One from the Heart

26 Gennaio 2012

One from the Heart (in italiano Un sogno lungo un giorno) non è un film maledetto e neppure un “grande film malato”, categoria questa inventata da Truffaut, e la sua commercializzazione in DVD ci impedisce di lasciarlo tranquillamente sfumare nel nostro ricordo. Ci si potrebbe accontentare di definirlo “fallito” o semplicemente “cattivo” in base a certe esigenze cinefile o ai criteri del cinema di qualità. Si potrebbe anche raccontare la stravagante avventura in cui si imbarca Francis Ford Coppola subito dopo aver rischiato la vita per trasformare la catastrofe annunciata di Apocalypse Now  in un fenomenale successo di critica e di pubblico. Con quel film monumentale Coppola acquistò, anche agli occhi degli americani, uno status e un'aura di autore e creatore visionario. Invece di confermare questa posizione, Coppola, lasciato cadere il “Ford” dal suo nome, segno dell'America e del grande cinema, compra una casa di produzione a Hollywood per tentare al tempo stesso una resurrezione del sistema dei grandi studios (ad esempio creando una troupe di attori sotto contratto) e mostrare ciò che sarà il cinema di domani con l'aiuto dell'elettronica e del video. In parallelo a questa attività, già smisurata, il cineasta avvia anche produzioni con registi europei (Wenders, Syberberg) e restaura il Napoléon di Abel Gance.

 

 

Zoetrope/Coppola non ha solo l'ambizione di essere uno studio cinematografico che copre l'intero campo di un'industria del divertimento che a volte è anche un'arte. Laddove Warhol si accontentava di metafore (Factory, Superstars) e girava film con i propri mezzi, Coppola, autore di grandi classici hollywoodiani (Il padrino I e II) e di film più audaci realizzati fuori dal sistema (The Conversation o il magnifico e totalmente misconosciuto Rain People), nutritosi a San Francisco di cultura e di controcultura, vuole veramente prendere il potere e diventare il primo cineasta-produttore dopo decenni. Se fosse riuscito nella sua impresa avrebbe potuto vendicare Welles, la vittima dei grandi studios preferita dai cinefili.

Senza entrare nella psicologia del personaggio, né cercare di interpretare la sua vita in termini di destino, si resta ancor oggi stupefatti che per sostenere insieme tante ambizioni Coppola abbia scelto One from the Heart, un film sperimentale da 27 milioni di dollari, con splendide scene, virtuosistici movimenti di macchina, un montaggio di rara fluidità, così come una splendida musica di Tom Waits, ma con un soggetto e una sceneggiatura più simili a quelli di un cortometraggio o di un saggio di uno studente. Nel corso delle conferenze stampa tenute dopo i cattivi risultati delle previews, il cineasta paragonava la scoperta di cose nuove come il suo film a una prima esperienza col sashimi: un po' di disgusto al momento in cui si comincia a ingoiare ma poi la sensazione può diventare deliziosa. Non sono sicuro che il paragone sia azzeccato (Picasso e il suo “cinese” resta insuperabile) ma certo rivela la consapevolezza del suo autore di essere all'avanguardia.



 

La sceneggiatura di One from the Heart non è debole o mal costruita, è volontariamente tenuta allo stato di abbozzo. Coppola, sceneggiatore ed esperto di costruzioni psicologiche, certo ha intenzionalmente voluto questo risultato. È un film sui sentimenti ma che affida alle scenografie e alle canzoni di Tom Waits (interpretate da quest'ultimo e da Cristal Gayle) il compito di farli arrivare allo spettatore, dato che gli attori sono ridotti a meri tramiti. Il film vuole evocare e rinnovare (sempre questo doppio sguardo sul passato sul futuro, e un costante oblio del presente) l'universo della commedia musicale, ma gli attori scelti sono antistar in cui tutti possono identificarsi mentre le canzoni di Waits sono una brillante reinterpretazione di uno stile da club jazz pieno di fumo. Costruire una strada di Las Vegas e un aeroporto in studio per raccontare i litigi e la riconciliazione di una coppia è un'impresa di natura sperimentale. Il soggetto non è la minuscola storia di personaggi che non sanno né danzare né cantare, ma il film stesso. Il rapporto figura-sfondo si rovescia e al limite, ci si riesce a volte, si potrebbero dimenticare i personaggi per godere solo dei movimenti di macchina, dei colori, del sottile cattivo gusto.


La scena di apertura, con la camera che scende dal cielo per seguire le impronte di passi sulla sabbia di un paesaggio dell’Arizona, è veramente magnifica. La sola star del film (lo sta diventando in quel momento), Nastassja Kinski, è lei stessa un elemento di questa scena, un'apparizione che scompare non appena Frederic Forrest chiude gli occhi. Il film nel film, o la commedia musicale costruita intorno alle prove di uno spettacolo di Broadway sono espedienti noti. Qui Coppola rovescia il principio: la vicenda principale è un'illusione, e la vera storia è un film che trasmette la visione di Coppola, il suo amore del cinema e il suo gusto dell'innovazione. Mettendo in primo piano i vantaggi offerti dall'elettronica (essenzialmente per il taglio, il montaggio, e la pre-visione del film) e procedendo con contaminazioni di spazi, con accostamenti di azioni parallele non attraverso sovrapposizioni o trucchi ma riunendo gli elementi delle scenografie di due luoghi diversi e giocando sull'illuminazione; una combinazione di teatro e di cinema in cui una carrellata può somigliare a una dissolvenza incrociata.

 

Scegliere come ambientazione Las Vegas, il modello degli anni ottanta in materia di riflessione teorica, e affidarsi a Dean Tavoularis (lo scenografo di Apocalypse Now), vuol dire affermare la superiorità dell'arte, riappropriarsi della potenza del falso. One from the Heart non può essere letto come un capolavoro, e non può neppure essere classificato tra i guilty pleasures di cui parla Scorsese, cinefilo moralista, ma è un film d'artista più ancora che d’autore, un'opera di decostruzione e di celebrazione del cinema. Nelle scene finali, gli attori sono inquadrati in primo piano e la scena sparisce, o meglio i figuranti si assentano, proprio quando, in un film normale, ci sarebbe stato bisogno di loro. Una macchina gigantesca che conduce a un film sul nulla, a un'astrazione, a una follia di cui Coppola impiegherà più di vent'anni a pagare le spese girando film di genere con più o meno convinzione.

 

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