Speciale Docucity | Milano tra Giambellino e Martesana

9 Maggio 2013

Dopo Budapest e Parigi, è Milano l'oggetto dell'esplorazione dei filmmakers di Docucity, che dedicano alla città due documentari: il collettivo “Entroterra Giambellino” e il conciso “Martesana, le stagioni in città. Inverno”. Due zone fortemente caratterizzate nell'immaginario della metropoli lombarda, che ciascuno dei film sceglie di rappresentare con un taglio differente.

 

 

Quella dei quaranta ragazzi del collettivo Immaginariesplorazioni è una sorta di discesa nel cuore della “tana del Drago” (titolo del volume che il gruppo ha realizzato sul quartiere parallelamente al film), un viaggio anche temporale fra il quartiere della “mala” cantato da Gaber e quello odierno, sottoposto a un rinnovamento “estetico” che rischia di farne una mera succursale del “Polo della moda”. “Io non posso da barbone diventare miliardario”, chiosa un negoziante del quartiere, in un discorso, significativamente posto all'inizio del film, che suona come monito ai progetti innovatori sviluppati senza alcuna conoscenza del territorio. Certo, Giambellino non fa più rima con Cerutti Gino, né con ligera, né con un proletariato urbano di cui rimangono solo vecchie foto in bianco e nero e filmati sbiaditi; al contempo, però, rischia di perdere la propria identità, la ruvidezza, il salutare miscuglio di dialetti e di lingue differenti, per fare posto a una neoborghesia  che va in brodo di giuggiole per gli (ex?) quartieri popolari, sognando di trasformare tutto in un gigantesco “Open Space”. Documentare, anche in questo caso, significa in qualche modo sottrarre allo stereotipo, mostrare che al Giambellino la gente vive (anche in quegli altissimi palazzi di cemento che sembrano deserti), lavora, perfino si diverte (perché no?), e che è capace di vedere, oltre il cemento, il profilo limpido delle montagne.

 

 

Se l'approccio dei giambellinesi Immaginariesplorazioni potrebbe essere definito antropologico, decisamente più “poetica” è invece l'impostazione che Titta Cosetta Raccagni ha voluto dare al suo conciso poemetto visivo. Si tratta del secondo capitolo di un progetto dal titolo calviniano, “Martesana, le stagioni in città”, di cui è già stato realizzato il primo episodio, “Estate” (presentato al Festival Filmmaker nel 2010), e di cui è in preparazione il terzo, dedicato all'Autunno. La Martesana è il canale che, dipartendosi dall'Adda, attraversa la zona nordorientale di Milano, snodandosi fra i quartieri di Crescenzago, Gorla e Greco. Probabilmente privo della stessa qualità “iconica” del Giambellino, anche il più piccolo dei navigli milanesi ha avuto tuttavia il suo cantore in Stefano Belisari in arte Elio, (Martesana, Martesana prosciugada/ mi me meravigli perche' ogni tant te toeuien l'acqua), che ironizzava sulle periodiche "secche" a cui il canale viene sottoposto.

 

Nessuno spazio per la goliardia invece nell'agile film di Raccagni, un ritratto, stilizzato dal bianco e nero, del naviglio coperto di neve, cui si sovrappongono evanescenti immagini del passato, accompagnate (unico vezzo) dalle composizioni di Debussy. Presente e passato anche in questo caso si mescolano, riflettendo sul perenne modificarsi dell'ambiente umano.

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