Mons, l’arte al potere

16 Luglio 2014

Tutte le strade del centro di Mons portano alla Grand Place, dalla Grand Place iniziano tutte le strade del centro di Mons. Lì il gotico austero del Palazzo Municipale si stempera nel traffico umano che fa sosta davanti alle vetrine dei negozi, in uno dei tanti bar per un boccale di birra Leffe, tra i lunghi scaffali dei supermercati. Cambiano i protagonisti a seconda delle ore del giorno: mattino presto di impiegati, commercianti, mamme con figli da portare a scuola; verso le undici, studenti universitari, camerieri dei ristoranti, autisti dei camion trasporto merci; onnipresenti i capannelli di anziani fermi a discutere senza curarsi di occupare la larghezza di un marciapiede.

 

Si somigliano, nella bellezza e nei colori delle case antiche, le strade del centro di Mons: rue de la Clé, d’Havré, Neuve, du Miroir, des Clercs… Tranne una, rue de Nimy. Te la ritrovi a destra, in lieve discesa, guardando la facciata del Palazzo Municipale. Se decidi di imboccarla, ti accorgi, dopo una cinquantina di metri, che le voci della Grand Place si sono spente, lasciando spazio a una sensazione di isolamento.

 

Anche a Nimy incontri edifici d’epoca, alcuni notevoli. Nel primo tratto, poi, ci sono una trattoria italiana di una certa eleganza, un ottimo ristorante, due o tre negozi dedicati al giardino e alla casa, un paio di boutique.

 

 

Arrangamenti quotidiani

 

Subito dopo, però, incontri facce di gente che, non è difficile comprenderlo, si arrangia come può, e come può riempie il tempo di ogni giorno. La noti mentre cammina senza una meta precisa; seduta al tavolo di un bar modesto, lo sguardo fisso sullo schermo della tv o su un bicchiere di vino; all’uscita di un alimentari, poche cose dentro il sacchetto di plastica. Mons, novantamila abitanti, capoluogo della provincia di Hainaut, Vallonia francofona, Belgio, sarà Capitale Europea della Cultura 2015.

 

Identica investitura ha ottenuto Plzen, Repubblica Ceca. Il cammino verso l’appuntamento per la festa inaugurale del 24 gennaio lo scandisce una parola soltanto, Imaginez, Immaginate, esortativo stampato sulla copertina di un opuscolo diffuso pubblicamente e aggiornato con regolarità. Rue de Nimy appartiene a quell’Imaginez, è espressione concreta del progetto che ha visto Mons vincere in casa su Liegi e nel Vecchio Continente su un nutrito gruppo di concorrenti.

 

Forse nessuno immaginava (appunto) questo traguardo per la cittadina nel cuore del Borinage, terra dove migliaia di emigranti, italiani in testa, scendevano nei cunicoli delle miniere di carbone e a volte ne uscivano per finire di nuovo sepolti. In un cimitero. Successe a Marcinelle, 1956, i morti furono 262. Certo non poteva bastare a Mons la triplice dichiarazione di appartenenza al Patrimonio dell’Unesco.

 

Ciò che ha decretato la sua vittoria è riassunto in alcune significative frasi dell’introduzione all’opuscolo dei lavori in corso «Una città che gioca la carta della cultura, deve nutrirsi di un nuovo respiro economico e sociale.… Lavorare guardando alle proprie caratteristiche e alle differenze… Colmare i divari e avvicinare gli estremi… Coltivare la sua storia, il suo patrimonio, la sua modernità». Cultura sì, ma allargata a tutti e da tutti partecipata.

 

Cultura sì, ma insieme strumento che porti lavoro e impulso all’economia, renda possibili per le fasce più deboli migliori condizioni di vita, accresca il valore del concetto di comunità cittadina e regionale, infittisca il dialogo e gli scambi con l’Europa. Potrebbero sembrare retoriche dichiarazioni di intenti. E invece rue de Nimy dimostra il contrario.

 

Qui sta nascendo Le Kilomètre Culturel che, partendo dal vicinissimo BAM, Beux Arts Mons (Museo delle Belle Arti), comprenderà una serie di interventi sul Théâtre du Manège, pregevole commistione tra le architetture militari dell’ottocentesca Caserma Leopold e le strutture contemporanee ideate dal belga Pierre Hebbelinck. È in via di restauro il Mundaneum, immenso archivio nato a fine 800 da un’idea tanto folle quanto geniale di Paul Otlet e Henri La Fontaine, padri della Classificazione Decimale Universale: radunare lo scibile umano in forma di libri, giornali, manifesti, lettere, documenti, per dar vita a un Repertorio Bibliografico Universale.

 

Nell’era di Internet il Mundaneum si è guadagnato il titolo di Google su carta. E proprio Google, seguito a ruota da Microsoft, ha aperto sette anni fa una sede nelle immediate vicinanze di Mons, 340 milioni di dollari l’investimento. Il tratto finale di Nimy è occupato dal cantiere dell’Arsonic, propulsore della musica contemporanea dentro l’ex caserma dei vigili del fuoco. Concerti, studi di registrazione, fonoteca. «Colmare i divari e avvicinare gli estremi ». Al 106 della rue ha sede la Fondazione Mons 2015. Di fronte, forse non a caso, sta sorgendo un complesso di 106 appartamenti destinati a quella gente sperduta di cui si raccontava prima.

 

 

Coltivare il partimonio

 

Dal cemento, dal ferro, dal vetro e dall’acciaio di altri cantieri prenderanno corpo il Centre de Design e quello de Congrès. La nuova stazione ferroviaria verrà terminata nel 2017. Porta la firma di Santiago Calatrava, già autore di identica operazione a Liegi. L’imponenza dell’opera lascia vagamente perplessi rispetto alle misure topografiche di Mons. È risorto dalle ceneri dell’abbandono e dalla sua dozzinale trasformazione in bowling, lo storico cinema Alhambra, oggi tempio della scena musicale indipendente e colorato dall’Art Street di Bonom, pseudonimo di Vincent Glowinky. Nei suoi spazi suonerà il pentagramma  alternativo di Mons 2015. «Coltivare la storia, il patrimonio, la modernità».

 

La cura e l’espansione del sistema museale sono terreno fertile. Ed ecco, allora, la metamorfosi della Cappella del convento delle Orsoline destinata a sede dell’Artothèque, con il compito di preservare, restaurare, studiare i tesori del patrimonio cittadino e territoriale. La Machine à Eau, edificio del Diciannovesimo secolo da cui partiva la distribuzione dell’acqua potabile, accoglierà il Memorial Museum e racconterà di Mons drammatica protagonista della Prima e Seconda guerra mondiale tra verità dei fatti e leggende di angeli. Quanto al Monte di Pietà, il suo triste ruolo verrà rimpiazzato dal Museo del Doudou. Spiegare cosa sia il Doudou (niente a che vedere con il quadrupede della signora Pascale/Berlusconi) richiederebbe molte righe.

 

Sappiate, brevemente, che la festa, sette giorni a fine maggio/inizio giugno, delirio collettivo, negozi chiusi, birra a cascate, ha il suo culmine nel lungo combattimento tra San Giorgio e il Drago, sulla Grand Place. Non si confrontano Bene versus Male, ma Ordine contro Disordine. Differenza storica e politica di qualche conto. L’investimento culturale, cifre dal dossier Monitoring 2014, ammonta a circa 70 milioni di euro, destinati a eventi, grandi mostre, strutture create appositamente, tecnologie e mezzi informatici, impiego di forza lavoro a tempo determinato e indeterminato nei vari settori. Li hanno finanziati la Federazione Vallonia-Bruxelles, la Provincia di Hainaut, Mons, l’Ue, gli sponsor istituzionali e i partner privati. Conti alla luce di un sole che, in questo caso, scaccia le nuvole e la pioggia dal cielo del Belgio.

 

Il calendario fitto impone di scegliere. Ad esempio la mostra Van Gogh et le Borinage. Naissance d’un artiste. Fu in una casa spersa in mezzo alle campagne di Mons che il pittore trascorse due anni cruciali della sua breve vita, dal 1878 al 1880, abbandonando i panni religiosi di pastore evangelico per impugnare tavolozza e pennelli. ‘Hollywood au pied du terril’ ricorda il 27 settembre 1955, quando il regista Vincente Minnelli girò nel Borinage alcune sequenze del film La vie passionnée de Vincent Van Gogh, protagonista Kirk Douglas. ‘Verlaine, cellule n° 252. Turbulences poetiques’, ricostruisce il periodo, 1873/1875, passato da Verlaine nel carcere di Mons a seguito della condanna per il tentato omicidio di Arthur Rimbaud. Tra le pareti della cella 252, Paul scrisse alcuni dei suoi capolavori.

 

Atopolis, narra di migrazioni e intrecci culturali con altri mondi, in cui l’arte si assume il compito di lottare contro la globalizzazione dei linguaggi espressivi. Artistes Complices vedrà schierato in prima linea Jean Paul Lespagnard, stilista e designer belga lontano da snobbismi, con a fianco l’autore teatrale canadese (anche se il nome denuncia radici diverse) Wajdi Mouawad e il coreografo e direttore del Ballet National de Marseille Frédéric Flamand.

 

Cosa combinerà il terzetto capitanato da Lespagnard? Si prenderà cura della festa di inaugurazione, animerà gli atelier di sartoria aperti al pubblico, dirigerà la Semaine de Folie dedicata alla modaiola Milano. ‘Art en ville’ e ‘REVEillez la rue’ (rêve significa sogno, rêveillez risvegliate) cambieranno provvisoriamente la faccia della città: un campo di girasoli sulla Grand Place, un enorme dipinto di Van Gogh all’angolo di una strada, installazioni provocatorie dietro l’angolo, il colore contrapposto al grigio severo dei monumenti religiosi… Accanto alle opere firmate da artisti di professione, quelle di

cittadini di ogni età.

 

 

Mappature sentimentali

 

Alla voce La Littérature, una striscia di parole lunga 365 giorni e dieci chilometri si stenderà sui marciapiedi e sui muri di Mons. La comporranno frasi di scrittori locali, cominciando dal surrealista Fernand Dumont, cui si uniranno scrittori dell’Hainaut, del Belgio e del resto del mondo. Dialetti, lingue, sentimenti diversi, da leggere camminando, fermandosi, tornando sui propri passi. La guinguette, locale analogo alle nostre balere di paese, si trasformerà a Mons in ‘Guinguette litteraire’ tra il verde della Maison Losseau: libri e incontri da aprile a settembre. Altro ancora, e molto accadrà in tema.

 

Ma il mondo virtuale, il mondo dei giovani, chiede spazio. Lo troverà, ad esempio, nei Cafés Europa, versione 2.0 dei caffè tradizionali. dove la Rete unirà i clienti locali e i clienti delle città partner (Sarajevo, San Sebastian, Roma, Parigi, tra le altre). Confronti, scambi di esperienze, laboratori interattivi sugli schermi e in tempo reale; bevande e cibi del territorio per aggiungere sapore al dialogo.

 

Mons Street reWiev rivisiterà la Street View creata da Google, offrendo la possibilità di inserirenel panorama urbano tutto ciò che può scaturire dalla creatività e dalla fantasia. Un corso preliminare fornirà ai partecipanti i fondamentali della cartografia digitale e delle riprese video a 360 gradi. Post produzione sotto la guida di Tecnocité. Meno surreali, ma comunque virtuali, i viaggi di Ailleurs en folie. Gli ailleurs, gli altrove, si chiamano Lille, Milano, Pilsen, Glasgow, Pechino e Montreal.

 

La loro scoperta avverrà immergendosi negli spazi dedicati alle nuove tendenze, all’arte, al design, alla moda, alla gastronomia. Con Le Grand 8 e Mons on tour la Capitale Europea diventerà regione. Le Grand 8, vale a dire otto territori con otto settimane di eventi, otto itinerari e otto giganteschi banchetti in piazza. Ciascun territorio sceglierà liberamente il proprio tema conduttore. Charleroi, Seneffe, La Louvière, Hornu, Tournai, ma anche Bruxelles, Parigi, Marsiglia, comporranno il mosaico di Mons on tour: tre riaperture di musei, teatro, danza, concerti, cinema, fotografia, sedici mostre che in parte proseguiranno nel 2016.

 

Ancora dall’introduzione all’opuscolo Imaginez: «Quando il 2015 sarà alle nostre spalle, vogliamo essere fieri di aver osato sognare alto, sognato in grande, e di essere riusciti a rendere questo sogno possibile». A novecento chilometri di distanza, il

2015 sarà anche l’anno dell’Expo di Milano. Difficile credere fin d’ora che, a kermesse conclusa,

qualcuno troverà il coraggio di mettere nero su bianco analoghe parole.

 

Questo testo è apparso precedentemente su Alias de Il manifesto

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