Vending machine

3 Settembre 2013

Parleremo di macchinette che non sono più tali.Vending machine, distributori automatici. Caffè, merendine, acqua minerale, sigarette, assorbenti, banconote: possono distribuire molte cose. Da qualche anno, come vedremo, hanno anche preso vita.

 

Prima che accadesse erano dei silenziosi avamposti delle aziende, pezzetti di terra conquistati in territorio neutrale. Niente a che vedere con i negozi affollati o con gli spettacolari stand di una fiera. Un distributore era solo il simbolo più essenziale del rapporto tra marca e persone, un braccio meccanico dell'economia di mercato.

 

Per cambiare, il distributore si è innanzitutto dato una storia. Era il 2009, teniamo a mente la data. Con un clamoroso rovescio narrativo, non più fuori ma dentro quel parallelepipedo fu immaginato un mondo straordinario, epico e infantile: una Fabbrica della Felicità. Ora quella bottiglia di Coca che rotola fino al dispenser era molto altro. E soprattutto, la vending machine non era più un semplice congegno.

 

 

È allora che nascono ovunque installazioni che trasformano le vending machine in altrettanti set di candid camera ideate per dispensare allegria, non solo bottiglie o lattine. Nel 2010 la macchina della felicità è già in funzione.

 

 

L'anno dopo, la macchina produce non più solo happiness, ma anche amicizia. Se vuoi una Coca, ti serve l'aiuto degli altri.

 

 

Il distributore prende vita a Hong Kong, in India,in Sudafrica. Non che sia indifferente ai contesti. A Singapore declina il fervore ambientalista locale collaborando con il Singapore Environment Council, e riciclandola, trasforma la plastica in allegria, mentre in Inghilterra,in occasione delle Olimpiadi 2012, il distributore diventa grandioso, celebrativo, prende il posto di un palazzo intero.

 

Ormai la macchina è un personaggio. Ha sentimenti. Chiede di essere abbracciata e sa ricambiare. Vuole la pace, diventa un contatto tra India e Pakistan, due culture tradizionalmente abituate a guardarsi in cagnesco. Non è una trasformazione che riguarda solo Coca Cola. Uno dei punti di arrivo è forse Sprite Shower (Brasile 2012): sono gli esseri umani adesso a entrare nel meccanismo. Persone invece dei bicchieri.

 

 

Sono macchine "vive", a loro modo, anche l'affissione che finalmente fa ridere i russi o il dispenser di riviste in regalo solo per chi con l'Iphone possa dimostrare d'essere un fan, entrambe idee del 2013. Case histories moltiplicatesi negli ultimi anni, con idee diverse ma convergenti, nate da agenzie pubblicitarie di tutto il mondo.

 

Perché questi distributori oggi vogliono dispensare altro? Erano il più semplice simbolo dell'economia di mercato, ora sono l'emblema dei suoi ripensamenti. Torna alla mente un momento cruciale del recente crollo delle certezze capitalistiche. Quando cioè Alan Greenspan, il presidente della Banca Centrale degli Stati Uniti, venne chiamato dal Congresso del suo paese a deporre sulla crisi finanziaria allora appena esplosa. Quel giorno Greenspan confessò d'essere sconvolto dall'aver appreso la fragilità del liberismo. Del quale parlò come di una macchina: "Per oltre quarant'anni ho creduto vi fossero prove inconfutabili che funzionasse eccezionalmente bene", disse, "e invece c'è "una pecca", aggiunse con eufemismo. Immaginava una dinamica pura, capace di perpetuarsi senza condizionamenti umani. Immaginava che non si sarebbe mai inceppata.

 

La "scoperta" di Greenspan è del 2008, e il commercial che diede vita alla vending machine arrivò l'anno dopo. Quell'errore nel meccanismo fu l'inizio del rivolgimento che viviamo tuttora. Adesso nessuno più pensa che lo scambio di beni e servizi possa funzionare senza intervento umano. Nemmeno i distributori si limitano al freddo scambio tra moneta e bottiglia. Il linguaggio pubblicitario non è certo l'unico ad aver avvertito il cambiamento, ma chi altri lo sta già mettendo in scena con questa sintesi?

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