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Diario (4) / E dopo il Paradiso cosa c'è?

16 Maggio 2021

E “il quarto pezzo”? Quando nel 2017 iniziammo a lavorare all’Inferno, mi ritrovai insieme a Serena Cenerelli a spiegare a un gruppo di signore la struttura dell’intera Commedia, il viaggio dalla selva oscura al Paradiso, la divisione in tre cantiche, ovvero in tre parti. Una signora chiese: “E il quarto pezzo”? Non compresi. Il quarto pezzo… in che senso? E lei, convinta, serissima: “Il quarto pezzo, dico, dopo Inferno, Purgatorio e Paradiso…” 

 

La domanda forse rifletteva le abitudini dell’era dello spin-off, ovvero la cultura delle serie televisive, per cui una storia, se ha ben “funzionato”, una volta finita va comunque continuata, magari inventandosi le vicende di un personaggio “secondario” che nella storia-madre non era protagonista: non Dante quindi, ma, che so, le vicende che han portato all’omicidio di Pia dei Tolomei o quelle del musicista Casella o i furori di Gianciotto Malatesta, detto anche “Gianne lo Sciancato”, politico e condottiero, tradito dal fratello Paolo e dalla sposa Francesca: appunto, il “quarto pezzo”. 

 

Inferno, Teatro delle Albe, 2017, © Silvia Lelli.


O forse quell’errore nascondeva qualcosa di più? La cosa mi è tornata in mente leggendo un prezioso volumetto di Franco Nasi, edito da Quodlibet: Tradurre l’errore. Da anni l’autore, docente all’Università di Modena di Teorie della traduzione e Letteratura Anglo-americana, naviga nel mare magnum della traduttologia, regalandoci libri importanti dai titoli evocativi, come Malinconia del traduttore, Specchi comunicanti, Traduzioni estreme, L’artefice aggiunto, scritto quest’ultimo in coppia con Angela Albanese. Conosco Franco da una vita: siamo cugini di primo grado, sua madre Nanda era, tra le sei sorelle di mio padre Vincenzo, la preferita, quella con cui amava maggiormente confidarsi e scherzare. Ci ha cavati dalla pancia delle nostre madri la stessa levatrice, sulla via Emilia, e queste sono esperienze che non si dimenticano. Bene, quello che ha sempre interessato Franco, il Franco traduttore in proprio dall’inglese, traduttore di poeti come Roger McGough e Billy Collins, è la capriola dell’inciampo, l’errare della lingua, è il labirinto complesso e misterioso degli alfabeti, di come le lingue si tramutano l’una nell’altra, creando un mondo di affascinanti metamorfosi, dando vita a giochi di parole, a scherzi, lapsus, nonsense, capitomboli, dove traduzioni esatte si rivelano talvolta piatte e arroganti e noiose mentre traduzioni sbagliate, o comunque irregolari, paradossalmente rivelano nuove luci, sensi imprevisti, o un fecondo, involontario umorismo.

 

Franco pensa e vive la traduzione non solo come un’attività tecnica, funzionale a far transitare i significati da una lingua all’altra, ma come una “palestra di pensiero critico e creativo, in cui l’essere umano possa provare a fare scelte non completamente prevedibili, così come la lingua, nella sua più profonda natura, è compresenza di regola e arbitrio, vincolo e libero gioco.” Non a caso parte importante di questo libro sul “tradurre l’errore” ha l’esperienza artistica dell’Atelier dell’Errore, un laboratorio condotto dall’artista visivo Luca Santiago Mora con un gruppo di adolescenti con problematiche cognitive di diversa gravità. Le ragazze e i ragazzi dell’atelier hanno realizzato moltissimi surreali disegni, oggi in mostra permanente alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia, partendo da raffigurazioni enciclopediche di animali e insetti che, trasformati dalla loro immaginazione, sono diventati una sorta di angeli-demoni protettori. Unica restrizione che i ragazzi hanno nelle loro opere, è che non possono usare le gomme da cancellare, cioè non possono correggere l’errore. Se, ad esempio, una figura disegnata fuoriesce dalle dimensioni del foglio a disposizione, non si rifà la figura rimpicciolendola, ma si aggiunge un altro foglio, e un altro, e un altro ancora, al punto che i disegni finali hanno forme strane e dimensioni insolite.

 

Atelier dell'Errore BIG, Collezione Maramotti di Reggio Emilia, 2015.


E all’interno del gruppo i “nominatori”, ragazzi particolarmente creativi, danno i titoli ai disegni: titoli che suonano come formule magiche, fatte di parole inventate, “sbagliate” anche, ma che come i disegni non vanno corrette, “titoli-mostri” come: Lo Squalatore sessuale che si bacia le ferite, Mosca cieca che combatte Matteo che picchia la giente e soprattutto me, Adentatore di uomini nudi, ScoiattoMotosega, Vendicatore di notte che divorisce dei compagni di classe che io mi avvicino e loro si allontanano e dicono che puzzo, e via di questo passo. C’è tanta “energia dell’errore” in questo creare lasciando il creato com’è, quella energia che, ricorda sempre Nasi, Tolstoj definiva come la forza che ci spinge ad andare oltre le rotte sicure del previsto e del programmato, rotte sicure certo, ma alla fin fine pericolose, perché spengono in noi la sorpresa del vivere, la meraviglia e l’inquietudine dell’imprevisto. La stessa strabordante “energia” che deliziava Gianni Rodari, quando ne Il libro degli errori, ricorda come giocava con gli errori in classe dei suoi giovanissimi scolari, come insieme a loro si “imparava ridendo”, quando un “calcio d’angolo” diventava per errore, un sublime errore, un “calcio d’angelo”, indubbiamente difficile da tirare. Difficile? Sì, ma forse non ci servirebbe che proprio un angelo ci spronasse, con un calcio amoroso e ben assestato, a uscire dal pantano di una vita noiosa, dove tutto è algoritmicamente calcolabile e prevedibile? E quindi, citando Philip Roth, dal romanzo Pastorale americana: “Rimane il fatto che, in ogni modo, capire bene la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e male e poi male e, dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando. Forse la cosa migliore sarebbe dimenticare di avere ragione e godersi semplicemente la gita.”   

  

Ieri, nel fare le telefonate agli attori e alle attrici di verso Paradiso, per assegnare loro i canti, mi sono trovato a un certo punto a dialogare con Gianfranco Tondini, sensibile attore e autore della scena ravennate: da anni non ci incontravamo, e quando al telefono, dopo i saluti, ho esordito: “Gianfranco volevo dirti, per verso Paradiso…”, lui mi ha interrotto esclamando, la voce ridente: “Perverso Paradiso! Che titolo splendido!”. 

 

E questi sono tutti gli attori e le attrici che io e Ermanna abbiamo coinvolto a leggere Dante, dal tramonto del 25 giugno all’alba del 26, nella lunga veglia di verso Paradiso: e immaginate che dietro l’ arido elenco di nomi, cognomi e sigle, ci siano esseri umani che cercano nello specchio della scena le fattezze per nulla rassicuranti, ma vive, del proprio essere malvagi e misericordiosi, mostruosi e angelici, affamati di luce, come ci racconta Dante nei suoi cento canti, e come evocano i ragazzi dell’Atelier dell’Errore nei loro viaggi immaginari. Eccoli in ordine rigorosamente alfabetico, dal brillare dell’“argento” all’augurio di buona “ventura”: Andrea Argentieri (Fanny & Alexander), Alessandro Argnani (Albe), Beppe Aurilia (Beppe Aurilia Theatre), Paola Baldini, Mario Battaglia (I Sognattori), Consuelo Battiston (Menoventi), Camilla Berardi (Spazio A), Alessandro Bonoli (Albe), Derek Boschi, Alessandro Braga (Piccolo Teatro città di Ravenna), Roberto Bustacchini (I Scralcagné), Cristina Calandrini (Cvi de Magazên), Cristiano Caldironi (Circolo degli attori), Giuliana Camorani (Compagnia teatrale San Severo), Enrico Caravita (Lady Godiva Teatro), Lorenzo Carpinelli (Studio Doiz), Salvatore Caruso (Compagnia Caruso-Garante), Claudio Casadio (Accademia Perduta), Marco Cavalcoli (Fanny & Alexander), Beatrice Cevolani (Panda Project), Martina Cicognani (Anime Specchianti), Roberta Colombo (Teatro del Drago), Franco Costantini, Alice Cottifogli (Lady Godiva Teatro), Luigi Dadina (Albe), Cinzia Damassa, Francesca De Lorenzi (Anime Specchianti), Eliseo Dalla Vecchia, Giuditta Di Meo (teatroINfolle), Evelina Drianovska, Tania Eviani (Lady Godiva Teatro), Piero Fenati (Compagnia Drammatico Vegetale), Cesare Flamigni (Tutti meno uno – Compagnia del Buon Umore), Asia Galeotti (Compagnia Teatrale Luigi Rasi), Nadia Galli (La Caveja – Ravgnâna), Tonia Garante (Compagnia Caruso-Garante), Carlo Garavini (Lady Godiva Teatro), Graziano Garavini (05QuartoAtto), Matteo Gatta, Rudy Gatta, Chiara Lagani (Fanny & Alexander), Edoardo Liverani (I Mattoni del Teatro), Antonio Maiani, Roberto Magnani (Albe), Elvira Mascanzoni (Compagnia Drammatico Vegetale), Sara Masotti, Giorgia Massaro (Anime Specchianti), Francesco Matteucci, Francesca Mazzoni, Marco Montanari (Galla&Teo), Andrea Monticelli (Teatro del Drago), Sabina Morgagni, Chiara Muti, Kingsley Ngadiuba, Chiara Nicastro (Anime Specchianti), Vitaliana Pantini (Piccolo Teatro città di Ravenna), Flaminia Pasquini Ferretti, Elena Pelliccioni, Antonella Piroli (Tanti Cosi Progetti), Fausto Pollio (Compagnia teatrale Il Passaggio), Francesco Porzio (Beppe Aurilia Theatre), Massimiliano Rassu, Laura Redaelli (Albe), Alessandro Renda (Albe), Elisabetta Rivalta (Piccolo Teatro città di Ravenna), Silvia Rossetti (Galla&Teo), Marco Saccomandi (Spazio A), Sergio Scarlatella, Gianfranco Tondini, Fabio Treré, Massimiliano Venturi.

 

Dopo che varcando il Teatro Rasi si era precipitati nella città dolente, dopo che si era imparato il “noi” nella cantica dell’ascendere insieme per le strade di Ravenna, e di Matera, ci sarebbe stata una nuova chiamata pubblica e, insieme, si sarebbe dovuti arrivare al Paradiso nel 2021. Come fare, costretti alla distanza? Come celebrare Dante nell’anno del settimo centenario della morte del poeta? Teatro delle Albe e doppiozero hanno immaginato lo spazio della scrittura come spazio di un’attesa condivisa, un racconto-diario scritto da Marco Martinelli e racconti-sapere di studiosi e amici del Sommo, fili differenti per “dialogare con l’ago” e tessere visioni. Oggi il primo di questi quattro contributi. Il Cantiere Dante di Marco Martinelli e Ermanna Montanari è una produzione Ravenna Festival/Teatro Alighieri in collaborazione con Teatro delle Albe/Ravenna Teatro.

 

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