“La sposa del mare” e “Notti insonni” / Amity Gaige e Elizabeth Hardwick, scrittrici indefinibili

17 Luglio 2021

C'è una frase in Notti insonni di Elizabeth Hardwick (Blackie edizioni, 2021) che rinvia a un altro libro, di un'altra americana, Amity Gaige, La sposa del mare (NN Edizioni, 2021) e che sollecita riflessioni sulla scrittura delle donne.

La Hardwick, a un certo punto, dice: "Biglietti, migrazioni, preoccupazioni, proprietà, debiti, cambi di nome... e così dal Kentucky a New York, poi a Boston, fino al Maine... certo, non ha la stessa enfasi di: 'ho avvistato il vecchio nostromo dalla barba bianca sul ponte e mi sono arruolata per il viaggio'. In fin dei conti sono una donna, io!", rimpiangendo che alle donne non sia consentito scrivere un romanzo di avventura, condannate come sono a raccontare la quotidianità. Nel suo libro niente nostromi, navi o imprese oceaniche. La Hardwick viene descritta dalla sua massima estimatrice, Joan Didion, come l'autrice di una "cronaca incessante del flutto di fondo nella vita di famiglia... un'osservatrice del nucleo casalingo, una lettrice costante del testo domestico". Una che dice "Ho sempre cercato, per tutta la vita, l'aiuto di un uomo". Ed ecco la saldatura con l'affascinante romanzo di Amity Gaige dove la protagonista, dal nome shakespeariano di Juliet, si arruola invece proprio per un'avventura di viaggio in barca, con il marito e i due figlioletti, che li terrà lontano da casa per un anno. Questo sarà il suo racconto: l'impresa oceanica non di una nave ma di una fragile barca abitata da una famiglia. 

 

Anche Juliet cerca l'aiuto di un uomo: durante una tempesta paurosa, con il cielo che diventa improvvisamente buio, si trova da sola a dover governare la barca, con il marito fuori gioco, sfinito dalla dengue, con la febbre alta: "Non so cosa fare, dissi", "Mi accovacciai nell'esiguo spazio accanto a Michael. Perché non puoi aiutarmi? implorai".

Elizabeth Hardwick scrive Sleepless Nights nel 1979, più di quaranta anni fa, mentre Sea Wife della Gaige è del 2020. La Hardwick, nacque nel 1916 ed è morta nel 2007, Amity Gaige ha oggi quarantotto anni. Sembra sia passato un secolo tra i due libri. Il primo ha un impianto novecentesco, nonostante il piglio "sperimentale", né biografia né memoir, che gli attirò la definizione di "romanzo strano" (Joan Didion, nella prefazione, dice "indefinibile"). Il secondo testimonia il talento di una scrittrice che si misura, anche lei, con la "stranezza" di un soggetto (una donna della media borghesia che accetta la proposta del marito, assicuratore frustrato, di un anno sabbatico da passare in mare, tra l'incredulità dei familiari e degli amici, con una bambina di sette anni e un maschietto che ancora non parla).

 

Elizabeth Hardwick non cita mai il marito, il famoso poeta Robert Lowell, la cui presenza aleggia nel libro, evidentemente incutendole un reticente rispetto. Amity Gaige si spinge fino a "rifare" la scrittura del marito di Juliet, allenandosi sullo stile maschile e penetrando la psiche di un uomo, nei diari di bordo che Michael scrive e che punteggiano il romanzo. Anche Juliet, che compone poesie, ha, in un certo senso, consacrato la sua vita a un poeta, anzi a una poetessa: Anne Sexton (1928-1974). Un dettaglio biografico vero della vita della Sexton, di cui tuttavia non si parla nel libro (un abuso sessuale subito da piccola), la lega a Juliet che, alla fine della storia, riproduce un saggio che lei stessa scrive ("in via di pubblicazione per la Fairleigh Dickinson University Press") intitolato La stessa sporcizia. Confessione e narcisismo nei sobborghi: la poetica di Anne Sexton. In questo "falso" saggio Juliet scrive: "Fu M.L.Rosenthal, nel 1959, nella sua recensione a Life Studies di Robert Lowell, a definire per la prima volta cosa sia la 'scuola confessionale'. Secondo Rosenthal le umiliazioni private, le sofferenze e i problemi psicologici dell'autore sono centrali nella poesia confessionale. L'etichetta 'confessionale' è rimasta (anche la Sexton fu davvero annoverata tra i poeti che si rifacevano a questa definizione di poesia, n.d.r.) ma col senno di poi potremmo dire che Rosenthal mettesse in evidenza l'elemento sbagliato, poiché considera che la poesia scaturisca più da un senso di vergogna che dalla conoscenza di sé". 

 

La sposa del mare è un romanzo sul coraggio di una donna che sembra arrendersi mille volte, alle prese con una vita familiare rassicurante ma, allo stesso tempo, deformante, segnata dal "non detto" sull'abuso subìto, tra la madre e lei bambina, un nodo che soltanto dopo la tempesta dalla quale Juliet riuscirà da sola a salvarsi e a salvare la famiglia, si scioglierà. Così, alla fine, Amity Gaige svela che il tema centrale del suo romanzo è quel che rende forte una donna: la coscienza di sé. Per molte pagine lo aveva occultato, conducendoci abilmente con Juliet verso false piste, alla fine lo esplicita riproducendo due vere poesie di Anne Sexton, Moglie e marito (1963) e La doppia immagine (1960): "Un soldato è costretto a stare con un soldato perché condividono la stessa sporcizia e gli stessi colpi" e "Ti racconto quello che non potrai mai sapere veramente: / tutte le ipotesi mediche / secondo cui il mio cervello non sarebbe mai stato autentico / come queste foglie che si lasciano andare". Anne Sexton morì suicida, Juliet invece vince la tempesta che l'aveva sbattuta tra i flutti della vita: alla fine dell'avventura in mare si ritrova sola con i bambini, ricomincia a scrivere, e realizzerà il suo sogno di un dottorato a Boston.

 

 

C'è anche in Notti insonni la lotta per la vita: nel racconto della cantante Billie Holiday ("tutta la sua vita si era svolta al buio", "Quasi tutti erano dei falliti, ma vivevano animati da speranze irrealistiche... accumulavano bollette, mentivano e lottavano contro la confusione grazie a depravazioni medie"). 

La "medietà" è un tema della Hardwick che ci consegna i magistrali ritratti di una ragazza diventata prostituta "senza nessuna chiara esigenza economica", della figlia di un industriale che ha scelto di vivere in povertà e che "parlava di costruire il socialismo con voce svolazzante", di due domestiche ("Le donne lavoratrici erano chiacchierine e allo stesso tempo assurdamente evasive"). Lei era di sinistra, come il padre idraulico, e considerava l'emancipazione femminile soprattutto come il riscatto dall'"inferiorità fisiologica" che ancora in quegli anni si attribuiva alle donne.

 

Le descrive come "vecchie mucche abbandonate a loro stesse, completamente sprovviste", ed è in questo disincanto cinico che la Hardwick rivela la "forza folle", una resistenza "a volte ripugnante di queste combattenti che non sanno di esserlo".

Ambedue i romanzi, pur rifacendosi alle peculiarità della scrittura femminile come tradizionalmente viene intesa (e cioè storie ambientate nella quotidianità familiare, autobiografia, capacità di introspezione) in un certo senso le superano: la Hardwick operando una sorta di trasformazione della memoria e scrivendo un libro che mischia i generi, andando oltre le convenzioni, riuscendo nel difficile compito di amalgamare vita vera e poesia. Certe pagine di Notti insonni descrivono un microcosmo interiore così dettagliato da diventare paradigmatico del "mondo fuori", un ordine messo in crisi da "un vago rimescolamento nella sua testa" e "per ogni singolo istante scoppiava uno stereotipo, che restava appeso lì come una nuvoletta sulla testa di un'eroina da fumetto. La ragazzina con lo straccio, i vestiti stesi ad asciugare, la moglie davanti ai fornelli, un piatto o due, le candele". Ma il vero salto verso una letteratura "androgina" lo compie Amity Gaige, scrivendo "al femminile" un romanzo maschile, zeppo di termini nautici, un romanzo realista che non cede mai alle seduzioni della metafora.

 

L'ambiente claustrofobico della barca di tredici metri, dove si svolge la storia raccontata da Juliet, è lo stesso del film di Ang Lee Storia di Pi (2012) ma lì il ragazzo e la tigre costretti a condividere uno spazio ridotto per duecentoventisette giorni, sono il pretesto per spiegare la metafora di un umano costretto a rivelare il proprio lato animalesco e violento, necessario per sopravvivere a un drammatico naufragio. La barca di Juliet sembra invece la "casa" che finalmente ricompone una relazione coniugale in via di disfacimento, e quando la tragedia incombe, Juliet sopravvive alla tormenta con la forza molto concreta della disperazione, riuscendo a non perdere la lucidità nonostante il sonno, senza cedere alla paura, mentre da sola affronta il vento, le onde, la pioggia ("Mi resi conto che, nella lotta fra mare e cielo, avrei preso le parti del mare, di cui conoscevo la collera"). In questo romanzo di avventura e di suspence, Amity Gaige conduce Juliet alla ricerca della verità su se stessa, che la farà uscire dall'armadio a muro della sua camera, dove si rintanava per separarsi dal mondo. Così, per colpa di una tempesta e di una malattia, Juliet si appropria degli strumenti dell'universo maschile prima dominato da Michael, che tuttavia voleva renderla partecipe, mostrandole e spiegandole, della barca, la cima e il fiocco, il verricello, la drizza e il matafione e riuscendo, per fortuna, a vincere la sua femminile riluttanza. 

 

La sposa del mare è un grande romanzo di avventura e di conquista, una storia avvincente che, come Notti insonni di Elizabeth Hardwick, va oltre la specificità di genere: scritti da donne ("Amiche, questo canto è per voi, soprattutto per le madri e le artiste-madri", scrive la Gaige nei ringraziamenti), ma ambedue ascrivibili alla letteratura per tutti, dedicata alle donne e agli uomini liberi, che sanno ascoltare.

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