Scoperte d'estate

8 Agosto 2014

“Ma questa è schizofrenia!”, esclamava il mio amico psichiatra mentre buttavo nello zaino La morte della famiglia di David Cooper, Il mito della malattia mentale di Thomas Szasz insieme a Il Risorgimento di Gramsci, il tomo del suo epistolario con Camilla Ravera, i Racconti di Guy de Maupassant … A me pareva, invece, proprio il contrario: un’opera di integrazione nel fuori tempo delle vacanze che cercava di unire quello che la vita aveva diviso.

 

Era l’epoca in cui si andava in spiaggia con le Forme economiche precapitalistiche (oggi necessita il nome dell’autore: Karl Marx), si discuteva per ore di Produzione di merci a mezzo di merci di Piero Sraffa, leggere romanzi non era politicamente corretto, a meno che ci fosse una ragione superiore, per esempio un esame. I libri parevano possedere una loro qualità intrinseca – di destra o di sinistra –, sul fumetto non c’erano dubbi, Tex in primis era un’opera di destra.

 

Si può fare autobiografia attraverso le proprie letture. Ricordo l’estate dei vent’anni con Le parole per dirlo di Marie Cardinal, l’anno prima avevo litigato con chi snobbava La storia di Elsa Morante. In anni recenti mi sono persa una mitica montagna sudafricana perché sono rimasta in macchina a finire Una storia d’amore e di tenebra di Amos Oz, tre anni fa ho fatto ventiquattro ore in cabina mentre fuori sfilavano isole mediterranee attaccata a Vite che non sono la mia di Emmanuel  Carrère. I miei compagni di viaggio si irritano, faticano a comprendere che si possano perdere paesaggi stratosferici per rimanere attaccati al filo di parole che per me sostiene fin dall’infanzia il sempre precario equilibrio tra mondo esterno e mondo interno. L’età delle letture compone la storia della propria generazione: la scoperta del sesso con la psicoanalisi e i romanzi, poi solo storia ed economia, politica e sociologia quando il privato era pubblico, il ritorno alla dimensione intimista della letteratura, e di nuovo psicoanalisi, arte…

 

L’estate promette sorprese. Ora non mi sento più in colpa se mischio i generi, l’alto con il basso. Anzi, sono diventata quasi fondamentalista, difendo l’altezza della mia pila e i suoi titoli come se fossero associazioni libere dei miei sogni sulle quali solo io posso avere l’ultima parola. Fantastico di compensare delusioni esistenziali – dietro ogni copertina intravedo un rifugio.

 

Per anni il rito di entrata avveniva con la lettura di un giallo, possibilmente voluminoso, doveva durare abbastanza a lungo per permettere il passaggio allo stato di voluttà, dove si può spaziare, interrompere, rimandare. Saltare di palo in frasca. Da qualche anno non ne ho più bisogno, addento subito quello che so mi piacerà. Già prima di partire ho iniziato La regina delle nevi, il nuovo romanzo di Michael Cunningham, uno scrittore che cerca l’etica insieme all’estetica dell’umano di oggi, e di libro in libro costruisce, lui, figlio di una madre croata, la storia del sentimento americano. Intanto dipinge una New York inesauribile per sguardi e tipi metropolitani. Cunningham crede. Crede che un libro “possa farci innalzare ancora più in alto”, verso una dimensione trascendente, come quella che scopre il protagonista di La regina delle nevi, Barrett Meeks, quando vede una luce in cielo mentre cammina per Central Park. Mi viene in mente che in Come il destino. Lo sguardo della fiaba sull’esperienza autistica, Lella Ravasi Bellocchio aveva usato la stessa fiaba di Andersen per raccontare molti aspetti del cammino analitico.

 

Mentre tengo a bada il senso del dovere, e cerco di non pensare a letture, diciamo così, lavorative, mi prende un senso del dovere conoscitivo. Del tipo, come faccio a occuparmi di X se non ho ancora letto Y. Così ho comprato – non su amazon ma in libreria, dove sono passata per rassicurarmi che non troppo mi fosse sfuggito – Il libero mercato dell’amore di Arnon Grunberg, un autore che credo possa aiutare la mia dispersione: ebreo olandese vive a New York, usa la scarsità come un concetto economico e psicologico, non mancano accenni alla letteratura dell’est. Stessa motivazione e molte aspettative per i due testi di Daniele Giglioli, Critica della vittima e Senza trauma. Le guerre interjugoslave degli anni Novanta sono fondate sull’ideologia della vittima, anche nella riflessione teorica psicoanalitica il concetto di trauma chiede di essere diversamente interrogato.

 

Ho già piluccato qua e là Il dono della terapia di Irvin D. Yalom, psicoanalista che si identifica ed empatizza, che non si sottrae alle trappole affettive dell’incontro con il compagno d’analisi e, soprattutto, dubita. Cresciuto a Washington da genitori venuti da un piccolo shtetl vicino al confine russo polacco, Yalom condensa in ottantacinque brevi vignette cliniche la sua esperienza di quarantacinque anni e lo fa con lo stile poetico letterario che i numerosi lettori di Le lacrime di Nietzsche già conoscono. L’idea che la psicoanalisi possa essere anche una forma di poesia, un’estetica, attraversa anche le conversazioni condotte da Anthony Molino con Christopher Bollas, Joyce McDougall, Michael Eigen, Adam Philips, Nina Coltart. Liberamente associati, uscito in italiano cinque anni fa, non lo conoscevo, è quasi più attuale adesso.

Fiera di aver scovato Cuore doppio di Marcel Schwob, casi di vita narrati con il suo stile che trasporta realtà e sogno nel meraviglioso, non ho resistito a Il gesto nell’arte di André Chastel che, seppure da dilettante, sono certa mi permetterà di immaginare connessioni tra gesti e sogni, mani e immagini… 

 

Ritrovo Stoner di John Williams, quando era uscito l’avevo intercettato subito, adesso amici me lo magnificano, ma il libro è ancora lì, resto delle abboffate delle estati precedenti. Quest’anno forse farà questa fine I lanciafiamme di Rachel Kushner che promette di essere il romanzo sugli anni Settanta.

Saranno questi i libri che leggerò quest’estate? Sono in Istria, circondata da amici multiculti. Un amico svedese mi parla di Sigrid Rausing, l’ereditiera del Tetra Pak che possiede Granta, ha scritto un reportage antropologico sulla sua esperienza, nel 1993, in un piccolo villaggio estone. Resisterò?

Se continuiamo a tenere vivo questo spazio è grazie a te. Anche un solo euro per noi significa molto. Torna presto a leggerci e SOSTIENI DOPPIOZERO