La Biblioteca del ghiaccio / Nancy Campbell nel fragile mondo dei grandi ghiacciai

27 Giugno 2019

Nell’immaginario comune il ghiaccio è spesso avvertito come un fenomeno naturale statico e quasi privo di ogni altra suggestione che non sia il freddo o la durezza. Ben altra e ampia prospettiva apre La biblioteca del ghiaccio, dell'inglese Nancy Campbell, pubblicato in Italia quest’anno da Bompiani. È un diario di viaggi nelle Alpi svizzere, in Groenlandia e in Islanda, in Canada e nel New England, tra libri antichi e moderni, tra incontri con cacciatori di foche e di narvali e con studiosi dei cambiamenti climatici, tra guide alpine, pattinatori e musicisti. Alla ricerca di quelli che i geologi chiamano “fiumi di ghiaccio dinamici”. La Campbell è una poetessa con una grande curiosità per la conoscenza scientifica. Leggere queste sue pagine significa apprendere informazioni, gustare aneddoti, assimilare conoscenze, e riemergerne con un’idea viva e caleidoscopica del ghiaccio. 

 

 

Le prime battute narrano l’abbandono dell’impiego presso un libraio londinese: lasciata alle spalle questa parte di vita, la Campbell si inoltra nel viaggio vero e proprio. Prima tappa un periodo di lavoro  presso il museo etnografico e di arte locale di Upernavik in Groenlandia; in inverno, quando la notte polare allunga i tempi del buio e il freddo è più intenso. “Quando gennaio cede il passo a febbraio, i cieli iniziano ad alleggerirsi. Dietro le alte montagne ritorna il sole. Qualche chilometro più a nord, montagne di ghiaccio ribollono incuneandosi tra le scogliere di basalto e tuonano nel fiordo ghiacciato. Ogni nuovo giorno gli iceberg fluttuano un po’ di più verso sud e si sbriciolano un altro po’ nell’acqua. Questi cambiamenti a stento percepibili bastano a suggerire l’idea, inquietante, che gli iceberg siano organismi viventi dotati di volontà propria”.

 

Ci si immerge con curiosità nel viaggio della Campbell, e si immagina che tutto il libro sarà così. E invece no. La protagonista effettivamente passa da un luogo all’altro, cercando nuove esperienze e competenze che abbiano a  che fare con il ghiaccio, ma le digressioni e le riflessioni sono così frequenti che il diario di bordo diviene un saggio di leggerezza calviniana.

Nancy Campbell si sposta attraverso l’Europa e l’America ma anche nel tempo, grazie ai libri che scopre e fa scoprire al lettore.

Questo viaggiare solitario, senza legami né incontri duraturi, in luoghi affascinanti ma non sempre confortevoli, procede accumulando sapere ed emozioni, con chiarezza ed eleganza di scrittura, apprezzabile anche nella buona traduzione di Andrea Asioli. Il tono, solo apparentemente lieve, poggia su un grande lavoro di approfondimento e documentazione. I richiami a testi antichi o a un moderno saggio scientifico non hanno mai finalità accademiche o di mera citazione, sono invece filtrate e amalgamate nel racconto, divenendo uno stimolo per chi vuole saperne di più. 

Geografia e storia, scienza e letteratura, incontri e viaggi, si alternano tra pagine dalle quali si esce alla fine arricchiti di spirito e di conoscenza. Raro leggere libri densi al tempo stesso di cultura umanistica e scientifica, specie in Italia, nonostante il grande e insuperato esempio di Primo Levi. Il titolo, La biblioteca del ghiaccio, non poteva essere più azzeccato. E così, i dati scientifici sui ghiacci naviganti si alternano alla metafora dell’iceberg di Ernest Hemingway: “Se un prosatore sa bene di che cosa sta scrivendo, può omettere le cose che sa, e il lettore, se lo scrittore scrive con abbastanza verità, può avere la sensazione di esse con la stessa forza che se lo scrittore le avesse descritte. Il movimento dignitoso di un iceberg è dovuto al fatto che soltanto un ottavo della sua mole sporge dall’acqua”.

Di Henry David Thoreau non cita scontati aforismi ma gli studi sul clima del lago Walden e dei suoi boschi, nel Massachusetts, le letture di botanica, trattati seicenteschi compresi. Walden Pont, nel New England, è l’ultima tappa. La Campbell racconta come la precoce rottura primaverile del ghiaccio del lago, negli ultimi anni, sia uno dei tanti segnali di cambiamento climatico. 

 

 

Il ritiro dei ghiacciai delle Alpi sta riportando alla luce altri resti, di uomini e di armi, della Grande guerra, del cacciatore preistorico Ötzi, ma anche di Marcelin e Francine Dumoulin, partiti il 15 agosto 1942 dalla loro baita nelle Alpi Vodesi (Svizzera occidentale)  e scomparsi nel nulla: i loro sette figli cresceranno in famiglie adottive diverse, i corpi dei loro genitori saranno ritrovati 75 anni dopo, grazie alla notevole regressione del ghiacciaio Tsanfleuron.

Gli avvertimenti al lettore sui rischi che sta correndo il nostro ambiente naturale non sono però mai declamatori, sono illustrati attraverso l’esperienza diretta, l’osservazione e lo studio. 

Le nozioni e scoperte scientifiche sono raccontate in modo chiaro e scorrevole. Nancy Campbell ha alle spalle la vocazione e un mestiere di poetessa, ma ama arricchirsi di conoscenze scientifiche, sulla natura e sui cambiamenti del clima. Del mondo dei ghiacci racconta anche la storia di grandi tragedie, come la scomparsa nell’Artico, a metà Ottocento, delle navi Erebus e Terror, con un centinaio di uomini di equipaggio: un concentrato di marinai provetti e di ufficiali esperti, di uomini naviganti le  cui doti di sensibilità e coraggio sono rinvenibili nelle lettere che inviarono durante la navigazione, conservate presso lo Scott Polar Research Institute di Cambridge.

 

Tra le tappe dei suoi viaggi non poteva mancare il ghiacciaio di Vatnajökull, nell'Islanda sudorientale: con circa 8.100 km², è il più grande d'Europa per volume e il secondo per estensione (dopo l'Austfonna, nell'arcipelago norvegese delle Svalbard). La profondità della cappa di ghiaccio raggiunge al centro i mille metri. Nonostante la consueta preparazione Nancy sbaglia forse il periodo, o ha sfortuna con il meteo. Incappa in giorni di pioggia fitta, e settembre del resto è il mese in cui lo scioglimento dei ghiacci raggiunge il culmine. Si muove con mezzi pubblici, nello zaino ha tutto l’occorrente per memorizzare ciò che vedrà: taccuini, macchina fotografica, computer portatile, dittafono. Corre anche dei rischi, viaggia per molte ore per arrivare in prossimità del ghiacciaio; verrà a sapere che uno dei ponti traversati appena il giorno prima con l’autobus è stato spazzato via dalle acque. Quando pensa di dover rinunciare, ha la fortuna di incontrare due guide di Glacial adventure e si aggrega a loro. E vedrà meraviglie indimenticabili: “Qui sul bordo del ghiacciaio so che ci sono due o trecento metri di ghiaccio sotto di me. Pur essendomi documentata sulle statistiche, quando abbasso lo sguardo non riesco a valutarne la profondità. A occhio nudo diventa difficile misurare anche solo pochi millimetri, ma minuscoli granelli di cenere o bolle d’aria guidano lo sguardo verso il basso.”

 

 

Tra gli incontri memorabili della Campbell, quello con Carmen Braden, una musicista che vive a Yellowknife, nei territori canadesi del nord ovest, e che per le sue composizioni si ispira all’ambiente naturale che la circonda. Carmen non utilizza solo voce e strumenti musicali, ma anche suoni della natura. Sono “gli schiocchi, i boati, i tintinnii, gli scoppi, i gemiti e gli spari” emessi dal ghiaccio dei Grandi Laghi: “Preme un tasto del suo laptop, e il rumore del ghiaccio che parla, con le sue schegge che vibrano e sferragliano, sporadiche ma melodiche, trasforma l’atmosfera nella sala foderata di legno. La sua registrazione mostra come un lago ghiacciato non sia affatto uno spazio statico e silenzioso”. 

La danza sul ghiaccio è raccontata a Nancy da pattinatori che ne fanno un’arte più che uno sport, che predispongono con cura il fondo gelato per le loro evoluzioni, incidendo poi meravigliosi ed effimeri disegni sulla sua superficie.

In effetti, nulla pare più effimero e cangiante del ghiaccio, ma la durata dei ghiacciai sembrava eterna fino a qualche decina di anni fa, garantendo acqua e frescura alle pianure: adesso è possibile prevederne la fine non in centinaia di anni a venire, ma forse in decine. Le conseguenze per la vita sul pianeta saranno drammatiche, ma nonostante il mondo scientifico sia unanime nell’evidenziare rischi e pericoli, è difficile scalfire i muri dell’ignoranza arrogante e di una diffusa superficialità su questi temi. 

Nancy emerge con il profilo forte di una giovane donna che è riuscita, con poche risorse economiche  e svolgendo i lavori più diversi, a viaggiare in luoghi lontani e difficili, traendo poi dalla sua esperienza un’opera interessante  e originale. Un’esperienza intensa che, nella narrazione, è forse volutamente prosciugata dalle emozioni vissute nei rapporti umani e di fronte ad ambienti naturali feriti ma ancora di impressionante bellezza.

 

 

Partendo da Upernavik, Nancy spiega così a stessa la decisione di andarsene da un luogo che aveva imparato ad amare: “Il ghiaccio stava iniziando a scomparire – e prima che svanisse volevo imparare le parole che aveva da insegnarmi”. Sono parole che possono valere per l’intero viaggio e per questo libro, pervaso dall’inizio alla fine da un gran desiderio di conoscenza e di libertà. 

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