Televisione: intervista a Andy Warhol

23 Ottobre 2013

Pubblichiamo in occasione dell'innaugurazione giovedì 24 ottobre della mostra Warhol. Dalla collezione di Peter Brant presso Palazzo Reale a Milano e della mostra Andy Warhol. Una storia americana innaugurata il 12 ottobre a Pisa, un estratto da Riga Andy Warhol a cura di Elio Grazioli

 

 


 

Che cosa le piace particolarmente del fatto di avere una serie televisiva tutta sua?

Ebbene, abbiamo la nostra serie televisiva e ce la produciamo da noi.

 

Come descriverebbe la differenza tra la video arte e il suo lavoro televisivo?

La video arte? La video arte è migliore, perché puoi fare quello che vuoi quando vuoi.

 

Che rapporto c’è tra i programmi della sua serie televisiva e il giornalismo scritto di “Interview”?

Cerchiamo di fare la nostra serie televisiva come facciamo la nostra rivista.

 

Che rapporto ha con gli altri programmi di MTV?

Il fatto di essere trasmessa.

 

Che cosa si aspetta di più dalla sua trasmissione?

Di farla esistere.

 

Come definirebbe la televisione?

O, è semplicemente della stampa mobile.

 

Che cosa potremo vedere?

Dei designer, degli attori, dei volti nuovi.

 

In che cosa differisce il lavoro video dal cinema?

Con il video si può girare senza aver bisogno di aspettare che il film sia trattato. Penso che sia diverso. Noi utilizziamo il video da molto tempo, da diversi anni. Credo che abbiamo avuto una delle prime videocamere, e dunque ci lavoriamo da molto. Era una portapack. Filmavamo qualsiasi cosa, tutto quello che capitava, qualcuno che si faceva tagliare i capelli, cose del genere.

 

La vostra serie televisiva su MTV è fatta con questa tecnica?

Quello che facciamo adesso è ancora meglio. Avrà veramente un look MTV. Di fatto avevamo una trasmissione già da tre anni, sul Madison Square Garden Network. Abbiamo dunque fatto questa cosa. Intervistavamo tre o quattro persone ogni volta. Ora ne facciamo molte di più.

 

Com’era fare della televisione nel 1979, mentre la programmazione cable era ancora agli inizi?

Il colore è diventato più facile. Non costa molto fare del colore e la qualità è diventata migliore. Quello che costa sono gli effetti speciali e per farli devi andare in uno studio.

 

Quali sono gli aspetti della nuova tecnologia video che le piacciono particolarmente?

Veramente non so. È difficile da dire. Quando posso, lavoro con il nuovo Commodore. È una videocamera fantastica con cui si possono fare un sacco di cose: della musica, disegnare, diversi affetti speciali...

 

 

Il video l’ha conquistata al punto da allontanarla per sempre dal cinema?

In questa serie televisiva cercheremo di utilizzare dei film girati in 16 mm, di mettere tutto insieme.

 

Avrebbe preferito averla allora una serie televisiva, quando faceva i film?

Con la cinepresa facevamo già una sorta di serie televisiva, facevamo semplicemente andare la cinepresa ed era come la nostra trasmissione Nothing Special, dove si limita a puntarla fuori dalla finestra. La gente guarda qualsiasi cosa. Per esempio, guardano la porta, e il portiere che la apre... Guarda tutto. Come a Atlantic City, dove c’è una cinepresa su ogni tavolo.

 

C’è stata una serie televisiva particolare che ha attirato la sua attenzione negli anni sessanta?

No, eravamo troppo occupati per guardare la televisione.

 

E oggi?

Mi piace svegliarmi in piena notte e trovarla accesa. Non importa quello che trasmette, quello che mi piace è che sia accesa. Mi piacciono molto i vecchi film alla televisione. Mi piace la CNN perché in quindici minuti, se vi perdete qualsiasi informazione, nel giro di un’ora la ritrovate. Si ripetono in continuazione.

 

La sua serie televisiva si intitola Andy Warhol’s Fifteen Minutes (I quindici minuti di Andy Warhol).

Avevamo bisogno di un titolo. Nothing Special (Niente di speciale) è stato ritenuto troppo negativo, allora ci siamo detti che quest’altro sembrava più positivo.

 

Ultimamente avete lavorato soprattutto dietro la cinepresa. Che effetto le fa essere passato dall’altra parte?

Non sto molto davanti alla videocamera, solo un momento. Faccio un’introduzione di un minuto. Farò anche una breve apparizione in Love Boat. Sono stati molto gentili con me: io comincio una frase e qualcun altro la finisce al mio posto. Dunque non  è difficile. E poiché ho un’aria spaventosa, non voglio guardarla. La cosa migliore era l’“atmosfera”. Chiamano così le comparse. E ce n’erano molte.
 

 

Nel corso degli anni Cinquanta lei presentava il bollettino meteo del mattino alla televisione... Com’era?

Si vedeva solo una mano.

 

Intervista del 1979, riprodotta in “Art Press”, n. 190, febbraio 1995. Traduzione di Elio Grazioli.

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