stARTT, Il Fantasma del Nolli e Astrapae

4 Luglio 2014

Si può pensare un ambiente naturale, progettato dall’uomo e segnato dalla sua presenza, che non sia per questo modificato o trasfigurato da questa stessa presenza? È la domanda che sta dietro alla filosofia di stARTT, Studio di Architettura e Trasformazioni Territoriali, nato a Roma nel 2008 e di cui fanno parte Simone Capra (1978), Claudio Castaldo (1978), Francesco Colangeli (1982) e Dario Scaravelli (1981), vincitori della prima edizione del Premio YAP al MAXXI con il progetto whatami, di cui tutti ricordano le luminarie rosse a forma di papavero. Nel 2013 stARTT ha poi partecipato alla Biennale di Urbanistica e Architettura di Shenzen e Hong Kong. Un passo dopo l’altro quest’anno sono stati invitati alla quattordicesima edizione della Biennale di Architettura Veneziana, sia nella sezione Monditalia di Fundamentals, curata da Rem Koolhaas, che nella mostra Innesti, curata da Cino Zucchi, con due progetti distinti. Il primo, Il fantasma del Nolli, è dedicato a un luogo emblematico della storia romana e, in termini allargati, italiana; testimone delle trasformazioni del suo tessuto urbano, di quello sociale, e della gestione della crisi attuale. Il secondo, Astrapae, è la soluzione realizzata per il rifacimento di una cantina in Valdobbiadene. Identità, valore sociale e storia sembrano i cardini a partire dai quali stARTT ricerca soluzioni alternative ed eco-sostenibili, e pratica di un dialogo non solo visivo con i territori in cui agisce.

 

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stARTT Rome - San Giacomo Hospital the Ghost Block of Giambattista Nolli 14.Mostra Internazionale di Architettura, Fundamentals, la Biennale di Venezia 14th International Architecture Exhibition, Fundamentals, la Biennale di Venezia Photo By Francesco Galli Courtesy la Biennale di Venezia

 

Voi di stARTT avete fatto della relazione tra architettura e territorio uno dei vostri tratti caratteristici. In questo senso quello presentato per Monditalia è un progetto che non esibisce nuove architetture – realizzate o realizzabili – ma che parte da qualcosa di esistente, di molto antico, e dirotta la relazione tra architettura e territorio dal piano ambientale a quello sociale, storico e identitario, sintetizzato nell’espressione evocativa ed ermetica del titolo. Come nasce e che cos’è Il Fantasma del Nolli?

 

Il Fantasma del Nolli è un progetto pensato apposta per questa sezione della Biennale, dove siamo stati invitati da Rem Koolhaas, ed è un’installazione che traccia la storia del complesso dell’Ospedale San Giacomo in Augusta a Roma. Come hai visto, l’idea di Koolhaas è quella di raccontare l’Italia attraverso quaranta architetture rappresentative, scelte e osservate da altrettanti studi italiani e stranieri. Così abbiamo proposto il complesso dell’Ospedale San Giacomo in Augusta a Roma, che oggi è in stato di abbandono, ma è una delle tre strutture sanitarie più antiche di Roma ed era già stato catalogato nella mappa di Giambattista Nolli nel 1748 come spazio pubblico istituzionale.

Il nome Il Fantasma del Nolli ne sottolinea la radice storica e il carattere di città pubblica. Una presenza della nostra società radicata da secoli, di cui oggi rimane solo un blocco fantasma nella città.

 

Il San Giacomo quindi come architettura rappresentativa d’Italia. Di cosa più precisamente? Di una specifica vernacolare o di altro?

 

Il San Giacomo è stato fondato nel 1339, poi nel 2001 è stato inserito in un fondo di cartolarizzazione; quindi ristrutturato dal 2004 al 2008, prima di essere chiuso nello stesso 2008!

Per noi il processo di dismissione della struttura sanitaria, chiama in causa almeno tre temi fondamentali che l'Italia e i paesi europei sono costretti ad affrontare al tempo della grande crisi economica: il valore e il significato del patrimonio architettonico e storico delle amministrazioni pubbliche, il ruolo delle istituzioni del welfare e l’identità della città europea.

Dal 2001, anno della prima grande cartolarizzazione in Italia, è avvenuta una svolta significativa nella gestione delle risorse pubbliche.

 

Il patrimonio è stato inteso come strumento per risanare formalmente le casse dello stato, con il pensiero che fosse sufficiente mantenerne la veste architettonica attraverso il restauro senza salvaguardarne la funzione sociale.

All’interno della nostra installazione presentiamo la mappa delle dismissioni degli ultimi 15 anni a Roma, mettendo in evidenza il paradosso delle nostre istituzioni del welfare che, per rifinanziarsi, dismettono la rete stessa delle istituzioni del welfare distribuita sul territorio, alienando il suo patrimonio. Quello che proviamo a dire con il Fantasma del Nolli è che un patrimonio come il San Giacomo, considerato preziosissimo dal Rinascimento fino almeno al XIX secolo, può essere considerato come la risorsa fisica, luogo di rigenerazione, attraversamento e vita della società; per questo non può essere indifferente alle funzioni che ospita e alla proprietà che la detiene.

 

Infine c’è il tema dell’identità della città europea, che ha un suo specifico DNA che la contraddistingue dalle città degli altri continenti. Questa, dal 1000 in poi, ma con una grandissima accelerazione nel Novecento, si è sviluppata intorno alla relazione di prossimità tra grandi istituzioni per la vita associata – ospedali, università, luoghi di assemblea etc. – e il tessuto della residenza, del piccolo commercio e dei servizi. Da questo punto di vista la grande dismissione della rete delle istituzioni pubbliche sul territorio mette in dubbio la natura stessa della città europea.

Infine la nostra idea è quella di dare un contributo per riaprire il dibattito sul caso specifico del San Giacomo segnalandone la vocazione sanitaria, ma ripensandola anche in relazione ai grandi campus medici (spesso periferici) e alla centralissima collocazione del complesso stesso.

 

Dunque il San Giacomo è preso in esame nel suo valore storico, identitario e simbolico. Tra ricerca e installazione come avete sviluppato il progetto?

 

Il Fantasma del Nolli è pensato come una macchina scenica al centro delle colonne delle Corderie dell'Arsenale che le persone possono attraversare e con cui possono interagire. Ogni elemento dell’installazione è rappresentato in maniera metaforica. Il modello dell'Ospedale è sospeso sopra la mappa del Nolli, dissacrata in forma di tappeto (realizzato da Artexa); l’interno del modello riproduce la luce di una corsia d’ospedale nella quale si può ripercorrere attraverso foto, cartoline e documenti la storia del San Giacomo, dal lascito testamentario del Cardinal Salviati (XVI secolo), che ne stabiliva la destinazione pubblica vietandone qualsiasi forma di alienazione, fino alle ultime vicende. Insieme a questo materiale ci sono i temi di cui discutevamo prima in veste di cartoline, collage e contributi audiovisivi.

 

Chi ha contribuito alla ricostruzione storico-iconografica e quale orientamento ha avuto la vostra ricerca?

 

Per la parte storica abbiamo collaborato con la ricercatrice Francesca Romana Stabile, poi abbiamo coinvolto diversi professionisti, che in misura diversa si occupano o si sono occupati di welfare, economia, sanità e politiche sociali. Ad esempio Christian Marazzi, professore di scienze socio-economiche, ha contribuito a una riflessione sui rapporti tra patrimonio architettonico e istituzioni del welfare al tempo dell'economia finanziaria. Marco Geddes, medico – che ha traghettato l'antico ospedale del Santa Maria di Firenze verso una moderna struttura ospedaliera evitandone la chiusura –, si è occupato, per noi, degli ospedali storici d’Europa. Abbiamo anche integrato i contributi di chi ha attivamente partecipato ai movimenti in difesa del San Giacomo nel 2008, quando si tentò di evitarne la chiusura; Furio Colombo, Fabio Biferali, Claudio Strinati, e molti altri.

  

Il momento storico non è dei migliori e poter lavorare in Italia sembra un lusso per pochi. Il MAXXI dove voi siete stati i vincitori della prima edizione del Premio YAP ha da poco concluso una mostra Erasmus Effect dedicata ad architetti italiani che si sono affermati all’estero. Che vuol dire per uno studio giovane come il vostro (età media under 35), lavorare a Roma e in Italia, tra crowfunding, sponsor, imprese e istituzioni?

 

Sostanzialmente legare insieme comunicazione, tessuto istituzionale e imprenditoriale. Provare a costruire un’economia di impresa senza perdere il valore della riflessione intellettuale e del lavoro sulla forma che disegnare uno spazio ti obbliga, quindi rendere sostenibile l'approfondimento della ricerca artistica, ma dentro i tempi economici dello studio. Per Il Fantasma del Nolli abbiamo provato a prendere l’iniziativa e abbiamo realizzato un sito www.progettosangiacomo.org, dove comunicare il nostro lavoro nel periodo precedente alla Biennale e chiedere un sostegno economico attraverso la logica del crowdfunding anche a coloro che attraverseranno la Biennale.

 

Oltre che da Koolhaas, siete stati invitati, tra gli studi più giovani in una carrellata che dagli anni trenta arriva fino ai nostri giorni, da Cino Zucchi al Padiglione Italia dove partecipate con il progetto Astrapae (2012). Di che si tratta?

 

Astrapae è il progetto di ampliamento della cantina vinicola Angelo Bortolin Spumanti in Valdobbiadene, in un contesto ambientale vincolato dal MiBAC e patrimonio candidato all'Unesco. La sfida di Astrapae era proprio riuscire a confrontarsi con la caratteristiche geografiche e naturali del contesto, senza per questo rinunciare al disegno di un progetto contemporaneo. Per questo siamo stati inseriti in questa rassegna di architettura italiana che si chiama Innesti, e che riflette proprio sul tema della modernità nell’architettura italiana che si confronta sempre con territori antichi, dove la tabula rasa (questa sì novecentesca!) non esiste.

 

Architettura, arte e politica, sembra un trinomio, una chiamata sociale, che appartiene al secolo scorso. Ha ancora la sua attualità?

 

La relazione tra i riti della vita associata e le forme fisiche che la ospitano è un tema universale che ogni volta cambia quando cambiano le modalità di governo e del vivere insieme: e poi pensa per esempio all’affresco trecentesco del Buono e del Cattivo governo di Lorenzetti a Siena, non è un tema novecentesco, anzi è attualissimo, soprattutto ora che la crisi sta modificando la percezione delle nostre risorse e del funzionamento delle nostre città.

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