Scenario di incertezze e spaesamento

12 Dicembre 2013

Quali sono le tendenze del teatro contemporaneo under 35? E quali i temi più urgenti per chi si affaccia alle prime esperienze autoriali? Esistono linguaggi di sperimentazione condivisi tra le giovani compagnie?

 

A queste domande cerca di rispondere l’Associazione Scenario, con un accurato lavoro di ricognizione su tutto il territorio italiano che si articola in un intero biennio: per la XIV edizione del premio nove commissioni nazionali hanno lavorato in parallelo fino alla tappa dello scorso luglio a Santarcangelo dei Teatri, dove gli undici progetti selezionati hanno affrontato la sfida finale.

 

È stato il Teatro Franco Parenti di Milano a ospitare in prima nazionale i quattro spettacoli vincitori  (Premio Scenario; Scenario per Ustica e due segnalazioni speciali); l’appuntamento – inserito in un cartellone quest’anno particolarmente attento alle nuove drammaturgie – ha offerto alle compagnie l’opportunità di presentare una versione completa del lavoro davanti a un pubblico di operatori e specialisti. Chi segue gli appuntamenti di Scenario sa che molto può cambiare tra la prima elaborazione dei progetti (della durata di 20 minuti) e lo sviluppo dello spettacolo: al debutto non mancano mai promesse mancate e piacevoli sorprese. Tra le proposte – specialmente per quegli spettatori che hanno il coraggio di affrontare in un solo giorno l’intera kermesse – si instaura sempre un dialogo all’insegna delle isotopie stilistiche e tematiche.

 

I fili e i rimandi interni di questa edizione sono apparsi con particolare evidenza. A emergere sono inquietanti fotografie generazionali, che parlano di condizioni lavorative ed esistenziali alla deriva, di costanti incertezze, del traballare dei punti di riferimento, dell’incapacità di interpretare la realtà da parte di chi la vive. Sono fotografie scattate da vicino, con una messa a fuoco sulle realtà regionali: ben tre spettacoli scelgono un’ambientazione territoriale fortemente caratterizzante, che segna il linguaggio, le atmosfere, le vite raccontate.

 

Ph. Marta Dalla Via

 

Per i fratelli Dalla Via, autori e interpreti di Mio figlio era come un padre per me, vincitore del Premio Scenario, è Vicenza la gabbia da cui fuggire. Un Veneto immobilizzato e desolante che abbiamo imparato a conoscere grazie ad alcuni dei gruppi più interessanti degli ultimi anni (a partire proprio da quei Babilonia Teatri che Scenario premiò nel 2007), un Veneto di spritz che danno “un’immotivata fiducia nel futuro”, di polenta istantanea, di imprenditori falliti, di donne ossessionate dall’aspetto fisico.

 

Quali sono le risposte possibili a tutto questo? Marta e Diego passano il tempo immobili a mangiare cioccolatini, a fare i conti con le macerie lasciate dai genitori, a immaginare un suicidio al quale non arriveranno mai. Unico rifugio dalle storture del mondo è il linguaggio: un botta e risposta crudo, cinico, diretto, surreale, a tratti folgorante, con il quale (ben più che con le scarne e talvolta irrisolte soluzioni sceniche) conquistano il pubblico.

 

E se il premio va a nord-est, il sud Italia emerge come protagonista in due energiche proposte che hanno non pochi elementi in comune; primo tra tutti – questione non irrilevante in tempi di budget all’osso e di compagnie striminzite – il coraggio di mettere in scena un gruppo numeroso, che fa della coralità il proprio punto di forza.

 

Ph. Flavio Boretti

 

La compagnia nO (Dance First. Think later) con Trenofermo a-Katzelmacher dipinge un paese qualunque del sud attraverso un’immagine di raggelante universalità: la voce metallica di un annunciatore ferroviario, un tavolo di plastica di un bar, un frigorifero della Sammontana e nove vite a riempire i pomeriggi, nell’attesa di qualche cosa che non accadrà. Neanche l’arrivo di uno straniero – quel Katzelmacher di fassbinderiana memoria – sarà in grado di innescare fino in fondo il cambiamento: il gruppo resterà compatto, impermeabile, incapace di riscattarsi.

 

Nella magmatiche due ore – da cui qualcosa senz’altro potrebbe essere limato e tagliato –  i bravissimi interpreti utilizzano un’originale babele di accenti regionali e di linguaggi (dal musical alla Roberta Torre fino al teatro danza) per raccontare un universo asfittico, immobile, inconsapevolmente grottesco.
Non meno pungente e amaro è il ritratto della Basilicata presentato dal Collettivo InternoEnki (a loro va il Premio dedicato a Ustica): una regione che si è lasciata sventrare dalle trivellazioni per il petrolio e che ha metaforicamente ucciso i suoi figli consegnando loro una terra contaminata. Ed ecco perché nel titolo dello spettacolo (M.E.D.E.A Big Oil) risuona il nome della matricida per antonomasia; e il Giasone traditore è qui la compagnia Eni che ha promesso un futuro scintillante per poi lasciare in eredità allarmanti percentuali sull’incremento delle patologie tumorali.

 

M.E.D.E.A. Big Oil - Ph. Tomaso Mario Bolis

 

Ossessivo, sul palco, il richiamo alla salsa di pomodoro, frutto per eccellenza di un processo agricolo ormai avvelenato, di un’alimentazione che si fa strumento di morte. La denuncia di Collettivo InternoEnki – esito di un lungo lavoro di inchiesta sul territorio – è un maremagnum vitale e debordante, che avrebbe bisogno di ordine e sintesi per ottenere maggiore efficacia, ma che non lascia indifferenti. Non è più sufficiente proporre sperimentazioni formali e innovazioni stilistiche, sembrano dirci le giovani compagnie di Scenario: il presente va indagato e rappresentato, se non è possibile comprenderlo.

 

Guarda invece al passato e all’importanza della memoria il quarto spettacolo: W (Prova di resistenza) racconta la coraggiosa impresa dei cittadini di Parma, che nel 1922 si oppongono all’assalto fascista. Beatrice Baruffini immagina una narrazione agita solo da mattoni, che come i protagonisti di quegli eventi devono sottoporre a un test la loro solidità; la scelta è originale e non mancano momenti suggestivi, ma il racconto è del tutto privo di ritmo, la modalità di interazione con gli oggetti resta invariata per tutta la durata della performance, e la proposta non arriva a incidere come ci si aspetterebbe da una voce della “Generazione Scenario”. Una generazione che si aggira tra le macerie della crisi senza soluzioni da offrire o tesi da dimostrare, ma con un’urgenza sincera di rappresentare le contraddizioni e lo spaesamento dell’oggi.

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