Fumetto italiano / Magnus e Bonvi, 25 anni dopo

1 Febbraio 2021

“Qualcosa mi toccò dentro, nel profondo, il giorno in cui la musica morì”. Così cantava nel 1971 il cantautore statunitense Don McLean nella sua celebre American Pie. Il giorno in cui morì la musica è il 3 febbraio del 1959, quando l’aereo su cui viaggiavano Buddy Holly, Ritchie Valens e The Big Popper, leggende del rock’n’roll, precipitò in un campo di mais. Qualcosa del genere è accaduto anche nel fumetto italiano, non in un singolo giorno, ma in un periodo di pochi mesi di 25 anni fa. Uno dopo l’altro se ne andarono Hugo Pratt (il 20 agosto 1995), Bonvi (il 10 dicembre 1995) e infine Magnus (il 5 febbraio 1996). Nel giro di pochissimo tempo scomparivano il creatore di Corto Maltese, l’inventore delle Sturmtruppen e di Nick Carter, il disegnatore di Alan Ford e autore de Lo sconosciuto.

 

In particolare i destini degli ultimi due, Magnus e Bonvi, sono legati tra loro. C’è una storia breve di Bonvi che risale al 1970, si chiama L’ora dello schizoide ed è appena stata riproposta nel volume Incubi di provincia (Rizzoli Lizard). Una notte d’estate Bonvi è al tavolo da disegno quando quando dal buio compaiono i suoi personaggi: le Sturmtruppen, Cattivik, il robottino di Storie dallo spazio profondo. Per sfuggire alla minaccia di “exterminazione prifata und personale”, Bonvi si attacca al telefono per chiedere aiuto al suo amico Roberto Raviola (cioè Magnus), che però, dall’altro lato della cornetta, è ugualmente assalito dalle sue creazioni, Satanik e Kriminal. L’ultima vignetta è disegnata proprio da Magnus.

 

L’ultima tavola da L’ora dello schizoide, con la vignetta finale disegnata da Magnus.


È l’unico incontro sulla carta tra i due autori, ma la loro amicizia proseguirà fino alla fine, fino appunto all’inverno di 25 anni fa. Magnus era affetto da un tumore al pancreas, e per aiutarlo economicamente Bonvi decise di andare in tv a vendere alcune sue tavole originali. Mentre attraversava la strada per andare nello studio televisivo, venne investito da un’auto. Poco dopo si spense anche Magnus, ma fece in tempo a terminare il suo ultimo capolavoro, il “Texone”, cioè la storia di Tex a formato gigante “La valle del terrore” (su testi di Claudio Nizzi). Sergio Bonelli Editore l’ha appena riproposta in una nuova edizione.

 

Una tavola di Magnus da La valle del terrore.


A ricordare quel periodo a 25 anni di distanza, mi chiedo se non si possano considerare quei pochi mesi come la fine di una stagione, la stagione del grande fumetto popolare, e l’inizio di un’altra, diversa. Il fumetto italiano aveva appena vissuto l’ultimo grande exploit con il successo di Dylan Dog, ma le cose stavano cambiando: le riviste, che erano state per tutti gli anni ’80 il principale veicolo per le nuove storie, stavano quasi tutte chiudendo e in generale gli editori abbandonavano le edicole per spostarsi prima nelle librerie specializzate (le fumetterie), poi nelle librerie di varia. Insomma non so dire come fosse il mondo del fumetto prima della metà degli anni ’90, ecco perché è stato per me illuminante leggere Come rubare un Magnus, il fumetto di Davide Toffolo dedicato alla figura di Roberto Raviola e da poco pubblicato da Oblomov Edizioni.

 

La copertina di Come rubare un Magnus, di Davide Toffolo.


Toffolo si è affermato come autore proprio nello scenario in cambiamento della seconda metà degli anni ’90, prima come disegnatore con Piera degli spiriti (su testi di Giovanni Mattioli, Kappa Edizioni), poi come autore con libri come Pasolini e Il re bianco. Oltre a essere il leader della band Tre allegri ragazzi morti, è diventato in quel periodo uno dei fumettisti più importanti e influenti del panorama italiano. Ma, per il nostro discorso qui, è soprattutto un lettore cresciuto nella stagione dei “giornalini” e dei fumetti in tv di Supergulp.

Questo Come rubare un Magnus è un libro che si aspettava da anni, fin da quando le prime pagine erano comparse, nel 2009, sulla rivista Animals. Una genesi laboriosa, come si capisce dalle tre introduzioni che aprono il volume, targate 2008, 2013 e 2020: ”Sembra il momento giusto per terminare la storia”, scrive ogni volta Toffolo, storia che è un omaggio “al disegnatore che ho più amato”. Lo spunto iniziale è un fatto di cronaca: il furto di una tavola originale nel corso della mostra “Il grande Magnus”, allestita nel 2004 a Pordenone. È il pretesto per raccontare la vita di Roberto Raviola e le sue trasformazioni come artista. Nel fumetto, il personaggio Toffolo prova a spiegare la grandezza di Magnus al suo fisioterapista, Stefano, che però è cieco. "Come faccio a spiegarglielo?”, si chiede, e sono quasi certo che i “ciechi” siamo noi lettori, soprattutto quelli che non sono cresciuti leggendo le storie di Magnus. Toffolo ci guida, ci accompagna attraverso le trasformazioni di Roberto Raviola come artista.

 

Una tavola da Come rubare un Magnus.


Lo incontriamo prima come giovane studente all’Accademia di Belle arti di Bologna, poi nel sodalizio con lo sceneggiatore Max Bunker (Luciano Secchi), con cui Magnus crea Kriminal, Satanik e poi Alan Ford. Poi l’autore cambia look, si rade i capelli e si fa crescere dei baffi alla Salgari, diventa “il viandante” e disegna capolavori come Lo sconosciuto e Le 110 pillole. Si isola sull’Appennino bolognese, a Castel Del Rio, e l’unico visitatore (almeno nel fumetto) è proprio l’amico Franco Bonvicini, Bonvi.

 

Una tavola da Come rubare un Magnus.


Il lavoro di Toffolo non è solo un omaggio a Magnus, ma a tutto il mondo del fumetto in cui si muoveva. Compaiono nel libro gli editori Sergio Bonelli, Renzo Barbieri, Luigi Bernardi e il disegnatore Giovanni Romanini (scomparso nel marzo 2020), che lo aiutò a terminare le tavole del “Texone”.  Un’opera che richiese sette anni di lavoro, e che i lettori e l’editore ormai disperavano di vedere compiuta. Nella nuova edizione pubblicata in occasione del 25esimo anniversario, non poteva mancare l’altrettanto storica prefazione di Sergio Bonelli, che scriveva nel febbraio 1996: “Proprio nei mesi in cui la malattia gli rendeva più penoso lo stare al tavolo da disegno, lui, isolato nell’esilio che aveva scelto, era riuscito a ‘macinare’ una valanga di pagine, come se, consapevole del suo destino, avesse voluto spedire un suo ultimo, appassionato messaggio a me, a voi e a tutti i suoi numerosissimi ammiratori”.

 

La copertina della nuova edizione de La valle del terrore.


È bello pensare che, 25 anni dopo, Magnus e Bonvi siano di nuovo fianco a fianco in libreria, Magnus con il suo Tex, Bonvi con i suoi Incubi di provincia, che ci mostrano il lato forse meno conosciuto del fumettista modenese: il volume raccoglie storie brevi, di fantascienza, horror, ma sempre condite di umorismo nero, che Bonvi realizzò nel corso degli anni ’70 per la rivista Off-Side.

 

Una tavola dalla storia …Incubo da Incubi di provincia.


Ma la nuova edizione è arricchita da una nuova prefazione di Francesco Guccini (storico amico di Bonvi, con cui creò le Storie dallo spazio profondo), da una postfazione della figlia Sofia Bonvicini e da una serie di perle: come la storia Blackout, disegnata da Silver, allora allievo di Bonvi, e soprattutto le ultime storie disegnate da Bonvi, i quattro episodi della serie Leggende urbane, apparsi originariamente sulla rivista Comic Art tra la fine del 1995 e l’inizio del 1996. In uno di questi, L’uomo nudo, compaiono anche lo stesso Bonvi e un giovane Guccini, ancora senza barba.

 

Guccini e Bonvi nella storia L’uomo nudo, da Incubi di provincia.


Chiude il volume la storia Il successo, targata 1969, in cui Bonvi racconta come si diventa un affermato autore di fumetti (sempre con la consueta dose di dark comedy), e così facendo ci offre uno spaccato su cosa voleva dire, una volta, fare i fumetti.

 

La vignetta di apertura della storia Il successo, da Incubi di provincia. 

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