Un libro e una mostra / Art Spiegelman a Bologna

6 Maggio 2022

Una pubblicazione firmata Art Spiegelman è già di per sé una notizia. Il cartoonist americano autore di Maus, uno dei fumetti più importanti e influenti mai comparsi, ormai da anni centellina le sue produzioni. Ed è un editore italiano – Sigaretten – a pubblicare in prima edizione mondiale il nuovo lavoro di Spiegelman: si tratta di Street Cop Uncovered!, un volume che raccoglie i bozzetti e le prove realizzate da Spiegelman per illustrare la novella Street Cop, scritta da Robert Coover e uscita nel 2021 negli Usa. 

 

La copertina di Street Cop Uncovered!


Il racconto di Coover è stato pubblicato nel 2021 da Isolarii, un minuscolo progetto editoriale con base in Inghilterra. Letteralmente minuscolo, dato che il formato dei volumi é più piccolo di uno smartphone (esiste anche una versione in francese pubblicata da Flammarion). Coover è uno scrittore poco tradotto in Italia (ma ultimamente NNE editore sta pubblicando i suoi libri) ed è considerato uno dei padri della letteratura postmoderna americana (ha appena compiuto 90 anni!). In effetti il suo “poliziotto di quartiere” si muove in una città futuristica, popolata da robocop, zombie e astronavi, dove il tempo e lo spazio sono davvero relativi: le case e interi quartieri si spostano, cambiano posizione e l’unico modo per orientarsi è affidarsi a Electra, una sorta di assistente virtuale (come Siri o Alexa) per cui il nostro poliziotto ha un debole. Tutto inizia nel più classico dei modi: un omicidio fuori da un bar, ma in questo mondo dominato dalla tecnologia l’assassinio non è una gran cosa, e i poliziotti-robot colleghi del protagonista si limitano ad arrestare il primo balordo di passaggio. Solo il nostro “street cop” ricorda come funzionavano le cose una volta, quando c’era ancora un rassicurante discrimine tra “buoni” e “cattivi”.

 

La storia di Cooper è arrivata nelle mani di Spiegelman proprio al momento giusto, cioè all’inizio della pandemia: un tempismo perfetto per il fumettista, che così poteva sprofondare in una distopia “che però non era quella che stavo vivendo”: non quella causata dalla pandemia, in altre parole, anche se sulla copertina di Street Cop campeggia un bell’esemplare di Coronavirus. Soprattutto, come Spiegelman ha raccontato in un’intervista alla LA Review of Books, “stavo tentando disperatamente di non fare disegni su Trump. Sono convinto che qualunque cosa si dia in pasto a un narcisista, lo renda più grande. Non lo sminuisce”. La prospettiva di lavorare su una distopia, unita alla curiosità per il formato così particolare dei libri di Isolarii, deve aver generato il mix perfetto per realizzare le 10 tavole che corredano la storia di Cooper. Ben presto però la cronaca si è sovrapposta alla storia che Spiegelman stava illustrando: dopo l’omicidio di George Floyd (maggio 2020) improvvisamente i poliziotti di strada sono saliti al centro dell’attenzione, e i disegni di Spiegelman inevitabilmente riflettono il dibattito sul razzismo e le proteste del movimento Black Lives Matter.

 

Una tavola da Street Cop Uncovered!


Nel catalogo Street Cop Uncovered!, c’erano le decine e decine di schizzi, prove e bozzetti da cui sono nate le illustrazioni per il libro. Questo è uno degli aspetti più interessanti del lavoro di Art Spiegelman: nonostante sia l’autore del graphic novel più famoso al mondo, l’iniziatore di un intero genere, il suo rapporto con il disegno rimane una lotta corpo a corpo. Lo aveva già scritto in Baci da New York, il bel volume pubblicato da Nuages che raccoglie e racconta il lavoro di Spiegelman per le copertine del settimanale The New Yorker: “Le mie insicurezze e la mia incapacità di disegnare di getto mi hanno sempre portato a fare una montagna di studi preliminari solo per mettere a fuoco un disegno”. Non è detto che un disegnatore talentuoso sia anche un bravo fumettista, mentre capita spesso che un autore meno sicuro delle proprie doti artistiche si riveli uno splendido narratore per immagini. È il caso di Art Spiegelman, che però ha anche un’altra qualità: una profonda conoscenza dei meccanismi e della storia del fumetto, e in particolare delle strip americane.

 

A ben vedere è questo il filo che lega tutti i suoi lavori e che raggiunge il suo apice proprio in Maus. Per raccontare la storia dei propri genitori prima nella Polonia occupata dai nazisti e poi nel lager di Auschwitz, Spiegelman ha utilizzato una delle soluzioni più frequentate dal fumetto: gli animali antropomorfi (basti pensare a Topolino!). Così in Maus gli ebrei sono raffigurati come topi e i nazisti come gatti. Nelle mani di Spiegelman questa diventa una metafora potente, che gli permette di disegnare l’orrore della persecuzione e dello sterminio nazista mantenendo un certo distacco: il lettore si trova pur sempre di fronte a dei topi disegnati, non è lo stesso che vedere foto o video o un disegno realistico.

Maus viene considerato il capostipite del graphic novel, e Spiegelman il suo papà (“Esigo un esame del sangue!”, ha detto una volta all’Economist), anche se la pubblicazione dell’opera è avvenuta a puntate, sulla rivista Raw, nell’arco di 13 anni (dal 1978 al 1991). La pubblicazione in due volumi che è valsa a Maus un premio Pulitzer è avvenuta solo nel 1992 – proprio quest’anno Einaudi ha ripubblicato Maus in questo formato. Ma già a metà del lavoro, dopo la pubblicazione della prima parte, nel 1986, Maus stava generando successo e attenzione che mettevano a disagio il suo creatore. “È un po’ che mi sento depresso…” dice Spiegelman raccontando ai lettori di Maus il successo della serie che stanno leggendo, in una tavola rivoluzionaria per l’uso dell’autobiografia in un fumetto.

 

Una tavola da Maus.

 

Fedele alla metafora scelta, fino a quel momento Spiegelman aveva raffigurato anche se stesso come un topo, nelle scene in cui intervista il padre Vladek. Qui invece il muso del topo è una maschera, intravediamo la nuca del “vero” Spiegelman, e mentre viene sommerso dalle richieste di giornalisti, manager e agenti, pian piano rimpicciolisce fino a diventare bambino e andare a sedersi sul lettino di uno psicanalista.

 

Dopo Maus, gli autori di fumetto in tutto il mondo hanno capito che con il disegno si poteva affrontare qualsiasi tema. E hanno anche capito che il modello usato in Maus era la chiave per farlo. L’autobiografia, o almeno il mettersi in scena in prima persona, con tutte le proprie insicurezze, serve in qualche modo a “legittimare” uno stile di disegno spesso molto poco realistico e un punto di vista totalmente soggettivo: “questo è quello che ho visto, questo è quello che ho provato”, dicono gli autori di fumetti ai loro lettori. Si potrebbero citare una marea di esempi, ma limitiamoci ai lavori di Joe Sacco, che in libri come Palestina e Gorazde ha raccontato il conflitto israelo-palestinese e la guerra nei Balcani, e Persepolis di Marjane Satrapi, incentrato sull’infanzia e l’adolescenza dell’autrice in Iran. In modi opposti, entrambi riprendono la lezione di Maus.

 

Una tavola da Maus.


L’autobiografia in Maus è così esplicita che nelle sue pagine entrano in alcune occasioni elementi tratti direttamente dalla realtà. Come la foto del padre Vladek, in divisa da prigioniero, che verso la fine del libro ci ricorda che tutto quello che abbiamo letto è successo davvero, a una persona realmente esistita. E poi Spiegelman inserisce un suo vecchio fumetto, fatto anni prima, in cui racconta il suicidio della madre (anche qui c’è una mano disegnata che tiene in mano una foto), con uno stile grafico decisamente espressionista e dei toni molto duri.

 

È proprio questa parte di Maus che, nel gennaio del 2022, ha attirato l’attenzione di un consiglio dei genitori di una scuola del Tennessee (McMinn County). Dopo un dibattito (che è consultabile on line) il consiglio ha votato all’unanimità per escludere Maus dalle letture previste per gli studenti delle classi equivalenti alla nostra terza media. Le riserve dei genitori non riguardano tanto la parte sul lager ma la presenza di nudità e l’uso di parolacce. “Sono immagini inquietanti”, ha commentato Spiegelman in un’intervista al New York Times, “ma sapete che c’è? È la storia che è inquietante”. La notizia ha avuto ampio risalto, facendo tra l’altro tornare Maus in cima alle classifiche dei best seller, anche perché si inserisce in un clima molto particolare: il fumetto di Spiegelman non è l’unico a essere stato bandito da una scuola, anzi in tutti gli States si sono moltiplicati in questi mesi i casi di libri messi al bando, soprattutto se affrontano temi relativi all’identità etnica o sessuale.

 

La prima copertina di Art Spiegerlman per The New Yorker.


Tuttavia non è la prima volta che i disegni di Spiegelman generano polemiche o proteste. Del resto la sua storia inizia nel fumetto underground degli anni ’70, e una vena provocatoria e trasgressiva non ha mai abbandonato i lavori del cartoonist. Anche se magari le illustrazioni che hanno suscitato proteste non sono affatto quelle che ci si potrebbe aspettare! I vari anni in cui Spiegelman ha collaborato con il New Yorker sono costellati da episodi di questo tipo: la sua prima copertina per il settimanale – con il bacio tra un ebreo chassidico e una donna afroamericana – voleva essere una cartolina di San Valentino per New York, invece generò polemiche e minacce.

 

La copertina di The New Yorker del marzo 1999.


Una delle copertine per il New Yorker più discusse, realizzata nel marzo 1999, riguarda proprio un poliziotto. Dopo l’omicidio di Amadou Diallo, crivellato con 41 colpi da quattro poliziotti appena fuori dal suo appartamento, mentre cercava le chiavi di casa, Spiegelman aveva disegnato un agente intento a sparare al tiro a bersaglio di un luna park, solo che i bersagli erano le sagome di comuni cittadini (tra cui un bambino e una vecchietta): la copertina provocò l’indignazione del capo della polizia e dell’allora sindaco di New York Rudy Giuliani, oltre a un picchetto di 150 poliziotti (disarmati) fuori dalla redazione del settimanale. In Baci da New York Spiegelman racconta di aver assistito in tv a tutto questo e riporta il commento della figlia, che all’epoca aveva dieci anni – “Oh, papà. Sono così fiera di te!” –: “Capii perché ero diventato fumettista”.

 

Una tavola da Street Cop.


Torniamo allora a Street Cop Uncovered!, che ora dovrebbe apparirci anche come un viaggio nel metodo di lavoro di Spiegelman: giocare con gli elementi della storia del fumetto, ricombinarli e dargli altri significati.  Anche per questo lavoro Spiegelman ha attinto a piene mani ai personaggi e all’immaginario delle strip americane del secolo scorso. La novella di Coover è una storia futuristica ma è intrisa di nostalgia, e “la mia idea di roba futuristica è roba degli anni ’60 e prima”, ha spiegato il cartoonist in una conversazione con Robert Coover pubblicata da The Believer.

A partire dal poliziotto protagonista, che nelle intenzioni di Spiegelman è uno Sluggo adulto. Sluggo è uno dei personaggi della striscia Nancy, nata negli anni ’30. Ma in copertina l’ombra riflessa dal poliziotto è quella di Dick Tracy (altro classico delle strip made in Usa), mentre la pistola futuristica che tiene in mano arriva direttamente dai fumetti di Buck Rogers. E il ragazzo sdraiato faccia a terra sembra avere un ciuffo alla Tin Tin!

 

Per disegnare i quartieri che si spostano, gli edifici “mobili” della città immaginata da Coover, il riferimento non poteva essere altro che le case dalle lunghe gambe inventate da Winsor McCay in uno dei sogni di Little Nemo in Slumberland. E poi c’è un’illustrazione in particolare dove, tra gli avventori di un bar della città vecchia, spuntano Betty Boop, la già citata Nancy (ma invecchiata), il gatto Ignatz dalla striscia Krazy Kat e un personaggio di The Squirrel Cage.

 

Una tavola da Street Cop.


Nel volume pubblicato da Sigaretten si possono vedere le innumerevoli prove e tentativi che hanno portato il disegnatore al risultato finale. La collaborazione tra Spiegelman e le Sigaretten è nata in seguito alla mostra del cartoonist alla Galerie Martel di Parigi, per cui quelli di Sigaretten – uno degli ideatori della collana è l’illustratore Stefano Ricci – avevano curato le serigrafie. Una collana indipendente, contraddistinta da una curatissima ricerca stilistica, non poteva non attirare l’attenzione di Spiegelman, a suo tempo fondatore della rivista Raw (su cui appunto uscì originariamente Maus). Inaspettato ma non fortuito, l’incontro tra Art Spiegelman e le Sigaretten è una fortuna per noi, che possiamo così scoprire il lavoro dietro le quinte di uno degli autori più importanti del fumetto mondiale.

 

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