Scintille di delirio per il Sud

18 Febbraio 2014

Non amo i libri che parlano del Sud per grandi astrazioni. I libri sulla questione meridionale hanno molto spesso questo difetto, libri che parlano del Sud raccontato in altri libri, i quali prendono le mosse da altri libri sul Sud e così via.

 

Il libro di Vito Teti, Maledetto Sud (Einaudi), pur essendo un libro che propone un’analisi generale del Sud, riesce ad avere un bell’equilibrio tra la riflessione generale e i casi particolari. Teti vive e lavora in Calabria e ha scritto un libro che unisce l’infiammazione della residenza e la distanza di un professore colto e attento.
Forse un libro come questo si sarebbe potuto chiamare anche Maledetta Calabria. In Italia, prima ancora che un problema meridionale, esiste un problema calabrese. Reggio Calabria è molto lontana da Lecce. E Vibo Valentia non è come Matera. Al Nord dell’Italia c’è un’idea standard del Sud ed è un’idea che ha influenzato enormemente la percezione di se stessi dei meridionali. Teti ovviamente si lamenta di questa situazione, ma si lamenta anche dello stereotipo di segno opposto, quello che parla di un Sud ricco e glorioso, vittima delle angherie dello Stato piemontese.

 

 

Il suo libro è utilissimo, anche perché il professore non procede per slogan giornalistici ma argomenta con rigore le sue affermazioni. Allora questo libro confligge con chi esalta troppo il Sud e con chi troppo lo detesta. E lo fa con un lingua affabile, lontana da semplificazioni e tecnicismi. Alla fine della lettura viene fuori la convinzione che i luoghi del Sud hanno bisogno di intimità e lontananza. Catanzaro non si salva da Roma o da Milano e non si salva neppure facendo appello alle sole energie locali. Ci vuole una visione che unisca scrupolo e utopia, gli ambulanti del futuro e i nostalgici del passato. Il punto di forza della posizione di Teti è proprio questo suo rifuggire le analisi a effetto, il suo paziente attenersi alle scene reali che il Sud e specialmente la Calabria offrono a chi non ha ansie preordinate di denuncia o di compiacimento.

 

La verità è che il Sud è bipolare, sta guarendo e sta morendo, esalta e avvilisce. Chi sta nelle regioni meridionali ogni giorno è sulle montagne russe, ogni giornata è una cronaca di inadempienze, di paesaggi non valorizzati, di energie che deperiscono. Non volendo, forse in qualche punto del suo libro Teti sembra più severo contro gli entusiasti cantori di una rinascita meridionale che non contro gli scoraggiatori militanti sempre attivi in ogni contrada. È un punto su cui sarebbe utile una discussione e non solo tra meridionali. Forse questo libro poteva avere anche un altro titolo: Maledetta Italia, e perfino Maledetto Mondo.

 

Non bisogna mai dimenticare che il Sud vero oggi è più sotto, è sull’altra sponda del Mediterraneo, e ancora più giù dove dilaga il suddissimo del terzo mondo. La cosa interessante dell’Italia meridionale in questo momento storico è che in fondo non appartiene né all’Europa né al suddissimo. È un luogo di frontiera, un luogo di frizione tra lo sfinimento della ricchezza e quello della povertà. Ecco, siamo ricchi e poveri, abbiamo modernità e arcaismo. E proprio questo ultimo aspetto meriterebbe studi approfonditi. Quando una volta si studiavano riti e superstizioni della mente contadina lo si faceva con l’idea che fosse un mondo in via di sparizione. Oggi ci siamo accorti che la mente digitale ha più vicinanze con la mente contadina di quante ne abbia la mente storicista, basata sulla logica causa effetto.

 

Forse il problema non è quello che accade tra Nord e Sud dell’Italia ma tra Nord e Sud del mondo. Non ha senso dirci che il Nord ci ha negato lo sviluppo, quanto capire che questo sviluppo si è rivelato venefico e che occorre assolutamente trovare un altro modo di stare al mondo, un modo in cui il sogno e la ragione lavorino assieme. Da questo punto di vista il Sud Italia sembra in realtà un luogo dove si può fondare qualcosa di realmente nuovo, per l’Italia e per il mondo. Non so, non l’ho capito se Teti possiede questa fiducia, questo slancio. È come se il suo approccio mancasse di quel pizzico di delirio che oggi serve alla teoria e alla prassi delle classi dirigenti politiche e intellettuali. Non è un rimprovero. Non si può chiedere tutto a una sola persona. Teti sta facendo benissimo il suo lavoro. Spero che in futuro trovino spazio tanti giovani intellettuali meridionali, tanti focolai di  poesia e impegno civile che si stanno accendendo grazie a qualche scintilla di delirio.

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