Betulle d'inverno

31 Gennaio 2016

Per i contadini russi la betulla è albero dai molti usi, prodigioso e medicamentoso: le frasche buone per farne ramazze e avviare il fuoco; il legno compatto, leggero, battericida adatto per contenitori e oggetti domestici; l’elastica corteccia un tempo intrecciata per rustiche calzature (lapti), o lavorata per tinture e fibre tessili: in primavera – quand’è tenera e dolce – era persino masticata come cibo di sopravvivenza e dentifricio naturale. Ancor oggi la linfa cavata dai rami o dai tronchi incisi è bevanda dissetante e rigeneratrice, dalle proprietà drenanti e depurative. Ma basta una manciata di foglie essiccate per una tisana diuretica.

 

 

Sergej A. Esenin cantava il suo amore per la Rus’ «paese di betulle»; esemplare la sua confidenza con alberi e animali, il suo ininterrotto colloquio con le tremule betulle, predilette in abito primaverile:

Verde pettinatura,

petto di fanciulla,

o sottile betulla,

perché stai fissando lo stagno?

 

Che cosa ti mormora il vento?

E la sabbia che cosa ti canta?

O vuoi per i tuoi rami-chiome

un pettinino di luna?  

 

Rivelami, rivelami il mistero

Dei tuoi pensieri di albero,

mi sono innamorato dl tuo triste

mormorio preautunnale. […]

(A L.N. Kašina)

 

 

Piante pioniere e frugali, ma non longeve, le betulle amano l’acqua e i terreni sciolti, senza ristagni. Flessuose, eleganti nel bianco latte delle giovani scorze che si scartano fini, nei rami primari ascendenti, nei ramuli della capigliatura pendula e leggera. Le vogliamo in giardino anche per i lunghi amenti maschili (più brevi quelli femminili) ondeggianti alla brezza di marzo, per il pènero verde delle foglie picciolate, rombo-triangolari con margine seghettato, per il giallo oro della livrea autunnale.

 

 

Per carità, non potiamole: le priveremmo della naturale grazia che le distingue.

Ma, in questo inverno senza inverno, le nostre betulle (Betula pendula Roth) sono messe a dura prova dal secco, e ci si trova a invocare pioggia e gelo, neve e galaverna per il giardino assetato e sempre in fiore: straniante rifiorir di fiordalisi, e dianthus.

Al mezzo del gennaio, il nostro rito propiziatorio sta nell’evocare paesaggi di Russie lontane, una slitta veloce nella neve e una «schiera di betulle fuggenti per il cielo» (Sogno, B. Pasternak). Boschi di bianche betulle che molli si piegano al vento del nord, e vi resistono.

 

Senza dover rileggere i lunghi, avvolgenti romanzi russi davanti al camino spento – ché il termometro non va al rosso – per ricordare com’erano e come dovrebbero essere i mesi del solstizio decembrino, sensazioni e ombre di giorni chiusi, d’impossibili risvegli, ecco i bei versi di Fabio Pusterla: 

Betulla impietrita dal gelo, catasta nera

di legna gravata di neve e dentro il cielo

come una strozzatura, vento o ghiaccio. C’è un silenzio

totale, dunque, un ciclo

che nessuna pietà può rompere o descrivere, un inverno

cieco, che non ammette primavera?

Freddo che fende i tronchi, apre le vene

dei campi e li uccide e li guarda morire

e li cancella?

[…]

(Fabio Pusterla, I due avversari in Pietra e sangue, Marcos Y Marcos, 1999)

 

 

Solo l’inverno – fattore d’evidenza – delle betulle rivela l’estetica, offre di esse una più sensibile esperienza del bello, quando si ergono  nell’aria «come grandi candele» (Esenin).

 

Spoglie e intirizzite, la linea snella, il segno calligrafico dei tratti scuri sui tronchi più adulti, mostrano la loro vocazione al gelo. Giunga la neve anche qui, almeno nei giorni proverbiali della merla!

Se continuiamo a tenere vivo questo spazio è grazie a te. Anche un solo euro per noi significa molto. Torna presto a leggerci e SOSTIENI DOPPIOZERO