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Ucraina, la radio resistente / La guerra nell'etere

1 Maggio 2022

Nei primi giorni di marzo, dopo solo una settimana dall’invasione russa in Ucraina, su decine di radio private locali l’esercito di Putin diffondeva attraverso i trasmettitori ucraini un messaggio: le città sarebbero presto state liberate dalla giunta criminale di Kiev, bisognava solo mantenere la calma. È incredibile come la radio rivesta da sempre un ruolo cruciale nei territori destabilizzati da guerre, conflitti, disastri ambientali improvvisi. Non è solo la mia personale passione, ma sono i fatti e la storia a permettermi di affermare senza timore che, da quando esiste, la radio si attesta come il più agile, robusto e resistente dei media.

 

La rapidità con cui l’etere ucraino è stato colonizzato dalle forze russe in realtà non deve stupire, è parte di una strategia ben definita e di lungo corso. Me l’ha spiegato Andrea Borgnino, esperto di storia della radio e radioamatore, intento da anni ad analizzare il ruolo delle emittenti nel corso dei conflitti in ogni angolo del mondo. Borgnino segue le vicende ucraine sin dall’inizio della guerra del Donbass e in queste settimane, attraverso un trasmettitore capace di captare le onde corte, è riuscito, insieme al suo gruppo di radioamatori in Italia, a ricevere voci e suoni dalle zone di guerra, un materiale prezioso per ricostruire l’andamento del conflitto, come sa bene anche il New York Times, che si è servito di molte intercettazioni radiofoniche per mettere insieme i pezzi di questo puzzle bellico così difficile da assemblare. Strategia di lungo coso, dicevo, iniziata già nel 2014, anno in cui il governo di Putin stipulava un accordo con la Moldavia per la concessione del più potente trasmettitore del Centro Europa, uno strumento costruito dagli stessi tecnici russi quando la Moldavia faceva ancora parte dell’Unione Sovietica, primo grande passo verso una vasta campagna di propaganda radiofonica. Oggi gli aggressori trasmettono in lingua russa in territorio ucraino da sempre più antenne, la strategia consiste nel non distruggere i trasmettitori, ma nell’appropriarsene ai fini di diffondere il proprio segnale, con il duplice vantaggio di ampliare la propaganda di Putin e di mantenere in funzione dispositivi necessari anche per le comunicazioni militari, ma la resistenza ucraina appare tenace anche sull’etere.

 

Sin dalle prime ore del conflitto una squadra di “pirati delle frequenze” è riuscita a disturbare le conversazioni via radio dell’esercito, interrompendole con canti patriottici, inni e insolite registrazioni di grugniti di maiali, che Andrea Borgnino ha captato e che io stessa ho potuto ascoltare. Decine di piccole radio private ucraine hanno dovuto interrompere le trasmissioni ma la radio pubblica sta resistendo, mantenendo attivo uno solo dei suoi cinque canali, che ha il compito essenziale e delicato di informare quei civili che non hanno più accesso a fonti di energia stabili e quelli che sono costretti a passare molte ore dentro i bunker, in grado di tenersi in contatto con il mondo grazie a una semplice radiolina e due pile stilo. A inizio marzo ho parlato con Kyrylo Loukerenko, direttore esecutivo di Hromadske Radio, una delle più importanti radio indipendenti ucraine. Hromadske è più di una singola radio, è un network che prima del conflitto trasmetteva da diverse regioni del Paese, simile alla nostrana Radio Popolare.

 

Via Zoom, parlando da un villaggio ai confini con la Romania dove si è rifugiato in questi giorni dopo avere lasciato Kiev, Loukerenko ha spiegato che la radio pubblica gode di centinaia di trasmettitori in tutto il Paese e che continua a funzionare, nonostante i numerosi attacchi da parte dell’esercito russo. Mi ha raccontato che l’emittente di Stato è riuscita ad evacuare molti dipendenti nell’ovest del Paese, ha creato un’alleanza con alcuni media privati, ha unito le forze e ora trasmette un solo contenuto su un unico canale. Hromadske Radio ha scelto di non fare parte di questo progetto istituzionale e in effetti non ha mai chiesto sostegno al governo, si mantiene da sempre grazie a progetti, campagne di finanziamento e donazioni. Oggi la situazione è sicuramente difficile, la radio ha all’attivo solo quattro dei suoi undici trasmettitori, gli altri sette sono danneggiati a causa dei tagli all’elettricità o occupati dall’esercito russo, ma continua stoicamente a resistere on air e a informare come e dove può.

 

Nelle grandi città e dove i tagli all’elettricità ancora non hanno prodotto gravi disservizi, spiega Loukerenko, le persone continuano a informarsi come hanno sempre fatto in questi ultimi anni, soprattutto attraverso i social network come Telegram, Twitter e Facebook, ma le zone in cui non si riesce più ad accedere a internet sono in aumento e qui la radio gioca un ruolo cruciale.

 

 

Kraina FM è un’altra radio indipendente di Kiev, i suoi speaker sono scappati dalla città e trasmettono da un villaggio a ovest, all’interno di una stazione sciistica abbandonata. In queste settimane, oltre a veicolare informazioni, bollettini e favole per i più piccoli, la radio sta coordinando gli aiuti umanitari e amplificando messaggi di richieste di aiuto, un giorno la redazione ha saputo che l’esercito ucraino aveva bisogno di un centinaio di computer portatili, la richiesta è stata subito mandata in onda e ripetuta ogni quindici minuti, circa due ore dopo i militari hanno richiamato, avevano abbastanza computer.

 

Lì dove non è più possibile trasmettere in FM si sono ripristinati i canali sulle onde corte, una modalità di trasmissione degli inizi del secolo scorso che ha il vantaggio di essere semplice, efficace e con una grande copertura geografica: i segnali sono trasmessi su frequenze più basse e possono viaggiare percorrendo migliaia di chilometri rimbalzando sulla ionosfera. Poco prima che in Russia fosse bloccato l’accesso al sito Bbc News, l’emittente britannica ha annunciato che avrebbe ricominciato a trasmettere il suo notiziario internazionale attraverso le onde corte per quattro ore al giorno, inviando il segnale dall’esterno della zona di conflitto e senza appoggiarsi a infrastrutture locali, in modo da garantire agli abitanti di alcune parti della Russia e dell’Ucraina un continuo flusso di notizie. Una tecnologia che ancora oggi risulta utilissima anche lì dove alluvioni, terremoti o altri disastri ambientali distruggono le reti di comunicazione.

 

Era già accaduto, accade ancora, in Ucraina come nel resto del mondo. In Tunisia dopo la caduta della dittatura di Ben Alì, nei territori palestinesi in eterno conflitto, nell’Haiti post terremoto, lì dove il diritto all’informazione è messo in pericolo la radio è un’ancora di salvezza e un presidio di garanzia per chi vuole sapere cosa accade. In una lunga e affascinante chiacchierata, il ricercatore e storico della radio Raffaello Ares Doro mi ha parlato del ruolo di Radio Londra e Radio Bari durante la seconda guerra mondiale, due pilastri della storia della radiofonia in Italia, ma anche delle emittenti spagnole durante la guerra civile  e di quelle francesi nel periodo dell’occupazione, delle voci al microfono che hanno seguito ora dopo ora il golpe contro Salvador Allende nel Cile, di Radio Rebelde a Cuba, megafono del governo castrista, ma anche di Radio Milles Collines, che durante il conflitto in Ruanda ha istigato all’odio razziale.

 

Ares Doro mi ha ricordato che nel 1991 la storica trasmissione della Rai Notturno Italiano si mise in contatto con gli italiani in Iraq ostaggio di Saddam Hussein: i suoi microfoni arrivarono prima delle immagini in tv del ministro Roberto Formigoni, in missione per rimpatriare i concittadini. C’è poi una storia di resistenza poco nota che amo ricordare: nei mesi che precedono la liberazione di Roma, un gruppo di dipendenti EIAR ha agito segretamente per nascondere componenti della stazione radiofonica di Roma, che altrimenti sarebbero stati sequestrati dalle truppe naziste durante la ritirata. In questo modo il 6 giugno, a soli due giorni dalla liberazione della città, Radio Roma Liberata ha potuto iniziare le sue trasmissioni, annunciando l’entrata delle truppe americane nella capitale e il contemporaneo sbarco in Normandia. Era già successo in Puglia, in Sicilia, in Campania… la resistenza fa suoi i microfoni fascisti ed è tutta un’esplosione di musica jazz, interviste, chiacchiere, filastrocche, discorsi e saluti.

 

Sono gli stessi mesi in cui ai microfoni di Radio Bari le cronache di regime recitate dalla voce marziale di Niccolò Carosio cedono il posto a lunghi discorsi di Benedetto Croce, che immagino al principio avranno lasciato quanto meno perplessi gli ascoltatori. A quel vivace microfono pugliese si alterneranno anche Alba De Céspedes, Arnoldo Foà, Anton Giulio Majano, per citarne alcuni. Proprio in questi giorni un mirabile audio documentario di Marcello Anselmo e Filippo Ortona, trasmesso da Radio Rai 3, ha riportato in vita un’altra vicenda poco nota, la storia di Radio Libertà, una piccola emittente pirata e partigiana nata nelle colline del biellese. Radio Libertà ebbe vita breve, dall’autunno del 1944 alla primavera del 1945, ma fu protagonista di eventi storici importanti: in seguito a un eccidio nazifascista per esempio, il CLN di Biella indisse uno sciopero generale dai microfoni di Radio Libertà, fu un successo su tutta la linea. 

 

Rimane poco o nulla delle trasmissioni realizzate dalle radio liberate e partigiane, non si usava registrare e la radio era ancora quello che è stata per molti anni, parole al vento amplificate nell’etere. Questa storia però va raccontata e scritta, per non dimenticare questa formidabile stagione resistente dell’etereo etere. La radio è un ponte, ieri come oggi: nelle nazioni confinanti con l’Ucraina molte emittenti locali stanno trasmettendo in lingua per dare informazioni e regalare intrattenimento ai profughi e già dalle prime settimane di conflitto le radio ucraine hanno ricevuto solidarietà e supporto dalla comunità internazionale, attrezzatture e strumentazioni sono arrivate da Praga e da Londra, mentre in Germania con un crowdfunding si stanno raccogliendo fondi per sostenere le due radio indipendenti Hromadske e Kraina FM. È il modo migliore per starci vicini, ha chiosato Kyrylo Loukerenko dalla casa al confine da cui mi parla in videochiamata. Il direttore di Hromadske Radio è certo che il sostegno materiale e morale permetterà ai giornalisti ucraini di continuare a ricercare, a verificare le fonti, a distinguere le false notizie da quelle vere, a raccontare all’Ucraina e al resto del mondo quello che accade, nel modo più imparziale e indipendente possibile.

 

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