Uso, abuso, dipendenza, libertà / Droghe e sostanze psicotrope

22 Giugno 2018

L’articolo di Andrew Sullivan, apparso su Internazionale a fine aprile scorso, tratto dal New York Magazine, racconta la storia dell’invasione di oppio, oppiacei e oppioidi negli Stati Uniti da centocinquant’anni a oggi, l’evoluzione storica, sociale e chimica di queste sostanze – legali, illegali, legalizzate, de-legalizzate, commercializzate, sequestrate – in quella che un tempo veniva definita la terra delle opportunità. Sullivan viene presentato come un giornalista conservatore, gay e cattolico, già queste tre cose insieme per un italiano designano l’esistenza di un “mondo impossibile”, inoltre è il direttore di New Republic, una delle riviste liberal, moderatamente di sinistra, del ricco e variato panorama culturale statunitense.

A torto o a ragione, la libertà statunitense – non scrivo di tutto il Nord-America, ma solo degli Stati Uniti – è sempre stata declinata nei termini di opportunità, piuttosto che in termini di partecipazione. Anche i diritti sono stati vissuti in termini identitari, piuttosto che sociali, come pratiche di riconoscimento di minoranze, piuttosto che come lotte sociali e politiche. Scrivo “a torto o a ragione” perché anch’io non saprei definire oggi quale delle due linee - quella universalistica europea, o quella particolaristica statunitense – sia la migliore, da giovane “sapevo” che la prima era “giusta”, poi quando visitai gli USA, mi accorsi che la seconda era più efficace.

 

Di fatto le grandi battaglie statunitensi per il riconoscimento hanno sempre fatto, grosso modo, riferimento al contrasto, interno alla Costituzione Statunitense, tra il Primo Articolo (First Amendment), che parla della libertà di opinione nel libero mercato delle idee, e il Quattordicesimo, che parla della dignità. Vale la pena di rileggersi il libro di Catherine MacKinnon Only Words, o i testi filosofici di Martha Nussbaum: mente, libertà di opinione, versus corpo, rispetto della dignità. Una sorta di Costituzione cartesiana, in cui il primato della mente (primo articolo) sul corpo (quattordicesimo) appare chiaro. Dove però è impossibile cambiare il regime costituzionale, che contiene possibili contraddizioni, ma che, fortunatamente, non è mai stato in discussione come tale, almeno fino a Trump.

Si può cambiare governo, non regime. Anche se Trump appare per la prima volta, a molti statunitensi, una minaccia per la costituzione. Una delle minacce è rappresentata dal togliere dignità alle persone malate e, tra loro, alle persone dipendenti.

 

Ma il saggio di Sullivan riguarda l’invasione di oppio negli USA, che c’entra con tutto ciò? Le risposta è complessa, ma ci si può arrivare: un conto è attribuire la responsabilità dell’uso di eroina all’individuo - tema identitario “a contrario” - un conto è cercare di comprendere come mai “più di due milioni di statunitensi sono dipendenti da oppioidi”. Se a ciò si aggiunge il fentanil, un oppioide letale, ci si accorge che i morti per queste sostanze oggi sono di più della guerra in Vietnam negli anni Sessanta/Settanta (Sullivan).

 

Una delle cose che ogni buon clinico deve sapere, a mio avviso, è qual è la funzione di un pharmacon (greco), o di una drug (inglese). Insomma di una sostanza psicotropa, una sostanza che agisce chimicamente per alterare i fenomeni psichici. Potremmo fare un elenco: l’alcol funziona nei due sensi di ridurre le inibizioni e per la memoria, serve a dimenticare, prima sulla memoria episodica, poi, a lungo termine sull’insieme dei processi mnesici, attraverso la sindrome di Korsakov; gli psicostimolanti, che oggi sono le droghe pesanti più in uso in Italia, servono a performare, fino a produrre effetti maniacali o maniaco depressivi sempre più acuti, ti spingono a giocare d’azzardo – lo sport preferito dagli italiani – che, a sua volta, rinforza le sindromi maniaco depressive, ti insegnano a essere sbrigativi nelle azioni moleste e violente, come investire un pedone e scappare; gli oppiacei funzionano come antidolorifici, ti fanno provare godimenti ultra-orgasmici – seguiti da terribili crisi di astinenza – e ti portano a morire per overdose. Funzionano? Come no! Per il peggio.

 

E qui bisogna capire se l’uso, l’abuso e la dipendenza abbiano a che fare con la libertà, ossia, se la premessa “libertà”, intesa nel senso identitario, c’entra con tutto ciò. Ci vengono in aiuto un antropologo clinico, Gregory Bateson, e uno storico, Sacvan Bercovitch. Il contributo che ci aiuta, in entrambi i casi, contiene la parola “Self”. Un’altra definizione, oltre a “terra delle opportunità”, è “uomo che si è fatto da solo” (Self-made man). Il Self-made man è il soggetto del desiderio nella Land of opportunities. Secondo Bercovitch (1975), il Self statunitense avrebbe origini puritane e, come noto, il protestantesimo, nella versione calvinista, è sistema di credenze che dà vita al capitalismo. Max Weber ha delineato, sul piano storico-sociale, i legami tra l’etica protestante e lo spirito capitalista. Invero il Self viene descritto dai puritani, nel Seicento, come un doppio maligno e antagonista, forza demoniaca interna al corpo, soprattutto femminile, che produce possessioni. Tuttavia, nel tempo, il Self si trasforma in una forza positiva, diventa tutto a un tratto illuminista. È interessante sapere, dal testo di Sullivan, che Benjamin Franklin, uno dei padri della Patria statunitense e dell’illuminismo, colui che aveva asserito “il tempo è denaro”, aveva sviluppato una dipendenza da oppiacei. Qualche anno prima (1971) Greogry Bateson aveva scritto un saggio sulla teoria dell’alcolismo intitolato La cibernetica del “Self”. In quel saggio Bateson descrive l’alcolista statunitense come la caricatura del self-made man

 

Illustrazione di 3palec. 



La terra delle opportunità è come la natura in economia: avara. Cosa accade quando le opportunità si esauriscono? Quando, nonostante le opportunità presenti, qualche Self vuole di più, di più, di più? Quando, all’apice della carriera, il Self viene “fatto fuori” (fired)? Quando, come nelle parole di Jimi Hendrix, “I caught her messin’ round with another man”? Succede che un pharmacon che sembrava essere la pillola della felicità si trasforma nel suo contrario, produce l’uscita di scena del Self dal legame sociale, il suo osceno, la sua parodia. Così l’eroina e tutti gli oppiacei e gli oppioidi, come il fentanil, sono la cifra degli emarginati, coloro che, di fronte a una promessa di felicità – promessa costituzionale – non realizzata, la felicità se la procurano in un paradiso artificiale che li porta a morire molto, ma molto prima di quanto avrebbero potuto sopravvivere se la loro land avesse dato loro uno straccio di opportunità. 

 

Su questo tema democratici e repubblicani hanno creato due visioni diverse e alternative della società. I repubblicani pensano che la repressione, termine dal sapore psicoanalitico, funzioni meglio della cura, sulla scorta di uno stolto proverbio inglese: “prevent is better than cure” (prevenire è meglio di curare); i democratici credono invece  che la cura sia lo strumento principale. Ai repubblicani è facile rispondere che reprimere significa limitare gli spazi di democrazia e che, a partire dall’epoca del proibizionismo, la repressione ha sempre prodotto ribellioni e trasgressioni, sembra che i repubblicani non frequentino la fiaba di Barbablù. Ai democratici però bisogna dire che curare, nel senso medico-sanitario del termine, non basta. L’eroina nacque per curare la dipendenza da morfina, il metadone per curare la dipendenza da eroina (ricordo, negli anni Novanta, pazienti trattati con metadone che si addormentavano durante le sedute di terapia), si tratta di ridurre le quantità di oppio. 

 

Negli stati a tradizione democratica, come il New Enlgand, dove lo spirito puritano è maggiore, si mettono in atto, ove si crea “collaborazione”, pratiche di welfare con il controllo capillare dei corpi familiari. Ricordo il caso di una madre obesa e paraplegica, con padre dipendente da droghe e ritardato mentale, con due figlie, di cui una “fuggita da casa” incinta e un bambino dato loro in affido da una madre dipendente da crack, una droga devastante. In questa famiglia, ogni diagnosi, ripetuta da loro con una competenza tecnica invidiabile, come fossero loro stessi gli operatori che li avevano in trattamento, serviva a medicalizzare la loro vita. Discutendo il caso con alcuni colleghi europei e latinoamericani, venne un’immagine di quell’area del New England, come di un grande ospedale. Come osserva Sullivan, nessuna prospettiva psicoterapeutica, nessuna prospettiva di terapia comunitaria, familiare, di gruppo vien più prospettata. Tutto il denaro è convogliato dentro Big Pharma, che continua a produrre sostanze chimiche. Gli Stati Uniti sono una società chimica, tenere sotto controllo il cervello è tenere sotto controllo la società, e, come dice Shakespeare, e ri-sottolinea Ervin Goffman, all men and women merely players, tutti, uomini e donne, sono semplici attori, e, potremmo aggiungere, tra repressione e cura, nessuno si prende cura degli eventi che accadono, è tutto implementato in sistemi tecnologici perfetti. Detta in inglese, nobody takes care

 

Non sono affatto antiamericano, al contrario, ho trascorso negli Stati Uniti alcuni dei momenti migliori della mia vita, soprattutto quando studiavo; per quanto poco ci sia vissuto, quel paese mi ha mostrato una realtà diversa, affascinante. Ho avuto occasione di andarci più volte per lavoro, quasi sempre in aree tipicamente democratiche e con forti intensità e dinamiche culturali: il Massachusetts, Philadelphia, New York. Chi vive e lavora laggiù è un privilegiato del mondo, e io ho solo assaggiato questi privilegi, ma ho visto che chi vive e non lavora laggiù, chi vive laggiù e ha un lavoro precario, chi vive là e appartiene a una minoranza – nera, portoricana, messicana, sudamericana – fa davvero fatica, non ha voce e, spesso muore di crack o di eroina. Da noi sta diventando così, ma, senza la forza culturale e dinamica di quei luoghi, le cose possono andare molto peggio. Stiamo smantellando la nostra cultura, i nostri beni, le nostre creazioni e invenzioni. Stiamo prendendo il peggio senza avere mai preso il meglio. Dio benedica l’America, tutta, anche gli Stati Uniti.

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