La nascita della filosofia digitale

27 Dicembre 2016

1. La ricerca del principio primo

 

Uno dei primi temi affrontati dalla filosofia occidentale fu la ricerca di un elemento unificante, di un “principio primo”, o arché, che costituisse l’origine e il fondamento dei fenomeni variegati e delle sostanze e forme diverse che si presentano in natura. Talete (VII-VI sec. a. C.) indicò il principio primo nell’acqua. Altri filosofi identificarono l’arché in sostanze diverse, dall’aria al fuoco. Pitagora indicò l’arché in un principio astratto, il numero. Se a ‘numero’ si sostituisce ‘informazione’ si passa agevolmente dalla filosofia pitagorica alla filosofia digitale. La ricerca dell’arché continua anche oggi: i fisici si sforzano di dare un quadro unitario della realtà sia cercando la grande unificazione delle quattro forze fondamentali sia cercando di costruire le teorie del tutto. È forse un’esigenza di carattere psicologico che si perpetua nei secoli e obbedisce al nostro bisogno di esorcizzare la complessità del reale riducendola a una congetturale semplicità soggiacente: si tratta di una supposizione di carattere non fisico, bensì metafisico

 

2. Il computer macchina filosofica

 

Il calcolatore elettronico ha inaugurato un’era nuova sotto molti profili. Questa macchina straordinaria ha molti impieghi e molte virtù: esegue calcoli, gestisce impianti e banche di dati, simula processi, è protagonista delle ricerche di intelligenza artificiale, ha consentito di inaugurare teorie matematiche nuove, è l’elemento base di internet. In più è una macchina filosofica, essendo l’ispiratore della filosofia digitale. È probabile che senza il computer non si sarebbe mai manifestata la potenza della computazione, non sarebbe mai affiorata l’idea che la realtà sia, al suo fondo, un tessuto o struttura di informazioni. Esso dunque ha contribuito in modo essenziale al passaggio da una visione materialistica-energetica a una visione informazionale del mondo. In questo senso il computer ha segnato il ritorno a una filosofia in senso forte, cioè a una metafisica e a un’ontologia, allontanandosi da una serie di incarnazioni deboli e parziali sviluppatesi negli ultimi tempi (filosofia del linguaggio, epistemologia, filosofia del diritto, filosofia della scienza e via enumerando).

 

 

3. La fisica e l’informazione

 

Il computer ha impresso un forte impulso al concetto di informazione, che, recessivo fino a qualche decennio fa rispetto a quelli di materia ed energia, si sta prendendo oggi una rivincita clamorosa. I fisici teorici parlano ormai di universo informato e di universo bello, introducendo qualificazioni finora estranee alla loro disciplina. Il fisico John Archibald Wheeler (1911-2008) giunse a riassumere la primazia dell’informazione rispetto alla materia con la locuzione It from bit (cioè “la materia deriva dall’informazione”, di cui il bit rappresenta l’unità). Un altro grande fisico, Richard Feynman (1918-1988), ipotizzò che prima o poi la fisica non avrà più bisogno di complesse formulazioni matematiche: si scoprirà che le sue leggi sono semplici, come dimostra la facilità disarmante con cui l’universo calcola senza errori il proprio stato successivo. Konrad Zuse (1910-1995), cui si deve il primo computer programmabile della storia e il primo linguaggio di programmazione di alto livello, nel 1967 scrisse un importante saggio intitolato Rechnender Raum (Spazio calcolante), in cui sosteneva che l’Universo è un grande calcolatore. Naturalmente, poiché la realtà è inaccessibile, ci si può chiedere se il computer riveli davvero la natura profonda del mondo o se invece non ci fornisca una suggestione ingannevole. 

 

 

4. Il Convegno del 1981

 

Nel maggio 1981 si tenne al Massachusetts Institute of Technology un convegno su “Fisica e computazione”, cui parteciparono Feynman, Wheeler, Zuse e tanti altri studiosi, tutti interessati a gettare un ponte tra fisica e informazione. All’organizzatore del convegno, Edward Fredkin, si deve la locuzione “filosofia digitale”. Nel suo contributo, intitolato The Computing Universe, Zuse illustrò ai convegnisti l’idea dell’Universo come Grande Computer e sottolineò il ruolo del concetto di informazione, nuova grandezza fisica capace di prendere il posto di energia, massa, quantità di moto. Feynman sottolineò la capacità del computer di simulare perfettamente la realtà fisica, prevedendone l’evoluzione, e indicò nella computazione il minimo comun denominatore del mondo e del computer. La natura dinamica della computazione distingue queste impostazioni dalle antiche visioni di Pitagora e di Galileo, per i quali il numero e in genere la matematica sono principi essenzialmente statici. Al termine del convegno erano tutti convinti che l’asserzione “il Cosmo è un Grande Computer” non fosse da intendere come una semplice metafora, bensì come un valido strumento euristico. 

 

5. Fredkin, Chaitin, Wolfram

 

L’intuizione di Zuse e i risultati del convegno del 1981 furono ripresi da Edward Fredkin, che considerava veritiera la visione discreta del mondo e illusoria la visione continua. Fondamentale per lui fu l’incontro, avvenuto nel 1956, con il computer, che gli consentì di trovare la via dell’algoritmo. “Informazione” e “bit” assunsero valore ontologico e la computazione divenne la Legge del Tutto. 

Avviene dunque un passaggio dalla metafora all’ontologia, e si deve affrontare la domanda metafisica sull’identità del Grande Programmatore che avrebbe lanciato il “programma Universo”. Secondo Fredkin deve esistere un Creatore-Programmatore: “questo nostro Universo è una conseguenza di qualcosa che chiamerei intelligente.” La posizione fondamentale occupata dall’informazione è così espressa da Fredkin: “Esistono tre grandi domande filosofiche: Che cos’è la vita? Che cosa sono la coscienza, il pensiero, la memoria e simili? Come funziona l’Universo? Il punto di vista informazionale le concerne tutte e tre.”

 

Il matematico e informatico Gregory Chaitin sottolinea il valore epocale dell’avvento del computer. È a lui che si deve il riconoscimento della natura “filosofica” di questa macchina. Il computer cambia l’epistemologia e modifica il significato del verbo “comprendere”: si capisce qualcosa solo se si è capaci di scriverne il programma. Esiste insomma un linguaggio capace di rispecchiare la realtà molto meglio delle parole e dei numeri: il linguaggio della programmazione, che è lo stesso con cui si esprime la Natura. Galileo ha segnato il passaggio da un mondo di eventi qualitativi a un mondo di fenomeni quantitativi legati da rigorose concatenazioni causali espresse in linguaggio matematico. Ora assistiamo a un altro cambiamento di prospettiva: la distanza che separa le “sostanze” dai “numeri” è la stessa che separa i “numeri” dai “bit”. Secondo Chaitin non si può parlare di fisica in senso profondo senza trapassare nella metafisica, la quale, oggi trascurata dai filosofi, rivive nella fisica teorica, che ricerca la vera natura della realtà. Chaitin ritiene di sapere che cos’è la verità scientifica e che cos’è l’essenza metafisica di un oggetto: dato un qualsiasi fenomeno, la legge del suo divenire è il programma informatico più breve in grado di simulare la sua evoluzione. 

 

Stephen Wolfram rappresenta la punta più avanzata della filosofia digitale. Nel 2002 pubblica il monumentale A New Kind of Science, in cui esprime il convincimento che il dogma galileiano, secondo cui la Natura sarebbe un libro scritto in un linguaggio matematico che la mente umana può comprendere, debba essere modificato: è necessario un codice nuovo, quello binario, e un cervello diverso, quello elettronico. Wolfram cerca di sviluppare un software che, a partire da operazioni elementari, generi programmi in grado di simulare i vari sistemi naturali complessi. Non c'è ragione per credere – osserva Wolfram – che i sistemi che osserviamo in natura debbano seguire soltanto le regole della matematica tradizionale. L'unica ragione per cui finora è sopravvissuta tale convinzione è il limite dell'intelligenza umana: la nostra capacità di calcolo (il nostro cervello) non può spingersi oltre una determinata soglia. Questa stessa soglia, però, non delimita affatto le potenzialità dei computer, i cui programmi possono attuare varietà enormi di esiti, generando forme sempre più complesse a partire da regole semplicissime. 

 

Per qualche tempo la scienza tradizionale ci ha illuso di poterci misurare con l'enigma della complessità, ma ciò che funziona per la spiegazione e previsione dei moti planetari non funziona per fenomeni più complessi. Non solo: la scienza tradizionale ha affrontato i problemi col metodo riduzionista (da molti considerato l'unico metodo davvero scientifico), secondo cui le proprietà di un sistema derivano dalle proprietà dei suoi componenti: ma il passaggio dal comportamento di questi al comportamento del sistema rimane spesso un problema insolubile, soprattutto per la presenza di proprietà emergenti, dovute alle interazioni tra i componenti. La nuova scienza affronta con successo anche questo passaggio. È sorprendente che nella nuova visione le regole siano basate su programmi semplicissimi, detti automi cellulari, che Wolfram ha studiato a fondo.

 

6. Conclusione

 

La filosofia digitale assume come principio primo l’informazione, un’informazione dinamica, animata dalla computazione, e compendia questa visione in tre asserzioni perentorie, che costituiscono il paradigma pancomputazionale:

Tutto computa

Tutto è frutto di computazione

Tutto può essere trasformato in un dispositivo computante

Qui “tutto” significa ogni parte della realtà, dall’Universo fino alle sue più piccole porzioni.

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