iOS7, una grafica senza più alibi

11 Giugno 2013

Al netto della oramai acclarata crisi innovativa e creativa della Apple, è ingeneroso non segnalare l’impressionante rivisitazione grafica dell’interfaccia di iOS7 (il sistema operativo di iPhone e iPad, quello che ci ha messo il web a puntata di dito).
Ed è una rivoluzione non da poco, va detto.

 

Come previsto da molti, l’interfaccia grafica di iOS7 sancisce la fine definitiva dello Skeumorfismo, ovvero l’imitazione grafica del reale: ombrette, luccichii, simil materiali e diavolerie varie, che ci accompagnano dalla nascita del 2.0. Quando fu abbandonata la grafica nerd, ostica ai più, per avvicinarsi alle persone e rendere digeribile uno schermo.
Oggi si chiude anche quel capitolo, e se ne vede aprire uno nuovo, fatto di una grafia piatta, semplice, essenziale.

 

 

E non è, va da sé, una questione meramente formale (il ritorno a una pulizia e a una eleganza) ma qualcosa che invece sancisce un passaggio antropologico definitivo. Ovvero la non necessità di una geografia estetica rassicurante, domestica, conosciuta (quella del toccabile), e il passaggio definitivo a un’estetica digitale. Non c’è più bisogno di nascondere il codice dietro l’orpello di un simil reale (pelle, carta, luci, ombre): ora possiamo “toccare”, e toccheremo, superfici piatte, schermo, colori e bit.

 

 

Dato che non è una pura questione formale, non si lascia dietro solo l’imitazione materica (piuttosto kitsch, diciamocelo), ma fa un passo sostanziale in più: elimina quasi completamente l’iconico. Il fiore per dire le immagini, la macchina da scrivere, il piatto, la posata, il calendario, la lettera, la bussola, il posacenere, la torcia, e tutto quell’alfabeto di chincaglierie oramai insopportabili.
Non lo abbandona ancora del tutto, rimane come sfondo solo qui e lì (orologio e fotocamera, per esempio), ma è solo questione di tempo.

 

La verità è che ieri ci hanno cominciato a dire che oramai la grafica digitale, e la nostra percezione profonda delle cose digitali, non ha più bisogno di un alibi percettivo, del filtro “umanistico”, ma che invece siamo pronti, forse, a essere nativi digitali.
E se ad alcuni può apparire un dettaglio, in realtà è un passo decisivo della cognizione. E non è poco.

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TAGGED: 2013 , kitsch , skeumorfism