Buon Natale / Notte

25 Dicembre 2020

Non fai che girarti e rigirarti… Perché non dormi, Maria?

 

Non riesco, Giuseppe…

 

A che cosa pensi?

 

Al bambino. Penso al bambino… e all’inizio.

 

I bambini sono l’inizio, Maria. Ogni bambino lo è.

 

Penso all’inizio di ogni inizio, al primo inizio, Giuseppe, l’ho letto tante volte, lo so a memoria… Vajv’rà Elohim èt adam betzalmo betzelem Elohim barà otò zakar unqeva barà otam, E Dio creò l’adam a sua immagine e somiglianza, maschio e femmina li creò (Gn 1,27). Li crea grandi, Adamo ed Eva, adulti fatti.

 

È questo il pensiero che ti toglie il sonno, Maria?

 

Perché ha fatto così? Siamo all’inizio, all’inizio di ogni inizio e l’adam, maschio e femmina, incomincia da grande. Non ci sono bambini, nel primo giardino…

 

Non ci sono neanche case…

 

Non c’è dentro, non c’è fuori, neppure chiuso e aperto. E Adamo ed Eva non hanno da crescere, sono già grandi… 

 

E senza genitori. Lo diventeranno, ma senza averli avuti. Metteranno su famiglia, senza averne mai vista una, senza sapere a cosa vanno incontro… 

 

Quando si incomincia per davvero è così, Giuseppe. Forse anche Elohim fa, crea senza sapere a cosa va incontro. Forse è proprio per quello che lo fa e va avanti, e via via che fa si convince che quello che sta facendo è buono, molto buono. Procede impaziente e sicuro. Guarda come crea: in un momento, dice e quello che dice è. Sia la luce e la luce fu; e così tutto il resto, i cieli-sopra e le acque-sotto, l’asciutto-terra e il bagnato-mare, e piante e semi ognuno secondo la propria specie, i due luminari, quello grande e quello piccolo… Da niente tutto e anche subito. Non ti sembra un bambino? C’è un bambino all’inizio, sì che c'è, è lui. Abracadabra. Crea mentre parla. Come i bambini. All’inizio è l’infanzia, l’infanzia è il tempo dell’abracadabra, dire, fare, essere coincidono. È il tempo di chi gioca, contento e sorpreso di come gli vengono le cose finché, all’improvviso, gli viene voglia di smettere, e di riposarsi. Se Adamo ed Eva fossero stati piccoli, addio riposo.

 

E si libera anche da ogni responsabilità.

 

Chi mai potrà dirgli: guarda come li hai educati, hai cresciuto degli incapaci, irresponsabili, fanfaroni e prepotenti, al primo posto hai messo sempre e solo la tua carriera?... Nessuno. Adamo ed Eva rispondono di quello che fanno, sono adulti. Nessun bisogno di risalire all’indietro, in caso, per trovare a chi dare la colpa. 

 

La daranno al serpente.

 

Lascialo stare, quello… mi toccherà pure schiacciarlo. Ma non è il serpente che mi inquieta, stasera. Stasera temo i miei pensieri, mi paiono bestemmie.

 

Bestemmie, Maria?

 

Bestemmie, Giuseppe. Mi vengono così, da sole. Ho questa grazia qui dentro, questo battito vivo, questi sussulti segreti, questo peso che lungi dal gravarmi mi sostiene… e mi vengono pensieri come bestemmie.

 

Che cosa vuoi dire, Maria?

 

Penso, Giuseppe, che non ce l’ha fatta, da solo. Ha cercato qualcuno, noi, per mettere al mondo un figlio, e venire qui sulla terra. Da solo lui non ce la fa. Capace com’è di grandi cose e magnifiche, ha avuto bisogno di te e di me per cominciare da piccolo, bambino. È già con me. È figlio mio, nato di donna, crescerà con noi, figlio nostro. Lo sento già. Il padre mai lo sentirà come lo sento io, e lui mai sarà tanto al sicuro come adesso che è dentro di me. Sarebbe eterno, se non nascesse. Ma nascerà, e avrà anche lui il suo tempo, il tempo degli umani. Per secoli ha negato e promesso concepimenti e generazioni, come le stelle nel cielo, contale se puoi, come i granelli di sabbia, contali se ci riesci. E adesso ha deciso di essere padre, e anche figlio, vuole la mamma, anche lui…  

Adamo dalla sabbia, Eva dall’osso… E lui da me, una ragazza non ancora promessa a nessuno; tu lo sai meglio di chiunque, Giuseppe. Pretenderanno di dirlo con una parola violenta, che non sopporto. Vergine. Ho bestemmie e preghiere dentro di me. È questo che non mi lascia dormire. Bestemmie e preghiere. Che anche lui abbia deciso di crescere? Che, deluso dagli adulti, abbia pensato di ricominciare sul serio, di nascere, piccolo e nuovo, e di avere il tempo e la pazienza di crescere qui, sulla terra, creatura tra le creature che conosce così poco? Sa di più della pietra, del fuoco, dei rovi, delle asine, del pesce, della colomba e dei corvi, del ricino e del terebinto che degli umani...  Ha fatto cominciare l’adam da adulto, e per sé sceglie di nascere bambino. Si basta per fare l’adam adulto, maschio e femmina, ma non per ricominciare bambino… Che voglia essere tenuto in braccio, per questo si fa neonato? Visti i risultati della potenza, meglio ricominciare dalla tenerezza, e andare incontro alla sorpresa del tempo che viene? 

 

Maria, quietati. Questo bambino comincerà da piccolo, piccolissimo e noi cresceremo con lui.  Impareremo…

 

A lasciarlo andare, Giuseppe. Questo dovremo imparare. Sapere d’amore è lasciare andare. Fino a non poterlo tener lontano neppure dal suo morire, che sarà il mio unico, vero morire. Ma io gli insegnerò, gli insegnerò ad ascoltare e a fare domande, a pulirsi il naso, a legarsi e sciogliersi i sandali, a contare e a raccontare, a moltiplicare e a dividere, a leggere e a scrivere, a non subire e a non imporre, a essere mite e solido, a resistere, ad aiutare e a lasciarsi aiutare, a rispettare ogni respiro, ad avere riguardo dei vivi e dei morti, a non avere paura, troppa paura di morire, e a risorgere. Sì, gli insegnerò a risorgere. 

 

Adesso dormi, Maria, appoggia qui i tuoi pensieri. Dicono che i bambini nella pancia giocano, mentre le mamme dormono. Lascia che giochi, Maria, e dormi… Di quante notti come questa avrà bisogno. Se verranno notti in cui l’abbandono gli peserà più del tradimento, e non avrà dove appoggiare il capo, ci sia, a tenerlo al di qua della disperazione, la sua vita piccola, i giochi che ha giocato, i sonni che ha dormito, le ninne-nanne che l’hanno cullato, le braccia, le voci, le parole, i pensieri, questi che stiamo facendo, Maria, in questa casa di pietra e di terra, in questo paese che si chiama Bet Le’hem, Casa del pane, vuol dire.

Possiamo essere lievito, vuol dire, credo.

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