Cronache di politica palmata 1

8 Agosto 2013

Assemblea generale delle anatre!

 

22 luglio 2013

C’era questo assembramento di anatre vicino alla sponda milanese che si è formato in meno di due minuti, il tempo che mi ci vuole per percorrere il ponte. Un’anatra araldo si era messa a starnazzare a tutto gargarozzo e le altre sono accorse da ogni parte del fiume e canali collegati. Un’assemblea generale! Arrivavano spedite, in silenzio. Qualcuna bisbigliando con la vicina in modo piuttosto insolito. Non è gente che brilla per riservatezza.

 

Appena si sono trovate tutte assieme, l’usciere, o cerimoniere che dir si voglia, ha emesso un richiamo secco e acutissimo, l’equivalente palmato di una scampanellata, e la riunione si è ufficialmente aperta. Vale a dire che tutte le convenute si sono messe a discutere animatamente all’unisono tutte insieme, nessuna esclusa. Il capo, o facentefunzione, che nel frattempo si era issato su un tronco sporgente dall’acqua, le ha richiamate all’ordine, ma senza risultati apprezzabili. Hanno alzato la voce per farsi sentire meglio, anzi. Avevano gli animi infiammati ormai, lo starnazzo bellicoso. Qualcosa bolle in pentola, mi sa… Qualcosa di grosso!

 

 

Però non sembravano tanto in disaccordo tra di loro, non c'erano le rincorse a pelo d'acqua o i colpi di becco appena abbozzati delle tipiche baruffe che in genere morivano ancor prima di nascere; era piuttosto un vociare unisono verso il fuori, un mormorio forte e cupo, ondoso, con impennate tonali, increspature di suoni risentiti, quasi rabbiosi... un guardarsi attorno frenetico, sospettoso, gettando occhiate di sguincio verso riva, a valle e a monte... verso l'alto... Dove, tra parentesi, stavo io.
Io mi ero chinato oltre la ringhiera a vedere cosa diavolo stavano combinando le mie amate, ma loro, appena mi hanno scorto, hanno subito smorzato le voci e, a turno, sempre più numerose, hanno preso a voltarsi nella mia direzione, e, non vorrei sbagliarmi, a darsi di gomito. Mi è addirittura parso che mi guardassero con ostilità e scrutassero ogni mia mossa come per controllarmi, pronte a chiamare a raccolta le  guardie reali (sono quasi tutte germani), a difesa della comunità o, addirittura, per aggredire. Aggredire me! Come se covassero qualche gesto clamoroso. Una qualche dichiarazione di guerra. Un ultimatum.

 

L'aria si era fatta pesante. Più a monte, uno svasso isolato si stava contorcendo con movenze convulse. Si immergeva sott’acqua e poi usciva scuotendo il lungo collo e il becco che stringeva qualcosa che si dibatteva furiosamente per divincolarsi, lungo e sottile, forse una piccola biscia d’acqua o un’anguillina. Lo svasso però non demordeva, agitava il collo da sinistra a destra con scatti violenti, e poi alzava il becco e allentava la presa quel poco che sperava fosse sufficiente a ingoiare la preda, ma non abbastanza perché questa gli sfuggisse.

 

Ho girato la testa nella sua direzione e mi sono soffermato a guardarlo con una certa ostentazione (il collo teso, la nuca all'indietro, il mento in avanti, l'occhio spalancato... la postura che tutti i classici dello spionaggio suggeriscono di evitare, insomma), un po’ perché quella lotta disgustosa aveva calamitato la mia discutibile empatia e un po’ per segnalare alla congrega bellicosa che non ce l’avevo con loro. Quelle tuttavia non avevano smesso un istante di misurare ogni mia mossa e avevano anzi caricato ancora di più la molla della loro aggressività.

 

Allora, per evitare conseguenze spiacevoli, mi sono tirato su come se proprio allora mi fossi accorto di essere in ritardo sulla mia tabella di marcia, e me ne sono andato con passo deciso ma non affrettato, trattenendo l’impulso a fuggire a gambe levate. Appena uscito dal tornello alla fine della passerella però, invece di proseguire sulla solita stradina sterrata che conduce al ponte del canale, ho piegato a destra, verso il bosco, e non appena ho raggiunto il folto della vegetazione mi sono messo a correre.
Se proprio vogliono distruggere il mondo, che non comincino da me! Almeno un po’ di spettacolo me lo voglio godere.

 

Secessione!

 

27 luglio 2013

Un gruppetto di estremiste autonominatesi “Separatiste abduane”, forse agenti provocatori infiltrati, con un gesto clamoroso si è installato sulla riva opposta, da dove lancia versi di scherno, ingiurie e accuse di ogni genere contro l’assemblea generale, che al momento le ignora.

 

Quando poi questa, in massa – per ragioni climatiche o altro capriccio, ma probabilmente per dimostrare il proprio diritto sovrano su questo tratto del fiume tra le due dighe e, se appena lo volessero, anche oltre (oltre... verso le terre ignote che molte di loro hanno esplorato e da cui, loro, sono tornate... tornate per restare) e, già che c’è, anche la propria forza –, si sposta armi e bagagli sulla riva sinistra, loro, come se fosse una decisione maturata già in precedenza, si lasciano portare dalla corrente un po’ più a sud e quando sono abbastanza al sicuro guadagnano la riva destra, o viceversa, riprendendo la solita tiritera di lazzi e contumelie con vigore direttamente proporzionale alla distanza interposta. O, secondo il loro dire, al percorso di crescita tracciato. Dannunziane!
Nessuno sembra cercare lo scontro, ma secondo me non dura.
La situazione resta incandescente!

 

 

(L’asino Natale sembra aver percepito la tensione nonostante abiti oltre un chilometro più a monte e nel silenzio del mattino, scosso, lo proclama a chiare lettere: “Così non può durare! Düra minga… düra nooooo!)

(Stay tuned.)

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