Riflessioni sullo stress e sugli equivoci

4 Dicembre 2015

Stress e altri equivoci, di Simona Argentieri e Nicoletta Gosio, intende renderci consapevoli di come l'uso di un termine possa funzionare da principio dormitivo, come direbbe Gregory Bateson. A pagina 40, le autrici menzionano Jaspers: “conoscenza scientifica e abilità tecnica si trovano nella condizione di spiegare qualcosa senza nulla comprendere, a meno che di non considerare compreso un fenomeno per il solo fatto che gli è assegnato un nome”. La scienza sanitaria contemporanea usa il nome “stress” per spiegare qualsiasi fenomeno medico e psicologico. Stress è – come l'assoluto di Schelling secondo la definizione di Hegel – “la notte in cui tutte le vacche sono bigie”.

 

Secondo l'etimologia del termine inglese, si tratta di strictus, participio passato del verbo stringere. Dal milletrecento circa indica avversità, durezza, pressione, forza. Nel secolo Diciannove è attribuito alle macchine, dagli anni Cinquanta del secolo Venti è considerato evento umano. Stress è una metafora sopita, talmente sopita da non sapere se sia in un letargo profondo o sia morta. Basti ricordare la controversa categoria di Post Traumatic Stress Disorder, che spesso serve a coprire un insieme complesso di fenomeni sociali, clinici ed esistenziali differenti tra loro e irriducibili a una definizione.

 

Il libro è una raccolta di esempi d'uso del termine in ambito medico, psichiatrico e psicologico, tanto da far affrontare alle autrici il campo della cosiddetta psicosomatica. Terreno controverso, dove – accanto a riflessioni di straordinario valore – si collocano soluzioni d'impatto mediatico povere di pensiero. La psicosomatica è diventata una moda permanente, un po' come l'uso della parola “stress”, della quale si avvale per promettere riduzioni stile New-Age, con tutte le varianti del caso. Nonostante ciò, non possiamo dimenticare l'importante riflessione clinica di Freud, che distingue il fenomeno isterico dalle nevrosi attuali, e gli sviluppi di questa riflessione nella scuola psicosomatica francese di Pierre Marty, Michel de M'Uzan e Christian David, autori di una quantità di pubblicazioni cadute nell'oblio, come il testo L'indagine psicosomatica, pubblicato per Bollati nel 1971.

 

Questa ricerca francese, che si è svolta attraverso anni di pratica clinica, risale a esperienze psicoterapeutiche dirette, svolte da un gruppo di psicoanalisti al lavoro in un ospedale di Parigi. Consiste nell'approfondire, sul piano clinico, la differenza tra isteria – migrazione nel corpo di sintomi fisici che non trovano riscontro organico – dal disturbo psicosomatico – emersione di malattie organiche chiaramente definite, spesso a prognosi infausta – a partire da una riflessione col paziente sulla sua storia di vita. L'indagine psicosomatica non sottrae o nega alcunché all'anamnesi, alla diagnosi o alla prognosi medica, semmai la supplementa. Il paziente psicosomatico, secondo questa riflessione, è l'opposto del paziente isterico. Se questi moltiplica e dispiega serie dell'immaginario, per esempio porta in seduta innumerevoli messe di sogni, il paziente psicosomatico non sogna e, quando inizia a sognare, mostra nuove e vitali esperienze esistenziali. Il pensiero psicosomatico sembra strettamente operatorio, logico, poco propenso ad aprirsi a una dimensione immaginaria, fatica a riconoscere il corpo proprio, è necessitato. In termini di sintassi, è pensiero indicativo, poco avvezzo al congiuntivo, come nel panegirico kantiano sul dovere nella Critica della ragione pratica. Il tratto comune dei discorsi di questi pazienti si compone di un elenco di fattori che investono la famiglia, il lavoro, i fallimenti affettivi, le relazioni con gli amici, il loro essere nel mondo in una maniera diversa da quella che avrebbero voluto, dopo che tutto è passato, après-coup. Questa riflessione avrebbe potuto portare il libro a riflettere sulla vita e sulla morte, a partire da casi clinici di persone che usano la parola “stress” quando raccontano che hanno sbagliato vita, come se ci fosse mai stata un vita giusta da qualche altra parte della loro deriva esistenziale.

 

Tuttavia le autrici si rivolgono ad altro. Insistono sull'uso di “stress” nell'ambito delle nuove tecnologie psico-somatiche, cognitive, neuroscientifiche, ecc. Se la prendono, giustamente, con i nuovi traguardi di queste nuove scienze contemporanee, corroborati dal contributo mass mediale. Scienze che, più che scienze, sembrano essere la fabbrica del luogo comune, e “stress” ne è solo un esempio. L'opera di Argentieri e Gosio ha il merito di discutere il generico, il privo di caratterizzazione, l'abusato, il buono a spiegare qualsiasi cosa psico-somatica, medica, psicologica. È presente una critica interessante a ciò che viene spacciato come scienza, corsa a verificare ipotesi sbiadite, senza considerare che, da sempre, la scienza non procede verificando ipotesi, semmai confutandole. Tuttavia questo libro mi pare un'occasione perduta per affondare il colpo. A tratti infatti il testo si espone alla medesima obiezione che avanza, come quando si cita Eric Kandel, Nobel, che auspica che la biologia possa rinvigorire l'esplorazione psicoanalitica della mente. Con tutto il rispetto per questa asserzione, credo che l'uso degli stessi argomenti dell'avversario non porti molto in là nell'esplorazione. La mia opinione è che non si tratta più di glorificare nuovi traguardi scientifici, paradisi artificiali che servono a far vendere farmaci, protocollare interventi standardizzati, proliferare festival.

 

Il nostro corpo, il corpo della psicoterapia, non è il corpo medico, diviso in organi che compongono un organismo, è il corpo di un theatrum abitato da gesti per l'altro, è un corpo immediatamente relazionale, un sistema abitato da linee di fuga. Dopodiché tutto l'excursus sulla medicalizzazione della sanità, l'Evidence Based Marketing va benissimo. Purché non si butti il bambino con l'acqua sporca e non si confondano i piani argomentativi. Il corpo medico è importantissimo, il sapere medico è fondamentale per la nostra esistenza, si tratta di ri-umanizzare la medicina, senza rifiutare i suoi saperi autentici, che non hanno nulla a che fare con le pubblicità riguardanti istituti scientifici d'avanguardia, che crollano al primo colpo di vento. Per questa ragione L'indagine psicosomatica, che ci invita a trasformare la riflessione sul corpo medico in teatro della vita trascorsa, è qualcosa che, ben oltre lo stress come principio dormitivo, risveglia la psicoterapia come pratica distinta e complementare a quella medica.

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