L’arraffalibri, il pirata e l’editore

22 Giugno 2015

L’arraffalibri, il pirata e l’editore stanno seduti allo stesso tavolo, e brindano alla salute. Non è l’incipit di una barzelletta per addetti ai lavori, ma una possibile descrizione figurata di certe dinamiche complesse dell’economia immateriale del libro, che la retorica legalista del discorso ufficiale sulla condivisione di contenuti digitali tra pari tende a occultare. Presto, però, la strana intesa tra personaggi in apparenza tanto diversi potrebbe diventare di dominio pubblico, banale e scontata quanto uno status o un tweet, grazie a BookGrabbr, web app lanciata nel maggio scorso al Book Expo America di Chicago. L’idea è che il lettore possa letteralmente “arraffare” (to grab) un libro digitale, a patto che lo faccia in pubblico, che cioè pubblicizzi sui social di aver conquistato il bottino. Quando condivide il libro che vuole accaparrarsi, peraltro, ciascuno rende disponibile quel contenuto digitale anche ai propri contatti e ai contatti dei suoi contatti, rendendo tutti quanti, su una curva esponenziale, potenziali “arraffoni”. Legalmente.

 

 

Ma perché un autore o un editore dovrebbero “dar via” così i loro libri? La risposta degli sviluppatori di BookGrabbr a questa FAQ è eloquente: «La maggior parte dei lettori continua a preferire il gusto del contatto fisico con il libro vero (materiale) rispetto all’eBook. Gli autori che sceglieranno di condividere il contenuto dei loro libri attraverso BookGrabbr potranno intercettare un mercato di lettori che altrimenti non sarebbe alla loro portata. A quel punto, l’autore sarà in grado di inviare notifiche, attraverso la piattaforma, a chi in quel momento sta leggendo il suo libro, per promuoverne la vendita di copie in formato tascabile o di pregio. E non stiamo parlando di semplici anteprime limitate o capitoli saggio, perché la piattaforma incoraggia autori ed editori a condividere interi libri: «È chiaro e semplice, più contenuti significa più lettori». Ecco dunque che il marketing del libro ripropone in forma di ricetta 2.0 il messaggio che i partigiani della condivisione aperta della conoscenza si affannano da tempo a sostenere: che i contenuti culturali abbiano libera circolazione nella forma immateriale che li rende beni non rivali e dal costo marginale irrilevante; oggetto di compravendita sul mercato siano invece gli oggetti materiali, nella fattispecie i libri di carta.

 

Si comincia anche a delineare con molta chiarezza un’ipotesi di convivenza funzionale tra libro materiale e libro digitale. Equilibrata e distante dagli scomposti entusiasmi in stile new economy per l’eBook, ma anche priva di ogni nostalgia reazionaria, cioè informata e consapevole dei reali comportamenti di lettura, che assumono stati ibridi transitando costantemente tra on line e off line. A dire il vero, la grande industria editoriale aveva capito da tempo che si possono fare buoni affari perfino con la pirateria. Dietro la facciata della lotta al “furto digitale”, infatti, chi ha fiuto per il business non può che vedere con molto interesse un bacino dai grandi numeri di utenti profilabili per orientamento di consumo. Per intenderci, se nel 2014 il mercato ufficiale del libro digitale in Italia si mantiene su un modesto 3,4% (AIE), il mercato nero riguarda all’incirca i tre quarti dei titoli disponibili (stima AIE), ed è ben florido in tutto il mondo (qui un’utile infografica). Per questo le agenzie di consulenza anti-pirateria offrono sì agli editori servizi automatizzati di segnalazione ai gestori dei siti, che permettono la rimozione dei contenuti illegali nell’arco di poche ore, ma il piatto più ghiotto che ammanniscono riguarda l’analisi dei dati di profilazione dei contenuti piratati. A dimostrazione, se ce ne fosse ancora bisogno, che pecunia non olet, e che nel mondo in cui viviamo il valore proviene dalla conoscenza, non dalla “roba”.

 

L’attesa rivoluzione dei servizi di accesso su abbonamento che avrebbe dovuto applicare il modello Spotify o Netflix al mondo della lettura non sta avvenendo, o in ogni caso tarda a maturare. Se la formula di Bookgrabbr dovesse affermarsi, sarebbe il segno di una specificità irriducibile del libro, che richiede soluzioni su misura.

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