Fare emergere la texture delle cose del mondo / Hercules Segers, misteriosi paesaggi

21 Febbraio 2017

Forse il più grande artista quasi sconosciuto, incisore e pittore. Morto tra il 1633 e il 1640, attivo in Olanda all’inizio del 1600, poco prima di Rembrandt.

Hercules Segers, di lui sappiamo ben poco, non abbiamo nemmeno un volto, o un’ipotesi di volto.

Eppure fu uno degli artisti più innovativi del Secolo d’oro olandese. Paesaggi melanconici come casse di risonanza che non somigliano a niente dei suoi contemporanei, ottenuti con una sperimentazione nell’arte incisoria così rivoluzionaria da rimanere un rompicapo per molti artisti e secoli a venire. 

 

Hercules Segers, Paesaggio con cascata, ca.1615-1630, Amsterdam, Rijksmuseum.

 

Si è chiusa in gennaio al Rijksmuseum di Amsterdam Hercules Segers, la prima grande retrospettiva a lui dedicata, organizzata in collaborazione con il Metropolitan Museum di New York, dove prosegue a partire dal 13 febbraio (The mysterious landscapes of Hercules Segers, fino al 21 maggio 2017). 

Questi due eventi presentano i risultati di un programma di ricerca scientifica e storica condotto per quasi tre anni dai ricercatori del Rijksmuseum. 

 

Hercules Segers, Sentiero nel bosco, olio su tela su tavola, ca. 1618-1620, collezione privata.

 

Per la prima volta l’opera di Segers è esposta quasi al completo, con 110 stampe, ricercatissime varianti ottenute da 54 matrici (tutte perdute), e 18 dipinti a olio (di cui due schizzi): un grande passo avanti nella ricerca se pensiamo che fino alla metà del Novecento gli storici dell’arte concordavano nell’attribuire a Segers (spesso indicato con Seghers) dai dieci ai dodici dipinti. Grazie agli studi sulle tecniche e sui materiali sono qui presentate tre nuove attribuzioni (da collezioni private) mai esposte al pubblico, come Woodland Path, un bosco fiabesco attraversato da un sentiero, un capolavoro in una spanna (16 x 22 cm) di rara intimità, quasi un sogno.

Gli studi scientifici hanno anche risolto alcune attribuzioni incerte, come River Landscape with figures, un delicato dipinto d’invenzione con un grande fiume e due insolite figure in primo piano, in controluce.

 

Hercules Segers, Paesaggio sul fiume con figure, olio su tela su tavola, ca. 1625-1630, collezione privata.

 

Un risultato eccezionale, “è raro poter aggiungere tanti dipinti a un corpus di opere così ridotto”, commenta Taco Dibbits, neodirettore del Rijksmuseum. La mostra prosegue dunque oltreoceano, con il generoso prestito del museo olandese che, con 74 incisioni e tre dipinti a olio, conserva il corpus più importante, seguito dal British Museum (che gli ha dedicato una mostra nel 2012) e dal Kupferstichkabinet di Dresda. Gli Stati Uniti riescono a malapena a racimolare dieci stampe tra i loro musei, ma il Metropolitan, con una sola incisione nelle sue collezioni, può ora presentare la prima retrospettiva americana di un artista a loro quasi sconosciuto, ma amato da Rembrandt (1606-1669), che di lui possedeva ben otto dipinti e una lastra di rame. Negli studi per queste mostre si è anche scoperto che Segers a sua volta possedeva un dipinto di Rembrandt, e così la leggenda prosegue, subito viene da chiedersi: si incontrarono? L’enigma rimane.

 

L’uomo e l’opera incisa

 

Hercules Segers, Paesaggio roccioso con strada e fiume, ca. 1615-1630, Amsterdam, Rijksmuseum.

 

Vedute alpine e vallate rocciose di desolante bellezza, popolate da ombre. Rare presenze umane, così piccole che amplificano il senso di vuoto della scena. Tronchi stecchiti e nudi sono a volte descritti in primo piano a fissare il luogo dello spettatore. Alpi svizzere, Tirolo, Appennini o Dalmazia? Vari tentativi sono stati fatti per trovare un legame visivo, varie le ipotesi di viaggi, ma senza successo. Non è come per Pieter Bruegel il Vecchio (1525-1569) che aveva stupito Karel van Mander perché, viaggiando in Italia, seppe poi riprodurre con grande maestria i paesaggi visti: “nell’attraversare le Alpi [Bruegel] si era nutrito di montagne e rocce al punto da riversarle più tardi sulla tela con una fedeltà addirittura sorprendente”. No, oggi si ritiene che Hercules Segers non andò mai più in là di Bruxelles.

Fantasia pura, respirata da ragazzo nella bottega di Amsterdam del suo maestro Gillis van Coninxloo (1544-1607), creatore di panorami fantastici, e nutrita dalla tradizione dei paesaggi fiamminghi di Pieter Bruegel il Vecchio, Lucas van Valkenborch, Joos de Momper.

 

Hercules Segers, Paesaggio roccioso con uomo che cammina, ca. 1615-1630, Amsterdam, Rijksmuseum.

 

Dell’opera incisa abbiamo oggi catalogate 184 stampe in tutto (due appena ritrovate), e sono le impressioni ottenute dalle 54 matrici perdute. Quasi sempre opere uniche, in totale controtendenza con quello che succedeva nel suo tempo, un tempo in cui quel medium serviva agli incisori e agli editori per produrre multipli, fedeli, anzi fedelissimi. Pensiamo per esempio a Hieronymus Cock che, verso il 1550, iniziò un’attività di editore di stampe e fondò ad Anversa la famosa bottega “Ai quattro venti” contornandosi dei migliori maestri incisori di traduzione. Il suo fiore all’occhiello era Pieter Brueguel il Vecchio che disegnò per lui ben oltre cento soggetti, tradotti su lastra dai più abili incisori di Anversa, a soddisfare il pubblico più esigente. 

 

Segers, al contrario, aveva un’idea ben diversa dell’arte incisoria. Lavorava e rilavorava le sue lastre in vari stati, le tagliava, le rigirava. Stampava ogni volta qualcosa di unico e molto raramente creava due carte identiche. Lontanissimo dall’idea che una stampa si dovesse fermare al bianco e nero, combinava vari inchiostri tipografici, tecniche incisorie, colorava a mano e utilizzava diversi supporti, spesso tinti prima della stampa. I colori venivano dunque non solo stampati, ma dati al supporto prima o aggiunti dopo la stampa. Il Paesaggio roccioso con uomo che cammina ne è un esempio: acquaforte stampata in blu, lavorata anche a puntasecca per ottenere un segno vellutato, su carta precedentemente tinta di rosa, e poi rilavorata con ritocchi di pennello, in primo piano. 

 

Un lavoro di grande forza che trae il suo motore nell’uso creativo del procedimento: paiono quadri su carta o “dipinti stampati”, “gedrukte schilderijen”, come li definì Samuel van Hoogstraten (1627-1678), artista, poeta e critico, il suo primo biografo, che fu anche allievo di Rembrandt. 

Nato a Haarlem (1589/1590), figlio primogenito di Pieter Segers, un mercante di stoffe e di quadri, la famiglia si trasferì ad Amsterdam tra il 1592 e il 1596, e lì fu presto mandato come apprendista nella bottega del pittore Gillis van Coninxloo. All’inizio della sua carriera, verso il 1619, acquistò una grande casa ad Amsterdam in Lindengracht, che però fu costretto a vendere nel 1631 per far fronte ai suoi debiti. Uomo “sfortunato, incompreso”, secondo Van Hoogstraten, capito dai collezionisti solo dopo la morte mentre, in vita, le sue carte, a detta dei mercanti d’arte, erano buone solo “per avvolgere burro e sapone”. E così Hercules “tornava a casa sconsolato”. La pagina a lui dedicata nella sua importante opera Introduzione all’Accademia della Pittura (Rotterdam, 1678), se pur folta di aneddoti, rimase l’unica fonte di notizie dell’epoca, ripresa da tutti i successivi biografi. 

 

Oggi invece sappiamo che Segers mantenne contatti con altri artisti, con mercanti d’arte, e che fu un pittore prolifico anche se solo una piccola parte della sua opera è giunta a noi. Lasciata Amsterdam, visse a Utrecht per un breve periodo, e lì vendette molti dei suoi quadri, più di una trentina. Verso il 1632 si trasferì a L’Aia dove morì.

Uno dei nodi non risolti è la causa e l’anno della sua morte, una morte improvvisa tra il 1633 e il 1638, che potrebbe spiegare perché molte stampe finirono nelle mani dei collezionisti ancora non finite e in uno stadio di piena sperimentazione.

 

“Dipinti stampati”

 

Hercules Segers, Paesaggio roccioso con una strada che costeggia una gola, ca. 1615-1630, Amsterdam, Rijksmuseum.

 

Presi dalla bellezza di questi paesaggi non ci si rende conto che in alcuni casi siamo veramente di fronte a “dipinti stampati”, come giustamente scrisse Van Hoogstraten nel 1678. Infatti non c’è solo la natura atipica del suo lavoro non seriale a entrare in gioco, con interventi a mano che conferiscono al tutto una qualità pittorica. Non è solo questo. Segers stampava anche su stoffa. Su lino, o su cotone, come per questa piccola opera, un Paesaggio roccioso con una strada che costeggia una gola (fig. 6, cm 15 x 16). La strada, appena percettibile, si snoda sulla sinistra. 

Ma la cosa sorprendente è che quest’opera proviene da un lavoro subito precedente, suo gemello (fig.7), che però a prima vista non sembra appartenere alla stessa matrice: è irriconoscibile. Alcune linee tondeggianti sono distinguibili in alto a destra – la chiglia di una nave –, in cielo, ed entrano in risonanza con la solitudine di un mondo altro, una strada sulla destra. Acquaforte e puntasecca stampata in blu su carta tinta di un pallido rosa. Segers ha qui riutilizzato una sua precedente lastra (grande, con varie navi, tagliata in pezzi) per creare un nuovo ambiente roccioso. 

 

Hercules Segers, Paesaggio roccioso con una strada che costeggia una gola, ca. 1615-1630, Amsterdam, Rijksmuseum. 

 

Ottenuta la stampa su carta rosata (fig.7) l’artista l’ha usata ancora bagnata per realizzare una controstampa su stoffa di cotone, precedentemente tinteggiata di giallino (fig.6). Un base grafica sulla quale lavorare. Ha poi dipinto il cielo in azzurro con pittura a olio, rendendo i frammenti della nave invisibili. Non tanto un paesaggio ma un’atmosfera, sempre più astratta e spaesante.

Un procedimento che lascia stupiti per la capacità di inventare di volta in volta situazioni creative di assoluta libertà che poco o nulla hanno a che fare con l’incisione come veniva intesa dai suoi contemporanei. 

 

La ricerca di Segers sembra guidata anche da un’indagine percettiva. L’impressione che si ha passando da una carta all’altra è proprio questa, il desiderio continuo e costante di far vivere lo stesso panorama non nelle stagioni della natura, ma nell’atmosfera del tempo che scorre, dall’alba al crepuscolo, al buio profondo. E così, il paesaggio roccioso, ma rosato con fiabesca cascata (fig.1) – e con luna o sole ? A trionfare in cielo – muta aspetto in tante varianti che raccontano il tempo, il giorno, la notte (fig. 8), gli umori, le solitudini. La notte trasforma le cose del mondo, tutto si avvicina, s’appiattisce, diventa astratto.

 

Hercules Segers, Paesaggio con cascata, ca.1615-1630, Amsterdam, Rijksmuseum. 

 

Le macchie e le sfumature che si notano nel cielo di Paesaggio con cascata (fig. 1 e fig. 8, cm 15 x 19) sono ottenute con una morsura imperfetta, che deriva da una stesura sottilissima della vernice di protezione della lastra. Di questo soggetto esistono undici stampe, tutte diverse; alcune, non così sperimentali, mettono in evidenza il paesaggio di montagna, con al centro il paesino, il campanile, la scena rasserenata dalla cascata. I quattro stati che sono stati individuati e messi a fuoco per questa lastra, con i piccoli interventi dell’artista, e le minute diversità di esposizione all’acido, o di pulitura della lastra inchiostrata, testimoniano la caratteristica sperimentale del lavoro di Segers, che seppe cercare, gestire e rimodulare gli inciampi a suo favore creando effetti inediti e di grande modernità. 

 

Tra fantasia e realtà

 

Viaggiò nelle province di Utrecht e del Gelderland, e alcuni paesaggi dipinti sono stati ricostruiti, come per esempio una bella veduta dell’allora minuscola cittadina di Wageningen dove, nell’ampia pianura, due mulini e la chiesa si stagliano nel cielo rosa. Tutto sembra corrispondere al profilo storico del luogo… però a sinistra c’è una tonda collina che nella realtà non esiste. Allo stesso modo, in un’incisione (molto sbiadita) Segers descrive minuziosamente i tetti di Amsterdam che si vedevano dalla sua finestra, con la nuova chiesa in costruzione, la Norderkerk (completata nel 1623), ma aggiunge sullo sfondo un boschetto di piante che secondo gli studi più recenti non poteva esserci. Poi, lo stesso identico gruppo di case è trasportato e immerso in un grande paesaggio dipinto, ai piedi di un dirupo roccioso (fig. 9), montagne e un grande fiume in lontananza. Fantasia e realtà giocati come in una continua fiaba.

 

Hercules Segers, Case vicino a dirupo, olio su tela, ca.1619-1623, Rotterdam, Museum Boijmans Van Beuningen. 

 

Ma la tela più suggestiva e più grande ad oggi conosciuta, e conservata a Firenze agli Uffizi, ci mette di fronte a una parete rocciosa di pura invenzione, sassi di varia natura tra terra e cielo, che sovrastano una veduta, una valle, dell’acqua, una cittadina all’orizzonte (fig. 10, cm 55 x 99). È come se stessimo per arrivare da un tortuoso viaggio nella natura selvaggia e ci accogliesse una visione. Anche in pittura, nel descrivere le rocce, egli mantiene un andamento a volte rapido e spezzato, a volte mimetico, quasi ad indagare e mostrare la natura stessa delle cose. Rocce immaginate, ma studiate intimamente e da vicino, forse partendo da comuni sassi, antico trucco già nei consigli di Cennino Cennini che intorno al 1400 suggeriva Il modo del ritrarre una montagna del naturale: “se vuoi pigliare buona maniera di montagne e che paino naturali, togli di pietre grandi che siano scogliose e non pulite, e ritra’ne del naturale, dando i lumi e scuro, secondo che la ragione t’acconsente”.

 

Hercules Segers, Paesaggio di montagna, olio su tela su tavola, ca. 1620-1625, Firenze, Galleria degli Uffizi. 

 

Sembra che sia proprio grazie a questo dipinto “roccioso” che Segers pittore, dopo esser stato dimenticato per più di un secolo, sia tornato ad attirare l’attenzione dei critici, intorno al 1870. Molto mal conservato dopo la sua morte, il quadro presentava un buco al centro e molti ritocchi in un’ampia zona a destra, nel cielo. Si pensava che fossero di mano di Rembrandt, ma oggi sappiamo che non è così. 

 

Segers e Rembrandt

 

Rembrandt fu un suo grande ammiratore. Dall’inventario dei suoi beni, redatto nel 1656, anno della sua bancarotta, possiamo dire con certezza che possedeva otto dei suoi dipinti. Aveva anche una sua lastra di rame (perduta), probabilmente acquistata dopo la morte, che rappresentava Tobiolo e l’Angelo (fig.11), in primo piano in un paesaggio: la rilavorò drasticamente verso il 1652, eliminando i due personaggi, e creando la Fuga in Egitto (fig. 12), con Maria, l’asinello e Giuseppe. Le grandi ali dell’angelo di Segers sono ancora visibili nella stampa della nuova composizione, anche se mimetizzate tra le fronde degli alberi creati da Rembrandt. 

 

Hercules Segers, Tobiolo e l’angelo; Rembandt van Rijn, La fuga in Egitto (da Segers), Amsterdam, Rijksmuseum. 

 

Abbiamo qui una singolare catena di grandi autori: Segers si era infatti basato su di un' incisione di Endrick Goudt, un d’après dal dipinto Tobiolo e l’angelo di un artista anonimo (olio su rame, conservato a Londra, alla National Gallery), la copia di un’opera perduta di Adam Elsheimer, Tobiolo e l’angelo

Non sappiamo i motivi per cui Rembrandt sia intervenuto in modo tanto drastico in un’opera di un artista che amava. Rembrandt aveva una bottega e degli allievi, ma per lo più in pittura, pochi lo seguirono nella sua passione incisoria. Possedeva opere o d’après di molti artisti che ammirava, come per esempio Albrecht Dürer, Lucas van Leyden, Leonardo da Vinci e Pieter Paul Rubens, e all’epoca era buona pratica artistica mettersi alla prova con la propria galleria di preferiti. La lastra di Segers fu certamente motivo di studio, e stimolo per una nuova invenzione, dettata anche da una certa affinità. Non si tratta qui tanto di affinità di temi, quanto di approccio creativo al lavoro, come l’idea di Segers di procedere su lastra in vari stati, il mantenimento o l’uso delle vecchie tracce, l’uso di supporti diversi (Segers fu anche il primo a usare carta orientale, vent’anni prima di Rembrandt), o di tecniche miste. Pur con un segno grafico diversissimo (Segers incideva con mano pittorica mentre Rembrandt era un mago del chiaroscuro lineare e grafico), va notato che anche Rembrandt, come Segers prima di lui, utilizzò acquaforte, puntasecca e bulino sulla stessa lastra per sperimentare effetti inediti e nuove possibilità artistiche. Lo vediamo bene nell’opera di Rembrandt I tre alberi, dove le tre tecniche sono abilmente mescolate, e risentono (anche dal punto di vista compositivo) dell’influenza di Segers, tanto che nel 1916 lo storico dell’arte Jaro Springer suggerì che fosse anch’essa una lastra di Segers, rilavorata da Rembrandt. 

 

 

Alberi, tecnica e poesia

 

Hercules Segers, Strada con alberi, una città sullo sfondo, e dettaglio, ca. 1622-1625, Amsterdam, Rijksmuseum.

 

Una strada con alberi a sinistra, una cittadina in lontananza, tutto sembra apparentemente molto normale. Ma il segno è immediato e fluido come un disegno a pennino, non vi sono chiaroscuri, sfumature o toni. Non può essere un segno nato da bulino, puntasecca o acquaforte… siamo di fronte a qualcosa di totalmente nuovo.

Segers ha eseguito la sua composizione Strada con alberi “disegnandola” direttamente sulla lastra di rame sgrassata, e inventando quella che poi sarà chiamata “maniera allo zucchero” o “maniera a penna”. Si tratta, in estrema sintesi, di utilizzare per il disegno (mediante pennino o pennello), una soluzione di inchiostro e zucchero che, una volta asciutta, viene ricoperta da un sottile strato di vernice di protezione. Immergendo il tutto in acqua calda, lo zucchero solleva la vernice, scoprendo così la lastra solo in corrispondenza del disegno originale, che appare; si procede poi come per una normale acquaforte. 

 

Nessuno prima di Segers aveva intuito e sviluppato le tante potenzialità grafiche di questo metodo, di cui a quanto pare non lasciò traccia scritta, abbandonando artisti e studiosi di calcografia nel buio totale (dopo di lui non verrà più praticato per 150 anni). Abbiamo cinque impressioni della stessa veduta, una di esse è stampata in inchiostro verde: verde la strada, verde la città, tutto così verde che sembrerebbe un errore, invece è il preludio allo studio di un albero scritto… Scrivere un albero, come è possibile?

 

14. Hercules Segers, L’albero muschioso, ca. 1615-1630, Amsterdam, Rijksmuseum.

 

L’albero muschioso non è un albero, non ha tronco, non ha rami – si tratta piuttosto di una calligrafia, melanconica ma vitale, quasi orientale. Fronde muschiose e vellutate di verde si presentano ai nostri occhi, in una sorta di poetica danza della natura. Un’unica stampa è giunta a noi. Segers si rivela qui grande maestro nel mettere a punto una sua tecnica indiretta rivoluzionaria e trasmettere sensazioni non comuni, nemmeno oggi, nell’arte calcografica. Stampò la piccola lastra (perduta, mm 168 x 98) in inchiostro verde, su base leggermente rosata, con finiture a pennello, per lo sfondo. 

 

Dalle ultime ricerche sembra che Hercules Segers lavorasse alla calcografia e alla pittura in un unico atelier. Così, se da un lato preparava i colori a olio per le sue tele, dall’altro sperimentava gli stessi colori a olio anche sotto il torchio, stampando, cosa del tutto inusuale, in blu, verde o giallo pallido. Incurante delle regole della tradizione, percorse strade sperimentali rendendo fluidi i confini tra pittura e incisione, mescolando idee e tecniche con una libertà che gli consentì di superare i limiti dell’arte calcografica come era intesa nel suo tempo. Ci ha lasciato un’opera piena di fascino e poesia, non solo per la tecnica inarrivabile, o le vedute sassose di pura invenzione, o i “dipinti stampati” quasi astratti, o le notti di magia, ma anche per la sua insistenza nell’indagare, scavare, fare emergere la texture delle cose del mondo.

 

The mysterious landscapes of Hercules Segers (New York, Metropolitan Museum, 13 febbraio – 21 maggio 2017). Hercules Segers (Amsterdam, Rijksmuseum, ottobre 2016 – gennaio 2017). Le mostre sono accompagnate da Hercules Segers: Painter, Etcher. A Catalogue Raisonné in due volumi (tavole e testi). Il volume delle tavole illustra a colori le 184 stampe ad oggi conosciute, nei vari stati delle 54 lastre, spesso nelle misure originali. Una sezione è dedicata ai 18 dipinti attualmente attribuiti.

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