lei una delle principali attrici della nascita e dello sviluppo delle avanguardie artistiche del novecento, dal Fauvismo, al Cubismo e oltre.

 

Una strada di Parigi culla dell’arte

Per la sua galleria, destinata a scoprire i talenti dei giovani artisti, Berthe Weill aveva scelto una zona della città particolarmente vocata all’arte, la collina di Montmartre. Si trattava di una piccola stanza, situata al numero 25 di una delle strade più ‘artisticamente e culturalmente’ vive della Ville Lumière: rue Victor Massé (già rue de Laval).

Allo stesso civico 25, ma ad un piano differente, nel piccolo appartamento del fratello Theo, aveva infatti già abitato Vincent van Gogh, durante il suo secondo soggiorno parigino del 1886. E, mezzo secolo prima, al numero 21, vi aveva invece vissuto il più realista dei romantici, Louis-Théodore Géricault che, nel 1924, in quella casa, concluse i suoi giorni terreni, a seguito di due brutte cadute da cavallo che gli avevano irrimediabilmente leso la spina dorsale. In un palazzo al numero 9 poi, intorno al 1880, aveva eletto dimora anche Maurice Ravel e, sempre il 9, nel 1916 ospiterà il giornale Le Populaire de Paris il cui primo caporedattore fu nientemeno che il nipote di Karl Marx, Jean Longuet. Nel 1928, ancora al 9 si inaugurerà la sede della Sezione francese dell’Internazionale Operaia.

Durante il Secondo Impero, il numero 12 aveva invece ospitato un’attività più frivola, sebbene non meno importante sotto il profilo della sua influenza culturale: il famoso cabaret Le caveau du Chat Noir, luogo d’incontro di pittori e scrittori (fu prediletto da Paul Verlaine e da Marcel Proust, che vi ambientò addirittura un episodio della Recherche), sul cui palco si esibirono, tra gli altri, Paul Delmet, Erik Satie e Claude Debussy. Vi era inoltre annesso un teatro d’ombre che sarebbe stato di grande stimolo per le ricerche del postimpressionismo. Anche Pierre Bonnard aveva voluto aprire il suo atelier in rue Victor Massé, e lo aveva fatto al numero 18, mentre al numero 36, dal primo decennio del novecento fino agli anni sessanta, al Bal Tabarin-Restaurant Lajunie, si esibiranno Jacques Tati et Jean Weber. Persino Edgar Degas ebbe casa e studio, e per ben ventidue anni (dal 1890 al 1912), nello stabile sito al 37, di cui occupava addirittura tre piani.

Berthe Weill lascerà l’angusta galleria del 25 negli anni venti, per aprirne una più grande in rue Taitbout e quello spazio sarà convertito nel leggendario Cotton Club, un luogo d’intrattenimento ibrido, per metà epicerie e per metà bistrot, frequentato dall'intellighenzia parigina e prediletto da Simone de Beauvoir e da Edith Piaf. Dopo alterne vicende, dal 2015 il locale ha riacquistato un pochino della sua antica fama e del suo charme grazie alla gestione di Lynda Mohabeddine, unica donna, tra l'altro amante del jazz, a gestire un night a Pigalle.

 

Sopra: un invito alla Galleria B. Weill; la locandina d’invito alla mostra di Modigliani del 1917, unica mostra a lui dedicata quando Modì era ancora in vita. Fu chiusa il giorno stesso dell’inaugurazione dai gendarmi a causa dei dipinti di nudo in esposizione giudicati osceni. Sotto: la copertina dell’autobiografia di Berthe Weill, da lei pubblicata nel 1933, illustrata da Dufy, Pascin e Picasso. La copertina del libro sulla vita di Berthe Weill, pubblicato nel 2011; la lapide che la città d Parigi ha apposto al n. 25 di rue Victor Massé dove ha avuto sede la prima galleria B. Weill.


Una scopritrice di talenti

Nel vasto campo dell’arte moderna, Berthe aveva scelto di occuparsi degli artisti esordienti. Con il motto: "Place aux Jeunes", dava spazio ai giovani che avevano difficoltà a far conoscere le proprie opere, perché la logica del mercato faceva sì che ai galleristi convenisse (e ancora conviene) esporre le opere di quelli già affermati e soprattutto già quotati. E ha avuto ragione, il suo fiuto da talent scout non ha mai fallito un colpo. Anche se non è mai diventata ricca, come invece molti dei colleghi suoi contemporanei, più attenti alle questioni economiche, a lei si deve, ad esempio, la scoperta dei giovani allievi di Gustave Moreau, André Derain, Maurice de Vlaminck, Henri Matisse, di cui fu la prima ad esporre le opere all'inizio del 1902, in anticipo di ben tre anni sul loro “battesimo” Fauves al Salon d’Automne e dalla loro consacrazione a indiscussi mostri sacri dell'arte moderna.

Un’altra scelta coraggiosa di Berthe, fu quella di esporre, accanto alle tele e ai disegni degli uomini, le opere delle donne artiste, quali, ad esempio, quelle di Emilie Charmy (che le ha fatto un ritratto molto espressivo), Jacqueline Marval, Marie Laurencin, Suzanne Valadon.

Ma il suo colpo di genio è senza dubbio la “scoperta" di Picasso, del quale fu la prima ad esporre i lavori, nella mostra inaugurale della sua galleria.

 

Altro primato di Weil è stato quello di aver organizzato, il 3 dicembre 1917, la prima ed unica mostra di Amedeo Modigliani quando l’artista era ancora in vita. Purtroppo l’esposizione venne chiusa il giorno stesso dell’inaugurazione per intervento dei gendarmi, in quanto i nudi femminili esposti erano stati giudicati osceni. Tra questi c'erano anche Nu couché – sur le coté gauche – e Nudo rosso, che di lì a un secolo sarebbero stati battuti all’asta a cifre da capogiro. Nella fattispecie, Nu couché è stato venduto da Sotheby’s nel 2018 per la cifra record di 157,2 milioni di dollari. Ma il record mondiale di Modigliani era già stato stabilito nel 2015 a New York da Christie’s e proprio con Nudo rosso, aggiudicato a Liu Yiqian (un magnate cinese appassionato d’arte, fondatore a Shangai di due musei privati, il Long Museum Pudonfg e il Long Museum West Bund) per 170,4 milioni di dollari.  Ritornando alla chiusura della mostra di Modì del 1917, va però detto, e non a titolo di giustificazione, che Parigi non era nuova a simili censure: analoga sorte aveva infatti già interessato, solo pochi decenni prima, anche l’Olimpya di Edouard Manet (fatta oggetto di una vera e propria esecrazione mediatica) e persino le Demoiselles au bord de la Seine di Gustave Courbet avevano causato scandalo e furono osteggiate dalla critica al loro apparire al Salon del 1857.

 

Oltre agli artisti già citati, tra i big che hanno esposto nella galleria di Berthe Weill si annoverano: George Braque, Paul Cézanne, Marc Chagall, Raoul Dufy, Fernand Léger, Pierre-Albert Marquet, Jules Pascin, Odilon Redon, Diego Rivera; Maurice Utrillo (figlio di un’altra artista della galleria, Susanne Valadon), Felix Valloton, Kees Van Dongen. (Qui l'elenco completo degli artisti che hanno esposto alla B. Weill)

Tuttavia, sebbene, abbia lanciato artisti quali Picasso, Matisse e Modigliani, le cui opere avrebbero in seguito raggiunto quotazioni iperboliche, Weill non si è mai arricchita, anzi è rimasta povera, al punto che, nel 1943, gli artisti suoi amici, Picasso e Matisse in testa, dovettero organizzare addirittura una colletta per consentirle di vivere in modo decoroso, una volta chiusa la galleria.

Il pittore e critico d'arte André Warnod, attento osservatore della vita artistica parigina del suo tempo, così aveva scritto nel 1923:

 “Osservate anche il caso di una galleria come quella della signorina Berthe Weill. Quando si consulta la collezione dei cataloghi di tutte le esposizioni che ha organizzato nella sua galleria dapprima in rue Victor-Massé, quindi in rue Taitbout e infine in rue Laffitte, si resta stupefatti che lei non abbia alla sua porta una limousine grossa come una locomotiva. Tutti i pittori che oggi hanno un nome, tutti quelli che hanno giocato un ruolo nell'arte contemporanea sono stati da lei accolti al loro debutto nella carriera artistica, quando non erano sostenuti da alcuno. E ci sono tutti i più importanti.”

(Les berceaux de la jeune peinture, Paris, Albin Michel, 1923, p. 271-272)

 

César Abin, caricatura di Berthe Weill e dei suoi pittori: Marc Chagall, Maurice de Vlaminck, George Braque, Pablo Picasso e Fernand Léger, ©Archives Berthe Weill


2013-2019: una mostra, un convegno, un giardino, una lapide

Dopo decenni di oblio, interrotti nel 2011 dal libro di Marianne Le Morvan, finalmente anche Parigi, la sua città, ha reso omaggio a Berthe Weill, apponendo nel 2013 una lapide sulla parete dello stabile al numero 25 di rue Victor Massé (divenuto, nel frattempo, monumento storico), per celebrare la memoria della prima, gloriosa sede della sua galleria. Nel marzo di quest’anno le è stato invece dedicato il giardino adiacente al Museo Picasso, una piccola oasi verde, all’angolo fra rue de Thorigny e rue de la Perle.

Inoltre al convegno dedicato alle donne galleriste in programma dal 15 al 16 novembre 2019 al MAD, dal titolo Des marchandes d'art aux galeristes: les femmes dans le commerce de l'art du XIX au XXI siècle, la figura di Berthe Weill sarà nodale. Contemporaneamente, alla Grey Gallery, il museo annesso alla New York University, si terrà una retrospettiva, curata dalla stessa Marianne Le Morvan, incentrata sulla sua opera di mercante d’arte in cui verranno esposte moltissime delle opere che sono transitate dalla sua galleria, per il cui reperimento sono stati necessari anni di lavoro, trovandosi esse in musei e in collezioni private sparse un po' in tutto il mondo.

 

Soltanto Berthe Weill ha potuto permettersi di dire al giovane Modigliani, nel rifiutare le tele con cui si era inizialmente presentato alla sua galleria:

“Tornate quando sarete diventato pittore.”

E pittore, Modì, lo divenne di sicuro, e uno dei più eccelsi perfino. Se fu anche per merito della sua prima gallerista, che dietro le spesse lenti da miope ci vedeva assai meglio di altri, è piuttosto probabile.

 

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