Speciale

Tavoli | Emiliano Ponzi

10 Gennaio 2015

Ci sono due tavoli.

Il primo si vede subito: è fatto di angoli retti e composti. È un avere le idee chiare e pulite, un fare linee pulite. Un allineamento di pensieri e modi per generare uno spazio dentro al quale gli oggetti si muovono e danzano. Un'interazione fatta di proseguimenti e intersezioni. Una costruzione, precisa e dinamica. Una bella sensazione di rigore ma di fantasia, di movimento e di stabilità.

 

Dicevano gli antichi, lo dice Michelangelo, lo ripete Munari, che si arriva alla sintesi con un incessante lavoro di analisi, uno sciogliere di nodi, un metodo.

C'è una quotidiana classicità nel vizio del fumo, nel metodo preciso per farsi una sigaretta e scegliere con che accendino iniziare la giornata. 

Ci sono uno schermo, un portatile aperto, un iPad in un angolo e un telefono. Cerca, disegna, ascolta della musica, senti una voce.

Il secondo tavolo invece non si vede subito.

 

È quello fatto di questi stessi oggetti, leggermente disallineati. Lo schermo che riflette la luce della finestra, una scatola ha il coperchio girato dal lato opposto alla sua gemella, un libro non ha il dorso allineato con il suo compagno.

 

C'è quindi una virgola ribelle, in questo ordine di idee, in questo tavolo pulito, che rende tutto simbolico, che non fa fermare e osservare passivamente, che sveglia l’intuito per andare più in là. Un vizio di cercare quella cosa che spezza la linea retta, la compostezza apparente, e un segno del fatto che non si è mai soddisfatti, non si è mai arrivati alla fine.

 

Ecco, nelle illustrazioni di Emiliano Ponzi sembra sempre che sia tutto perfettamente dove deve stare, eppure non tornano i conti. Non è tutto lì, chiaro, perpendicolare, ordinato. C'è sempre altro.

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