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Diario 8 / Scatole magiche da Silvan

28 Maggio 2020

Nell'ultima settimana ha tenuto banco il gioco politico. Non c'è un altro modo per dirlo, anche se l'idea di gioco in un momento così drammatico risulta terribilmente cinica e, dunque, mostruosa. 

Ma questo è: gioco, balletto, teatro.

Si comincia con la bagarre alla Camera seguita a un intervento del deputato 5stelle Ricciardi che prova, interrotto da urla belluine (e persino sputazzi di leghisti che per farsi sentire meglio si sono anche abbassati la mascherina, e poi, nella foga del battere pugni sugli scranni, hanno pure rotto un microfono, 'sti esagitati), a esporre una critica al modello Lombardia. Non che Ricciardi dica niente di particolarmente sconvolgente, solo un'imprecisione (l'ospedale in Fiera non è stato realizzato con soldi pubblici, bensì con donazioni dei privati), ma per il resto nulla di diverso da quello che diciamo, da giorni, da mesi, in tanti. Cittadini, medici, giornalisti, famiglie dei malati, movimenti, ripetono da tempo che così in Lombardia non va bene. Non è andata bene. È sotto gli occhi di tutti. 

 

Eppure, guai! Bagarre! Che non si parli di commissariamento, che non è il momento di sollevare questioni e obiezioni, e guai a toccare la Lombardia, guai a chiedere un cambio di rotta, guai a tirare in ballo le migliaia di morti! Urlano tanto. E Ricciardi viene lasciato solo, col suo discorso a metà, con pure la sua parte politica in imbarazzo, e i suoi alleati di governo, primo fra tutti il ministro Speranza, che scuotono la testa dando ragione al Giorgetti furibondo per questo intervento. Giorgetti, quello reputato bravo della Lega; quello con cui si può parlare, fondamentalmente perché parla, in effetti, non come Salvini che ruggisce o i loro che gridano e sputano e spaccano i microfoni; Giorgetti che ora dice “Finirà male”, non rendendosi conto che è già finita male, per i lombardi, e non per le critiche alla gestione ma esattamente per la gestione; Giorgetti che mesi fa aveva detto, sempre a Speranza, che sì, sarebbero mancati 45000 medici di base, ma fa niente perché i medici di base “non servono più” e per curarsi ormai basta andare in internet, e l'aveva detto un attimo prima che scoppiasse l'epidemia più spaventosa dell'ultimo secolo, che proprio di medicina territoriale e medici di base avrebbe avuto bisogno, come si sa.

E insomma Giorgetti, che in un paese normale dopo una storia del genere doveva sparire in una botola (sempre rimanendo nel discorso del teatro e dei suoi escamotage), strepita e minaccia.

 

Ma cosa minaccia, esattamente? E chi? E perché la parte politica a lui avversa si fa minacciare? Perché risulta timida, perché tace? Perché annuisce quando questi urlano come assatanati?

La sinistra se lo chiede, un po' spaesata. La base, intendo. Spaesata e impaurita, non dagli urli ma da quello che è successo in questi mesi. Isolata nel lockdown e adesso anche lasciata sola. Toc toc: c'è un piano all'orizzonte? Un progetto, un cambio di rotta? Un segnale di rottura? Una critica? Un'analisi? Un modello alternativo? Niente? Si continua a non dire niente?

Che poi non è solo la sinistra a chiederlo e aspettarlo, ma un po' tutti quelli che sono qui.

 

Facciamo questa cosa delle mascherine listate a lutto, l'hashtag è #salviamolaLombardia. Foto, cartelli, tweet e post. In piazza non si può andare, la situazione sarebbe ingestibile. I Sentinelli di Milano, gli organizzatori di questa mobilitazione virtuale, dicono giustamente che è troppo pericoloso, troppo presto portare in strada venti-trentamila persone. Sarebbe impossibile far rispettare il distanziamento, perché sì, sarebbe una manifestazione di quelle grosse.

 

Ma non è mica finito, il teatro: nel fine settimana si prosegue con Gallera che spara una castroneria incredibile sull'indice di contagio (“se l'indice è a 0,51 vuol dire che per infettarmi devo incontrare due persone positive”). Dobbiamo tutti riascoltarlo due, tre volte, per convincerci che l'abbia detto davvero. E la prima reazione è quella più ovvia: l'incredulità seguita dalla risata. Com'è ovvio, e come si dice in questi casi, i social “scoppiano” nella gara a chi lo prende più per il culo. Partecipo anch'io, tirando in ballo le aiutanti degli illusionisti, segate in due nelle scatole magiche tipo da Silvan, che si infettano a metà. Ma poi, più passano le ore, più tutto appare assurdo. Perché il Gallera insiste. Dice che non abbiamo capito, che lui ha semplificato un concetto scientifico complesso per renderlo comprensibile a tutti, che chi lo critica è in cerca di visibilità.

 

Io so solo che se da quattro mesi ti occupi tutti i giorni di contagi, e lo fai da principale responsabile della gestione dell'epidemia in uno dei luoghi più colpiti sulla faccia della Terra, non puoi permetterti di non aver ancora capito niente, di non sapere neanche vagamente di cosa stai parlando e, se non bastasse, di fare anche l'arrogante. Perché questo, oltre che vergognoso, è spaventoso.

E allora non c'è più spazio per le risate, resta solo la paura.

La paura del virus, ma anche la paura di questi qui.

 

 

Piano piano, oltre agli aperitivi, la gente torna anche a una vita quotidiana fatta di compere, giri, commissioni varie. Entro in tre negozi, due di vestiti e una libreria, e ogni volta devo fare la stessa trafila: misurazione febbre, sanificazione mani, guanti. Compro un paio di pantaloni estivi senza provarli, perché la politica del negozio è che li compri, li indossi a casa e, nel caso non ti stiano, li riporti e prendi un'altra taglia (quelli che non vanno resteranno tre giorni in quarantena in un magazzino). Il procedimento è macchinoso ma mi servono e poi sono i soliti, quindi andranno bene. Altrove mi dicono che invece si può provare tutto, però non mi va e quindi non prendo niente. 

 

Mi telefona il dentista per fissare i controlli, quelli che riesco a rimandare li rimando a data indefinita con scuse più o meno raffazzonate e balbettanti. Passando su una grata di corso Buenos Aires, vengo investita dal flusso d'aria della metropolitana da sotto: mi sale un po' di paranoia per questo soffio sotterraneo sparato a tradimento, ma hanno talmente martellato con aerosol e animazioni di runner seminatori di covid che uno, anche non volendo, un po' si fa condizionare dai puntini rossi che si spostano ipnotici e inesorabili sullo schermo delle homepage carogne. Anche se sa benissimo che i giornali esagerano e il virus non è uno sciame di moscerini rossi come ti mostrano, che le redazioni online fanno apposta a confezionare videini terrorizzanti di corona che come una nube tossica investe i passanti, solo per farsi cliccare i maledetti. Uno (una) lo sa, ma non resiste, continua a cascarci, con le notizie che titolano: “riaprono le regioni ma forse non la Lombardia, sorvegliata speciale”. Non c'è niente da fare, ti acchiappano. Una presa fortissima.

E poi, non stiamo ancora tutti portando queste mascherine? Anche con 27 gradi e una cappa già estiva?

 

Da settimane in regione devono nominare la presidenza di una commissione che indaghi sulla gestione dell'emergenza sanitaria in Lombardia. Non si riesce a mettersi d'accordo, perché va votata anche dalla maggioranza e tutti i nomi proposti dall'opposizione vengono bocciati. A parte che mi sfugge come mai il controllato possa scegliersi il controllore (non che mi stupisca però, insomma, dai!), ma poi alla fine salta fuori questa consigliera originaria di Codogno, Patrizia Baffi, eletta col Pd ma poi passata in Italiaviva, che viene votata solo dalla maggioranza e da se stessa. Baffi nei mesi scorsi ha postato una sua foto con Fontana, con un messaggio incoraggiante “Presidente ci fidiamo di te, aiutaci a uscire da qui”, poi un apprezzamento per Bertolaso chiamato a costruire l'inutile ospedale in Fiera, poi ha criticato l'idea dell'istituzione di una commissione d'indagine per la regione sostenendo che le responsabilità per eventuali mancanze devono essere ripartite col governo, poi si è astenuta dal votare la mozione di sfiducia a Gallera. Un bel filotto, insomma. Una gran bella premessa per un lavoro sereno e rigoroso di indagine.

Di nuovo, teatro. Gioco politico. Spettacolo. Spaesamento. Incredulità. Ma che, davvero? Pure questo?

 

Passa un tram “brandizzato”, uno di quelli che ogni tanto Atm vende alla pubblicità, porta in deposito, vernicia con i colori e il nome del prodotto (la cioccolata viola, il croissant gigante, il bianco delle griffe, lo strillo di qualche evento), ma a questo giro è un tram completamente nero, con uno stemma preciso, dorato, sulla fiancata. 

È la pubblicità della più grossa ditta di pompe funebri della città.

In un periodo normale sarebbe risultato solo un po' vistoso, una cosa bizzarra, di sicuro scenografica. Ma adesso atterrisce.

Sfila sulle rotaie, non so quanta gente ci sia a bordo, scompare dietro la curva del Monumentale. 

 

Quindi, quest'estate? Si riesce a uscire di qui per uscire? 

Se ne discute. Arriva il ministro Boccia a parlare con Fontana sul da farsi per questa regione. Arriva dopo la sparata degli assistenti civici che a decine di migliaia dovrebbero tenere a bada torme di aperitivisti o, come dice il sindaco di Bari Decaro, farsi “distributori di buona educazione”. Quanto durerà questa geniale trovata? Tanto quanto le barriere in plexiglas proposte per le spiagge, a occhio e croce: lo spazio di un paio di giorni per farci fare le battute sui social, di nuovo, e poi via, nel magazzino delle fantasiose e pericolose cazzate sentite in questi mesi. 

Mesi accelerati di notizie a mazzi di quattro o cinque al giorno, da consumare con sgomento, rabbia e raccapriccio per poi tirare avanti, dritti verso la prossima ondata. Fra pere di varechina di Trump, fughe del consigliere di Johnson, ospedali astronave di Bertolaso e dei cavalieri di Malta nelle Marche, delegazioni di cinesi che vengono a sdottorare qua ma senza interpreti quindi non si sa cosa hanno detto veramente, elicotteri videopilotati dalla D'Urso, bistecche più grosse per la Lombardia perché Fontana vuole si faccia come i contadini che andavano a lavorare nei campi e dovevano mangiarsi tutto loro senza lasciare niente agli altri, numeri dei decessi che ogni tanto si perdono per strada e vengono accorpati ad altri numeri in giorni a caso, eccetera eccetera. 

 

Tutto segnato. Come si dice? La rete non dimentica. E noi nemmeno. Una lista di pagine e pagine. Cose serie, gravi, da paura, gente che ha sbroccato male, tanto nervosismo, l'angoscia a pacchi nel buio delle notti silenziose e deserte, la città come non si era mai vista e come non la vedremo mai più. I suoni diversi, la luce che è cambiata, un'esplosione pazzesca di verde in tutti gli spazi, dalle zone abbandonate di periferia ai viali alberati, in una delle primavere più belle e crudeli che si siano mai viste. I cieli azzurri, i cartelli appesi ai balconi, le finestre illuminate al tramonto.

 

Ma adesso comincia l'estate e forse riusciremo ad andare via da qui. Nel caso, se ne riparla a settembre.

 

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