È troppo tardi per essere pessimisti / Ecologia non fa rima con questa economia

22 Luglio 2020

“Sono ormai cinquant’anni che gli scienziati ripetono che il cambiamento climatico rischia di stravolgere la faccia della terra, e che per evitare il disastro si deve smettere di bruciare petrolio, carbone e gas naturale. La diagnosi è unanime, ed è scritta nero su bianco nelle sintesi ufficiali... i rappresentanti dei vari stati li hanno ratificati eppure chi comanda non sta facendo niente. Perché?” Detto con le parole di Daniel Tanuro è una domanda che ci siamo posti tutti e che peraltro rappresenta la ragione essenziale all’origine del movimento Fridays for Future.

Nel suo È troppo tardi per essere pessimisti, Edizioni Alegre, 2020 (nell’efficace traduzione di Riccardo Antoniucci) Tanuro ha una risposta chiara ed è una risposta sostanzialmente politica: “...Perché tutte e tutti sottostanno agli assurdi dettami dell’accumulazione capitalista, soprattutto quando si tratta delle multinazionali dei combustibili fossili, che hanno come obiettivo il profitto, non certo la transizione alle energie rinnovabili per i bene dell’umanità”.

Ma a questa conclusione ci arriva attraverso un’analisi puntuale di tutti i dati scientifici a disposizione descrivendo e raccontando lo stato dei lavori relativi al problema climatico e alla gigantesca bolla economica ecologica che sta dilagando sulla terra ovunque il modello di sviluppo occidentale si imponga. Difficile evitare questa realtà, la si può più o meno scientemente ignorare ma è proprio dal modello di sviluppo industriale, occidentale e capitalistico, è dalla cultura da esso indotta che l’autore parte mettendolo in discussione con argomentazioni precise, con analisi e riflessioni razionali prima che politiche. 

 

È un libro dunque anche di dati e di numeri – solo quelli necessari – ma sempre in una cornice di piena fruibilità – verrebbe da dire anche godibilità se non fosse per la serietà del tema – attraverso la quale il lettore esce rafforzato e di gran lunga più consapevole rispetto all’informazione media disponibile, anche la più attenta.

Ingegnere agrario ed ecologista, belga, Daniel Tanuro è tra i maggiori teorici dell’ecosocialismo; un teorico peraltro terribilmente convincente nella concretezza dei dati. Alcuni esempi: l’azienda leader mondiale nel settore croceristico – la Carnival Corporation – ha emesso nel solo 2017 dieci volte il quantitativo di ossidi di zolfo superiore a quello delle 260 milioni di autovetture circolanti in Europa.

Oggi, ogni anno vengono macellati circa 70 miliardi di animali all’anno rispetto agli 8 miliardi del 1960 e con una previsione al 2050 – stante l’attuale modello di consumo – intorno ai 120 miliardi all’anno “... e tale quantità di bestiame richiederebbe l’uso di due pianeti”. Un’industria della carne che “sta divorando la terra” e per la quale occorrono oggi solo per le necessità del mangime soia oltre cento milioni di ettari di suolo (più dell’intera superficie di Francia, Italia e Belgio insieme).

 

 

È ancora: l’anidride carbonica, principale gas serra, appresenta da sola il 76% delle emissioni globali. L’80 % delle emissioni di anidride carbonica è dovuta alla combustione di combustibili fossili, che coprono più dell’80 % del consumo attuale. I costi per rimpiazzare il sistema energetico attuale fossile/nucleare si aggirano tra i 15 e i 20.000 miliardi di dollari, pari a un quinto del Pil mondiale. Conclusione parziale su questi dati: “...poiché l’80% dell’energia utilizzata dal pianeta è attualmente costituita da combustibili fossili, a parità di altre condizioni, la transizione energetica comporterà un aumento di emissioni di anidride carbonica. Per evitarlo e per restare sulla strada delle 0 emissioni entro il 2050... bisognerà abbandonare l’idea di rilanciare l’economia e rompere con l’accumulazione capitalista, produrre meno, trasportare meno e condividere di più”.

Perché quello che l’autore ha ben chiaro è la profonda contraddizione tra “l’illimitatezza dell’accumulazione capitalistica e la finitezza del pianeta”.

 

È dal 1972 (Club di Roma, Rapporto sui limiti dello sviluppo) che la scienza dialoga con il mondo della politica e dell’economia nel trovare un compromesso tra economia ed ecologia, nel tentativo di ridefinire modelli di sviluppo non ancorati al dato grezzo del Pil e a livelli di inquinamento e di utilizzo di risorse che già allora risultavano insostenibili. Sono passati cinquanta anni ma il punto centrale resta lo stesso, la ricerca di un compromesso tra ecologia e un’economia capitalistica, che di suo sarebbe poco propensa al compromesso quando il suo motore resta quello del massimo profitto. Nel dicembre del 2015, nell’accordo di Parigi gli stati aderenti si sono impegnati a una riduzione delle emissioni e a una limitazione di 1,5 gradi di ulteriore riscaldamento medio sul pianeta. Questo il compromesso sostanziale allo stato attuale dei lavori; e quella di Parigi, la Cop 21 – vale a dire la ventunesima conferenza annuale delle parti, l’organo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (United Nations framework convention on climate change, Unfccc) – è quella che di fatto ha indicato gli obiettivi fino a questo momento, più ambiziosi. 

 

La prima Cop si era tenuta nel 1995. Un lungo percorso di negoziati tra i diversi paesi con l’obiettivo di contenere e ridurre le emissioni di CO2 in atmosfera e contrastare così il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici. L’ultima Cop – Madrid 1919 – si è conclusa senza alcun sostanziale progresso rispetto a Parigi. Hanno prevalso i fattori divisivi e gli interessi economici – differenti tra gli oltre 200 paesi partecipanti – su quelli ecologici generali. La pandemia Covid ha spostato al 2021 ogni ulteriore possibile progresso, Trump o un nuovo presidente USA permettendo, il presidente Bolsonaro permettendo e così via.

 

Gli USA di Trump come il maggiore produttore di inquinamento ed effetto serra, il Brasile di Bolsonaro dove mai come in questi anni una politica più o meno occulta di deforestazione è andata avanti, con conseguente riduzione naturale dell’anidride carbonica circolante attraverso la reazione fotosintetica delle piante. Deforestazione come maggior sviluppo e maggiori allevamenti animali per la fame della parte ricca del pianeta...

 

Si diceva del compromesso tra economia e ecologia, compromesso forse possibile per Tanuro ma non senza un profondo distacco dal modello capitalista dove per salvare un’economia fondata sull’iper-produzione e sui consumi, si pensa per i prossimi decenni a incrementare con nuove tecnologie la captazione dell’anidride carbonica dall’atmosfera. Sì, nuove tecnologie – risultati tutti da comprovare – con nuove industrie e nuovi mercati spostando più in là nel tempo la riduzione nella produzione di gas serra...

È troppo tardi per essere pessimisti è espressione dal significato volutamente ambiguo, un’espressione che non consola come con può consolare l’ambiguità attuale della politica, dell’economia – e di tutti noi consumatori – nell’effettuare le scelte necessarie... prima che sia tardi davvero.

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