Speciale

Una modesta proposta

28 Agosto 2012

Come gli utilizzatori finali delle nostre città sapranno, il 27 luglio del 2012 il Consiglio di Stato ha finalmente sospeso la delibera del Comune di Milano che istituiva AreaC, il provvedimento di congestion charge (quale congestione?) che nelle sciagurate intenzioni dell'amministrazione avrebbe messo il capoluogo lombardo sulla stessa lunghezza d'onda di sopite città europee come Stoccolma e Londra.

 

 

La preziosa abitudine compulsiva all'uso dell'automobile dei milanesi e la creatività di un piccolo trasporto tortuosamente ottimizzato è stata per sei lunghissimi mesi discriminata con un provvedimento reazionario e coercitivo, deturpando il tradizionale volto di parcheggio-autosalone che il mondo invidia al capoluogo lombardo con un colpevole aumento del mesto traffico di due ruote a pedali. La cittadinanza, fino a quel momento compatta nel perseguire l'uso dell'automobile, si è tragicamente spaccata. Noi delle macchine in direzione di un qualsiasi futuro, gli altri verso un pericoloso nulla. Nonostante la qualità dell'aria milanese si sia pericolosamente avvicinata a quella di una stolida stazione climatica in bassa stagione, il provvedimento nacque fortunatamente senza un preciso programma di ampliamento, offrendo così il fianco alla rivincita.

 

La sospensione è purtroppo temporanea – già si parla di una nuova ed imminente chiusura al traffico, ancorché precaria, dell'area in questione - ma si è marcato un punto importante contro una reale politica di mobilità sostenibile (risibile ossimoro). Che importa se ai primi assalti si sono persi i ricorsi al TAR, se le coraggiose raccolte di firme nelle retrovie non hanno raggiunto il numero necessario! La vittoria di questa importante battaglia ancora scotta al nemico. Com'è noto, il poderoso bastione su cui si è infranta la presunzione ambientalista è un celebre ostello per automobili, giustamente preoccupato per il perseguimento della propria missione e subito vessato per aver fermato un provvedimento di “pubblica utilità”. Nessuno, se non superficialmente, si è messo nei panni della Società a Responsabilità Limitata che regge il grande garage. Opinionisti di area sovversiva vorrebbero ironizzare proprio sulla limitata responsabilità nei confronti del cosiddetto bene pubblico di una legittima rivendicazione.

 

Il garage in questione ricovera le provate automobili dei milanesi più coraggiosi, vale a dire gli esploratori del centro città vessato dal provvedimento; le rifocilla in attesa di essere di nuovo mestamente imbottigliate in un traffico senza senso, creato da tutte le flemmatiche biciclette che ostruiscono il trionfale passaggio del mezzo principe del modernismo, vivente di velocità. Fino alla sospensione, AreaC ha lasciato deserta la gran parte dei severi spazi dell'autosilo, in grado di ospitare perfino i mezzi di più generose dimensioni.

 

C'è chi, scossa la testa all'ostinazione nel perseguire l'ideale dell'automobile, ha vilmente proposto che in alternativa il garage diventi – non sia mai! – un centro di accoglienza proprio per il nemico giurato dell'auto, cigolante appendice di presuntuosi e sudati paladini del nuovo ordine dipinto di un verde slavato: la bicicletta.

 

Invece del parcheggio per auto ci sarebbe bisogno, dice l'anonima e perciò deprecabile proposta, di una ciclostazione – orrendo neologismo! - dove impedire il furto delle biciclette, provvedere ad improvvide riparazioni, vendere  accessori e addirittura biciclette su larga scala, rifocillare il ciclista con strutture accoglienti, proponendo, con chiara matrice intellettualistica, una biblioteca dedicata e, più prosaicamente, un bar: insomma, visto l'andazzo ecologista, riconvertire l'amata struttura oil-dependant in nome di una non meglio precisata e soprattutto poco produttiva avventura imprenditoriale eco-friendly. Si è insinuato di estendere a tutto il paese questa torrida metamorfosi, trasformando ovunque i parcheggi auto in hôtel promotori le fin troppo silenziose due ruote. Si è parlato di sottrarre suolo pubblico alle auto per aprire nuove e sempre più ingombranti piste ciclabili! Cambiare idea, natura, tradizioni, in ragione di tali ingannevoli prospettive! Offrire servizi, fare impresa, puntando al pubblico dei ciclisti! Mai! Che costoro siano lasciati alle brame dei soli negozi di biciclette, e chi se ne importa se in centro non ce n'è, o quasi.

Che vaghino, trascinando le sottili ruote giustamente offese dal fondo stradale sconnesso! Nessuno con un po' di sale in zucca scommetterebbe mai sul successo di un progetto del genere. In tempi difficili è la creatività a dover essere applicata per ribaltare la tirannia della congiuntura, dicono i detrattori dell'uso indiscriminato dell'auto.

 

Mobilitiamo invece la stessa creatività per rompere i vincoli del nuovo perbenismo ambientalista, ribattiamo noi. Avanziamo qui una modesta proposta: accogliamo sì i ciclisti nei parcheggi auto, ma per riabilitarli all'uso dell'automobile. Con la partnership dei costruttori, a loro volta in trincea per la sfavorevole congiuntura, dopo aver attirato le biciclette con la promessa di un ambìto parcheggio sicuro, si lusingheranno gli affannati pedalatori con profumati interni in pelle, impavidi navigatori, carrozzerie splendenti, teorie di facondi altoparlanti, sapiente elettronica, assistenza vita natural durante, perfino l'augmented reality (presto anche sulle utilitarie di lusso)!

 

Tutto, per risvegliare in loro la certamente rimpianta dipendenza dal più geniale dei dispositivi culturali e soprattutto estetici: l'automobile. Un mezzo che estende per sempre il corpo donando personalità e forme perfette, senza bisogno di fitness o chirurgie. Vedrete, li convinceremo.

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