Furukawa Hideo. Belka

28 Novembre 2013

Kiska è un’isola dell’arcipelago della Aleutine, estremo nord del pianeta, là dove le correnti calde dell’Oceano Pacifico si mescolano con quelle gelide del Mare di Bering. L’isola – rocciosa e inospitale – appartiene agli Stati Uniti, ma, nel 1942 insieme alla vicina Attu, viene  per alcuni mesi occupata dall’esercito giapponese. Quando gli americani ne riprendono possesso, a Kiska ci sono soltanto quattro cani, tre pastori tedeschi e un hokkaido. I giapponesi se ne sono andati, rapidamente e furtivamente, approfittando della nebbia permanente che li ha resi invisibili.

 

I cani non sono però cani qualunque. Sono veterani di guerra, esperti di situazione limite. Uno di loro, la femmina Explosion, apparteneva già all’esercito americano, gli altri invece sono stati al servizio dei giapponesi, ma non faticano a cambiare rapidamente padrone. Solo il fedelissimo Katsu oppone resistenza e, quando i militari statunitensi gli si avvicinano, reagisce con violenza, cadendo sotto i colpi delle armi da fuoco. Nei giorni successivi, due dei superstiti si accoppiano e nascono cinque cuccioli. Da quegli otto cani, da quel tempo zero, discenderà una casta di cani nobili, di eroi guerrieri, inesorabili e fedeli, dotati di straordinarie capacità sensoriali, capaci di immolarsi per eseguire il loro dovere, la cui storia viene raccontata dal romanziere giapponese Furukawa Hideo in Belka (Sellerio, Traduzione di Gianluca Coci).

 

Si tratta di una genia di cani dai comuni progenitori, che di volta in volta si trovano al servizio di volontà diverse, partecipando agli eventi cruciali della storia del secolo passato, dalla guerra di Corea a quella del Vietnam e dell’Afghanistan, oppure diventando i fedeli collaboratori di potentissimi narcotrafficanti o di mafiosi, o compiendo imprese memorabili, come il primo viaggio nello spazio o l’attraversamento in barca dell’Oceano Pacifico.

 

  

 

L’operazione effettuata da Hideo  – narrativamente molto efficace – si fonda sul meccanismo del disvelamento. La lettura ci presenta volti del mondo che ignoravamo, ridà voce ad episodi dispersi, ricostruisce scenari e presupposti di avvenimenti che pensavamo di conoscere secondo altre prospettive. E’ l’idea che dietro alla pellicola dei fatti ufficiali ne scorra un’altra, i cui protagonisti sono i cani. L’autore, a questo livello, si affida ai dati di fatto. I cani sono diventati strumenti di guerra dalla fine dell’Ottocento, quando i tedeschi ne sperimentarono per primi le capacità di combattere.

 

Il loro debutto ufficiale sui campi di battaglia avviene però con la Grande Guerra, anche se è durante il secondo conflitto mondiali che tutte le maggiori potenze hanno cominciato ad avere reparti cinofili sempre più preparati. Americani, russi, giapponesi si sono sfidati ibridando razze,  selezionando gli esemplari più adatti, moltiplicando le specializzazioni, creando squadroni d’assalto. Un’abitudine che nella seconda metà del secolo, in piena guerra fredda, ha determinato la svolta di Laika, la cagnolina lanciata nello spazio da i sovietici nel 1957.

 

Ma c’è un altro piano su cui si muove Hideo. La sua prospettiva più profonda non è infatti storica, ma mitica. La sua è una narrazione sull’origine degli eroi canini e sulla loro irruzione nella vita degli umani. L’atmosfera del romanzo si nutre di sacro, di numinoso. In tal senso si deve leggere l’altra storia che, sovrapponendosi a quella degli eroi animali, percorre le pagine del libro. E’ la storia della coppia umana – il vecchio russo dai tratti misteriosi e la ragazzina giapponese figlia di un boss della yakuza. Anche in questo caso Hideo impone una doppia strategia di lettura. Se da un lato quella che ci racconta è la vicenda del rapimento della figlia di un boss messa in atto da gruppi criminali rivali, dall’altro quanto appare evidente è che, in realtà, ci sta parlando di come i due sacerdoti del culto degli eroi canini si siano trovati ( o ritrovati) nelle complicate geometrie di un ex prigione sovietica – la città della morte - dispersa nella tundra siberiana.

 

L’agnizione si sviluppa a due livelli. L’antico maestro, con un passato nei servizi segreti, l’uomo di Belka, il più grande degli eroi canini riconosce nell’insopportabile ragazzina giapponese la presenza del dono che lui stesso possiede, ovvero di essere cane tra i cani, stabilendo arcane sintonie tra mondi. E lei, la dodicenne viziatissima e in conflitto col mondo, sperimenta una metamorfosi mentale (verrebbe da dire epistemica) che equivale ad un riconoscimento, al ritorno ad una condizione rimasta fino a quel momento latente.

 

Hideo narra sovrapponendo la grande storia e la storia privata. Lo fa costruendo un’architettura densa di richiami, affollata di segrete e distanti relazioni, mescolando identità e muovendosi sull’intera superficie terrestre.  Ne deriva una storia totale, che ha in sé qualcosa di fondativo.

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