Chi è davvero Barack Obama?

29 Ottobre 2013

Chi è davvero Barack Obama? La questione dello spionaggio ai danni degli alleati europei, dei capi di stato, ma non solo loro, da parte della agenzia di sicurezza americana, Nsa, fa emergere un problema: chi è davvero il Premio Nobel per la pace? Prima di tutto Obama è un capo di governo e come tale fa gli interessi del proprio paese, com’è ovvio che sia, che si tratti di garantirne la sicurezza contro gli attacchi terroristici o che invece voglia mantenerne inalterato il suo primato militare ed economico.

 

Su questo piano sono semmai gli europei a essere ingenui nei confronti del capo di un paese che ha la leadership politica attuale e utilizza il suo potenziale tecnologico per restare tale. L’America non ha nessuna intenzione di cedere questo primato. In politica, come disse una volta il leader cinese Den Xiaoping, “Non importa se il gatto è bianco o nero, basta che prenda i topi”.

 

La Realpolitik in tempi di globalizzazione non è dunque calata, anzi, se si guarda bene, è pure aumentata. Una cosa è evidente in questo Datagate, com’è stato chiamato: gli Stati Uniti spiano tutti, amici e nemici, concorrenti o alleati. Spiano non solo capi di stato, come ha raccontato su il Messaggero l’altro giorno l’ex presidente della Commissione europea Romano Prodi, ma anche manager e industriali. Questo sarebbe contrario ai principi del liberismo capitalista, della filosofia del “libero mercato”.

 

 

Scorrendo la stampa americana, salvo testate notoriamente liberal come New York Times, negli Stati Uniti di questo se ne parla ben poco. Resta la domanda sul democratico Barack Obama, primo presidente nero degli Stati Uniti d’America. Non era un campione della libertà? Non ha forse avuto il Premio Nobel per la Pace? In verità siamo noi ad aver proiettato su Obama molte attese e anche molti nostri desiderata. Come ha spiegato bene Mark Bowden, giornalista, corrispondente dell’Atlantic, in un articolo recente (Macchine che uccidono, in Internazionale), il leader democratico, ora presidente USA, non è solo l’uomo che ha voluto la grande riforma sanitaria a favore degli esclusi e delle classi meno abbienti del suo paese, ma anche colui che ha voluto utilizzare la implacabile macchina bellica dei Droni, con cui vengono eliminati settimanalmente membri di organizzazioni terroristiche, nemici dell’America, ma anche civili coinvolti negli scenari in cui operano i veicoli senza pilota.

 

Questo tema, quello della guerra a distanza, che non impegna direttamente i soldati americani, è oggi, a detta dello stesso Bowden, assai inquietante, e giuridicamente discutibile. Sotto Obama, come mostra un altro lavoro di questo giornalista investigativo, La cattura (Rizzoli), le tecniche del controllo attraverso i Big data, l’informatica, i signal intelligent, i sensori elettronici, si sono espanse a dismisura. Certo, è stato l’11 settembre, lo shock seguito all’attacco alle Torri Gemelle, l’America colpita nel suo cuore, a New York, a spingere gli USA sulla strada del controllo sempre maggiore di uomini e cose. Tuttavia è proprio Obama colui che ha voluto sviluppare la tecnologia militare a distanza.

 

A differenza di Bush, che ha aggredito militarmente Saddam ed è intervenuto in Afganistan, il primo presidente nero della storia americana ha potenziato i servizi segreti, e approvato, come nel caso dell’uccisione di Bin Laden, che si usassero mezzi non totalmente leciti per raggiungere il suo scopo, compresa la tortura (Guantanamo non è ancora chiusa). Bowden nel libro, che segue passo passo le decisioni presidenziali e del suo entourage circa l’intervento per catturare, o meglio eliminare il capo di al-Qaeda, ci mostra un Obama dai nervi d’acciaio, deciso, che non si fa problemi d’intervento anche illegale in Pakistan.

 

Non un uomo cinico, o un politico macchiavellico, bensì un capo di stato che cerca di evitare la morte dei suoi uomini, dei suoi soldati, ovvero di preservare l’America da altri lutti. Determinato e capace di valutare il rischio, Obama incarna la faccia decisionistica degli USA, che non esita a utilizzare tutti i mezzi necessari per mantenere la propria leadership. In un certo senso Obama è il contrario esatto di Nixon, il presidente caduto per via dello spionaggio a danni dei suoi concorrenti elettorali democratici.

 

 

Watergate è il simmetrico opposto di Datagate: nel 1974 Nixon perseguiva illegalmente un fine privato, la sua rielezione; nel 2013 Obama persegue un fine comune, la potenza dell’America, anche con mezzi illegali (che lo sapesse o no, ne è comunque responsabile). Oggi le cimici infilate per ascoltare i democratici nel palazzo chiamato Watergate fanno ridere. Per essere intercettati basta la propria voce, da qualsiasi telefono si chiami, anche da una cabina pubblica, come testimonia Prodi: il tono di voce.

 

La vera guerra oggi si combatte così, e non importa se alla Casa Bianca siede un democratico simpatico, giovane e brillante, come il democratico Obama, oppure un retrivo e conservatore miliardario repubblicano. Il risultato, credo sarebbe il medesimo. Siamo noi italiani ed europei a dover ripensare le nostre idee sul mondo e sull’America. Alleato prezioso, baluardo della democrazia, ma anche superpotenza mondiale che vuole mantenersi tale grazie ai suoi supercomputer e smanettoni di Silicon Valley, grazie a Google e Facebook.

 

Nel 1974 Italo Calvino spiegava molto bene cosa è il potere, proprio partendo dalle vicende di Nixon. In Il potere intercambiabile, articolo apparso su il Corriere della Sera, l’autore del Barone rampante scriveva di come Nixon fosse perfettamente sostituibile, una volta rivelata la sua impresentabilità di spione e bugiardo. La vera essenza del potere contemporaneo è proprio questa intercambiabilità: “ La società moderna tende a una configurazione estremamente complicata che gravita su un centro vuoto ed è in questo centro vuoto che si addensano tutti i poteri e i valori” (Cavino). Sarà bene ricordarcelo anche nei prossimi anni.

 

Questo articolo è apparso precedentemente domenica 27 ottobre su L'Eco di Bergamo

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